Riforma:
parola alla Cgil
Web
Scuola - 24 aprile 2003
24/04/2003.
Questa settimana concludiamo il nostro giro di
opinioni dei sindacati con un'intervista al dott.
Enrico Panini, segretario nazionale della CGIL
Scuola.
Cosa
pensate della riforma?
Diciamo
subito che la riforma avrà effetti
devastanti sul nostro sistema scolastico
pubblico e sulla qualità dello sviluppo
sociale ed economico del nostro paese,
perché produce, da un lato un arretramento dei
livelli di istruzione delle giovani generazioni e
dall’altro innesca ulteriormente un processo di privatizzazione
dell’istruzione pubblica che esce
sempre di più, in questo modo, dagli interessi
dello stato nazionale.
Quali
sono i punti di maggior criticità?
Siamo l’unico
paese che, a fronte di una realtà globale nella
quale ogni cinque anni raddoppia il patrimonio
delle conoscenze, ha deciso di lanciare la sfida
alla conoscenza, riducendo di un anno
l’istruzione obbligatoria dei propri ragazzi.
Tutti gli altri paesi europei si stanno
muovendo in una direzione opposta a
quella italiana. Questo a nostro parere ci sembra
inaccettabile.
In seconda istanza si trasforma l’obbligo
scolastico, ancorché ridotto di un anno,
ma previsto dalla nostra costituzione, da obbligo
degli adulti rispetto alle giovani generazioni in diritto-
dovere. Mentre l’obbligo è stato
ridotto immediatamente, per accedere al diritto-
dovere ad un istruzione fino a 12 anni bisognerà
aspettare l’emanazione dei decreti legislativi,
i relativi finanziamenti e comunque
un’attuazione graduale, è evidente che il
diritto- dovere è cosa sicuramente meno cogente
della sanzione di un obbligo peraltro
costituzionalmente previsto.
Un terzo punto critico ci sembra l’introduzione
di un sistema duale. I ragazzi a dodici
anni e mezzo dovranno decidere se proseguire gli
studi veri , quelli del liceo che porteranno
all’università, oppure accedere
all’istruzione della formazione professionale
per poi avere un rapido accesso al mercato del
lavoro. Tutti le indagini internazionali dicono
che, a fronte dei cambiamenti repentini nel
mercato del lavoro, occorra avere un
bagaglio maggiore di conoscenza e flessibilità
per poter governare in modo qualificato il proprio
progetto di vita e i propri diritti.
Da ultimo l’anticipo nelle iscrizioni
nella scuola dell’infanzia e nella scuola
elementare , spuntato negli tulii giorni
della stesura del disegno di legge e che verrà
applicato senza le risorse sufficienti, in realtà
non parliamo di un diritto, ma di un opzione che
serve a creare fumo e nient’altro.
Quali
sono le novità più interessanti presenti nella
delega?
Di novità interessanti non ne trovo nessuna. Le novità
che trovo sono negative. La nuova
costituzione, cioè il testo della legge
3 del 2001 , impedisce che sulle
competenze relative alle norme fondamentali si
possa esercitare la delega, cioè il parlamento
possa conferire una delega al governo. Pertanto ci
troviamo di fronte al ricorso ad uno
strumento che noi consideriamo incostituzionale,
ma che giudicano incostituzionale tutti i grandi
costituzionalisti del nostro paese, al di là
dello schieramento culturale e politico. La delega
sostanzialmente sottrae alla discussione
i decreti attuativi e questo ci pare una pessima
novità.
Quali
sono gli obbiettivi della manifestazione dell’11
aprile? Come verrà organizzata e quali sono le
vostre aspettative?
Primo
obbiettivo: affermare che l’istruzione
pubblica nel nostro paese è un valore
fondamentale.
secondo: affermare che la qualità dell’istruzione
nel nostro paese è un problema generale,
quindi non un problema che riguarda solo gli
addetti ai lavori o i genitori con figli a scuola,
ma l’intera società, il suo sviluppo sociale,
culturale ed economico.
terzo: dire no ad una riforma foriera di
un danno molto consistente.
