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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il primo CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

 

Riforma: parola alla Cgil

Web Scuola - 24 aprile 2003


24/04/2003. Questa settimana concludiamo il nostro giro di opinioni dei sindacati con un'intervista al dott. Enrico Panini, segretario nazionale della CGIL Scuola.

Cosa pensate della riforma?

Diciamo subito che la riforma avrà effetti devastanti sul nostro sistema scolastico pubblico e sulla qualità dello sviluppo sociale ed economico del nostro paese, perché produce, da un lato un arretramento dei livelli di istruzione delle giovani generazioni e dall’altro innesca ulteriormente un processo di privatizzazione dell’istruzione pubblica che esce sempre di più, in questo modo, dagli interessi dello stato nazionale.

Quali sono i punti di maggior criticità?

Siamo l’unico paese che, a fronte di una realtà globale nella quale ogni cinque anni raddoppia il patrimonio delle conoscenze, ha deciso di lanciare la sfida alla conoscenza, riducendo di un anno l’istruzione obbligatoria dei propri ragazzi. Tutti gli altri paesi europei si stanno muovendo in una direzione opposta a quella italiana. Questo a nostro parere ci sembra inaccettabile.

In seconda istanza si trasforma l’obbligo scolastico, ancorché ridotto di un anno, ma previsto dalla nostra costituzione, da obbligo degli adulti rispetto alle giovani generazioni in diritto- dovere. Mentre l’obbligo è stato ridotto immediatamente, per accedere al diritto- dovere ad un istruzione fino a 12 anni bisognerà aspettare l’emanazione dei decreti legislativi, i relativi finanziamenti e comunque un’attuazione graduale, è evidente che il diritto- dovere è cosa sicuramente meno cogente della sanzione di un obbligo peraltro costituzionalmente previsto.

Un terzo punto critico ci sembra l’introduzione di un sistema duale. I ragazzi a dodici anni e mezzo dovranno decidere se proseguire gli studi veri , quelli del liceo che porteranno all’università, oppure accedere all’istruzione della formazione professionale per poi avere un rapido accesso al mercato del lavoro. Tutti le indagini internazionali dicono che, a fronte dei cambiamenti repentini nel mercato del lavoro, occorra avere un bagaglio maggiore di conoscenza e flessibilità per poter governare in modo qualificato il proprio progetto di vita e i propri diritti.

Da ultimo l’anticipo nelle iscrizioni nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare , spuntato negli tulii giorni della stesura del disegno di legge e che verrà applicato senza le risorse sufficienti, in realtà non parliamo di un diritto, ma di un opzione che serve a creare fumo e nient’altro.

Quali sono le novità più interessanti presenti nella delega?

Di novità interessanti non ne trovo nessuna. Le novità che trovo sono negative. La nuova costituzione, cioè il testo  della legge 3 del 2001 , impedisce che sulle competenze relative alle norme fondamentali si possa esercitare la delega, cioè il parlamento possa conferire una delega al governo. Pertanto ci troviamo di fronte al ricorso ad uno strumento che noi consideriamo incostituzionale, ma che giudicano incostituzionale tutti i grandi costituzionalisti del nostro paese, al di là dello schieramento culturale e politico. La delega sostanzialmente sottrae alla discussione i decreti attuativi e questo ci pare una pessima novità.


Quali sono gli obbiettivi della manifestazione dell’11 aprile? Come verrà organizzata e quali sono le vostre aspettative?

Primo obbiettivo: affermare che l’istruzione pubblica nel nostro paese è un valore fondamentale.

secondo: affermare che la qualità dell’istruzione nel nostro paese è un problema generale, quindi non un problema che riguarda solo gli addetti ai lavori o i genitori con figli a scuola, ma l’intera società, il suo sviluppo sociale, culturale ed economico.

terzo: dire no ad una riforma foriera di un danno molto consistente.

Le critiche che voi fate sono condivise dagli altri sindacati? Fino a che punto intendete portare avanti delle rivendicazioni unitarie?

Noi riteniamo che l’unità sia un fatto molto importante. L’unità però non può prescindere dal merito, quindi lavoreremo il più possibile per trovare le intese unitarie, fermo restando che se non dovessimo trovare intese su punti che noi riteniamo rilevanti, la nostra organizzazione non rinuncerà ad affermare e a sostenere le nostre convinzioni e andrà avanti in modo determinato.

Qui non si sta parlando di interessi corporativi, ma di interessi generali dell’intero paese.

Intendete collaborare con le associazioni dei docenti? Alcune, vedi l’Apef, hanno espresso molte riserve sull’azione dei sindacati all’interno della scuola.

Noi non poniamo limiti alle collaborazioni, purchè queste avvengano nella chiarezza e nell’esplicitazione delle posizioni.

Cosa pensate dell’istituzione di un nuovo stato giuridico per i docenti?