Le
critiche che voi fate sono condivise dagli altri
sindacati? Fino a che punto intendete portare
avanti delle rivendicazioni unitarie?
Noi
riteniamo che l’unità sia un fatto
molto importante. L’unità però non può
prescindere dal merito, quindi
lavoreremo il più possibile per trovare le intese
unitarie, fermo restando che se non dovessimo
trovare intese su punti che noi riteniamo
rilevanti, la nostra organizzazione non rinuncerà
ad affermare e a sostenere le nostre convinzioni e
andrà avanti in modo determinato.
Qui non si sta parlando di interessi
corporativi, ma di interessi generali
dell’intero paese.
Intendete
collaborare con le associazioni dei docenti?
Alcune, vedi l’Apef, hanno espresso molte
riserve sull’azione dei sindacati all’interno
della scuola.
Noi non poniamo limiti alle collaborazioni, purchè
queste avvengano nella chiarezza e nell’esplicitazione
delle posizioni.
Cosa
pensate dell’istituzione di un nuovo stato
giuridico per i docenti?
Un modo
per attivare il controllo politico sugli
insegnanti. Lo stato giuridico riafferma
, come negli anni ’50, la supremazia della parte
pubblica rispetto al lavoratore.
Noi riteniamo che la contrattazione sia un
elemento adeguato perché colloca in
condizioni di parità il lavoratore col datore di
lavoro. Peraltro non si capisce questo accanimento
contro la contrattazione, quando per i prefetti
dello stato italiano, cioè per 1700 alti
rappresentanti dello Stato nel territorio, si
applica regolarmente la contrattazione delle
condizioni di lavoro.
Come il contratto non può e non deve intervenire
sulla sfera dell’autonomia professionale
del personale, che appartiene solo ed
esclusivamente alla responsabilità professionale,
così il ministro o il potere politico non possono
intervenire con atti unilaterali
in quelle che sono le condizioni di esercizio del
rapporto di lavoro.
Qual
è la vostra posizione rispetto alle novità
riguardanti la formazione e il reclutamento dei
docenti?
Una pessima
novità. Direi quasi una confusione
creata ad arte. Se si pensa che il Ministro
Moratti non si è ancora insediato negli uffici di
viale Trastevere che già emana un decreto legge
che produce i seguenti effetti:
1) per la prima volta, chi lavora nella scuola
privata si vede riconosciuto nelle
graduatorie lo stesso punteggio
di chi lavora nella scuola pubblica.
2) Unifica terza e quarta fascia,
cominciando da lì a produrre un contenzioso tra
precari.
Insomma una politica a dir poco ondivaga
ma che produce due fatti sicuri, il primo, nessuna
immisione in ruolo. 30.000 doveva essere
il numero di immissioni da fare nel 2002 e, ad
oggi, non ne è stata fatta neanche una.
Il ministero dimostra così di non voler fare
immissioni in ruolo in modo tale da poter tagliare
più rapidamente gli organici.
Il secondo effetto lo si vede leggendo
attentamente l’articolo 5 della legge
delega n° 53: la chiamata nominale del
personale precario a discrezione delle singole
istituzioni scolastiche. Per una professione come
la nostra che si rivolge ai valori civili e
costituzionali, non è accettabile
una chiamata discrezionale.
Rispetto
agli organici, il sottosegretario Aprea ha
recentemente dichiarato a Webscuola che in Italia
"sono sovradimensionati secondo tutte le
statistiche e parametri comparativi
internazionali", e che l'equazione "più
docenti = più qualità" nell'insegnamento
non è valida.
Il sottosegretario invita anche a
ripensare all'uso sin qui fatto delle risorse,
quasi totalmente impiegate in personale. La vostra
azione di protesta è incentrata proprio sui tagli
al personale: cosa rispondete a queste
affermazioni?
Ritengo queste affermazioni pregiudiziali.
Se la scuola italiana ha retto per anni il
confronto internazionale, nonostante decenni di
abbandono da parte delle forze politiche, è perché
ha retto il personale della scuola
.
L’Italia è l’unico paese che inserisce gli
alunni disabili nelle classi ordinarie.
È un paese nel quale ci sono istituti
professionali che hanno fino a 40 ore di
insegnamento settimanale. È un paese che
ha affrontato l’assenza di processi riformatori
aumentando la complessità dei programmi
di insegnamento. È inoltre un paese che
, per sua conformazione geografica ha realtà
differenti. Insomma non si può parlare di
organici come se fossero una variabile astratta.
Purtroppo l’Italia continua ad avere due
punti percentuali in meno, rispetto ai
paesi europei, di investimento fra il prodotto
interno lordo e le somme per l’istruzione.
Centomila posti effettivamente verranno
ridotti nel giro di tre anni, duemila
miliardi in meno di spesa per l’istruzione.
Nella
"guerra tra poveri" dei precari molti
sindacati sono accusati di non aver mediato tra i
diritti di tutti gli insegnanti, che includono gli
studenti delle SSIS, fornendo in molti casi
assistenza legale a coloro che volevano fare
ricorso contro gli abilitati SSIS. Come valutate
queste affermazioni? Come pensate di ricomporre
questa frattura?
Noi
non ci sentiamo coinvolti in queste accuse. Siamo
stati l’unica organizzazione che si è opposta
all’unificazione delle fasce e che si è opposta
alla parificazione di punteggio tra scuola
pubblica e scuola privata.
Recentemente c’è stato un pronunciamento
favorevole del TAR Emilia che
accogliendo un ricorso della CGIL, ha inviato i
documenti alla Corte Costituzionale
per un legittimo sospetto di incostituzionalità
delle norme.
Dal ’99 inoltre abbiamo sostenuto che una quota
di investimenti dovesse essere riservata
a borse di studio per sostenere e
incentivare la frequenza universitaria per
acquisire i titoli di specializzazione.
Quali
conseguenze avrà la riforma sul personale ATA?
Il
taglio che c’è stato fino ad oggi ha prodotto,
per ammissione dello stesso Ministero, un
incremento delle spese. Noi riteniamo che l’esternalizzazione
delle prestazioni, che fino ad ora
erano svolti da dipendenti assunti all’interno
della scuola, sia un errore.
Il personale Ata va valutato per
quello che è in relazione alla didattica. Ogni
qual volta il lavoro viene spostato con un appalto
esterno, abbiamo una caduta dei
livelli di qualità e rapporto con
l’accoglienza, l’inserimento, l’attenzione
verso i ragazzi.
Siamo quindi contrari ad un’operazione che
riduce occupazione , scarica pesantemente i costi
sul personale, ma li scarica soprattutto sulla qualità
della scuola e i diritti dei ragazzi.
Una
didattica innovativa ha bisogno di strutture e di
spazi sicuri. Un rapporto della UIL ha denunciato
mesi fa il preoccupante stato di abbandono
dell'edilizia scolastica. State seguendo le
evoluzioni della situazione? Dal terremoto nel
Molise ad oggi è cambiato qualcosa?
Le
cose sono sempre peggiorate. Le parole e le
preoccupazioni non hanno avuto un seguito. Abbiamo
denunciato una responsabilità politica
del Ministro dell’Istruzione che ha
tenuto nei cassetti un indagine commissionata
dallo stesso Ministero e che indicava lo stato
spaventoso della salute degli edifici scolastici
nel nostro paese. Peraltro le cronache
parlano chiaro. Occorrono almeno diecimila
miliardi di lire per mettere a norma gli edifici.
Non sono somme sulle quali si può lesinare.
Abbiamo chiesto che vengano affissi dei
cartelli davanti alle scuole, dove
vengano elencati quali sono i problemi di quella
scuola, che interventi occorrono e i tempi entro
cui verranno effettuati. Laddove invece ci sono
comprovati problemi di sicurezza, occorre chiudere
immediatamente le scuole.
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