Un modo per attivare il controllo politico sugli insegnanti. Lo stato giuridico riafferma , come negli anni ’50, la supremazia della parte pubblica rispetto al lavoratore.
Noi riteniamo che la contrattazione sia un elemento adeguato perché colloca in condizioni di parità il lavoratore col datore di lavoro. Peraltro non si capisce questo accanimento contro la contrattazione, quando per i prefetti dello stato italiano, cioè per 1700 alti rappresentanti dello Stato nel territorio, si applica regolarmente la contrattazione delle condizioni di lavoro.

Come il contratto non può e non deve intervenire sulla sfera dell’autonomia professionale del personale, che appartiene solo ed esclusivamente alla responsabilità professionale, così il ministro o il potere politico non possono intervenire con atti unilaterali in quelle che sono le condizioni di esercizio del rapporto di lavoro.

Qual è la vostra posizione rispetto alle novità riguardanti la formazione e il reclutamento dei docenti?

Una pessima novità. Direi quasi una confusione creata ad arte. Se si pensa che il Ministro Moratti non si è ancora insediato negli uffici di viale Trastevere che già emana un decreto legge che produce i seguenti effetti:

1) per la prima volta, chi lavora nella scuola privata si vede riconosciuto nelle graduatorie  lo stesso punteggio di chi lavora nella scuola pubblica.

2) Unifica terza e quarta fascia, cominciando da lì a produrre un contenzioso tra precari.

Insomma una politica a dir poco ondivaga ma che produce due fatti sicuri, il primo, nessuna immisione in ruolo. 30.000 doveva essere il numero di immissioni da fare nel 2002 e, ad oggi,  non ne è stata fatta neanche una.
Il ministero dimostra così di non voler fare immissioni in ruolo in modo tale da poter tagliare più rapidamente gli organici.

Il secondo effetto lo si vede leggendo attentamente l’articolo 5 della legge delega n° 53: la chiamata nominale del personale precario a discrezione delle singole istituzioni scolastiche. Per una professione come la nostra che si rivolge ai valori civili e costituzionali,  non è accettabile una chiamata discrezionale.

Rispetto agli organici, il sottosegretario Aprea ha recentemente dichiarato a Webscuola che in Italia "sono sovradimensionati secondo tutte le statistiche e parametri comparativi internazionali", e che l'equazione "più docenti = più qualità" nell'insegnamento non è valida.
Il sottosegretario invita anche a ripensare all'uso sin qui fatto delle risorse, quasi totalmente impiegate in personale. La vostra azione di protesta è incentrata proprio sui tagli al personale: cosa rispondete a queste affermazioni?

Ritengo queste affermazioni pregiudiziali. Se la scuola italiana ha retto per anni il confronto internazionale, nonostante decenni di abbandono da parte delle forze politiche, è perché ha retto il personale della scuola .

L’Italia è l’unico paese che inserisce gli alunni disabili nelle classi ordinarie. È un paese nel quale ci sono istituti professionali che hanno fino a 40 ore di insegnamento settimanale. È un paese che ha affrontato l’assenza di processi riformatori aumentando la complessità dei programmi di insegnamento. È inoltre un paese che , per sua conformazione geografica ha realtà differenti. Insomma non si può parlare di organici come se fossero una variabile astratta.

Purtroppo l’Italia continua ad avere due punti percentuali in meno, rispetto ai paesi europei, di investimento fra il prodotto interno lordo e le somme per l’istruzione.

Centomila posti effettivamente verranno ridotti nel giro di tre anni, duemila miliardi in meno di spesa per l’istruzione.

Nella "guerra tra poveri" dei precari molti sindacati sono accusati di non aver mediato tra i diritti di tutti gli insegnanti, che includono gli studenti delle SSIS, fornendo in molti casi assistenza legale a coloro che volevano fare ricorso contro gli abilitati SSIS. Come valutate queste affermazioni? Come pensate di ricomporre questa frattura?

Noi non ci sentiamo coinvolti in queste accuse. Siamo stati l’unica organizzazione che si è opposta all’unificazione delle fasce e che si è opposta alla parificazione di punteggio tra scuola pubblica e scuola privata.

Recentemente c’è stato un pronunciamento favorevole del TAR Emilia che accogliendo un ricorso della CGIL, ha inviato i documenti alla Corte Costituzionale per un legittimo sospetto di incostituzionalità delle norme.

Dal ’99 inoltre abbiamo sostenuto che una quota di investimenti dovesse essere riservata a borse di studio per sostenere e incentivare la frequenza universitaria per acquisire i titoli di specializzazione.

Quali conseguenze avrà la riforma sul personale ATA?

Il taglio che c’è stato fino ad oggi ha prodotto, per ammissione dello stesso Ministero, un incremento delle spese. Noi riteniamo che l’esternalizzazione delle prestazioni,  che fino ad ora erano svolti da dipendenti assunti all’interno della scuola, sia un errore.

Il personale Ata va valutato per quello che è in relazione alla didattica. Ogni qual volta il lavoro viene spostato con un appalto esterno, abbiamo una caduta dei livelli di qualità e rapporto con l’accoglienza, l’inserimento, l’attenzione verso i ragazzi.

Siamo quindi contrari ad un’operazione che riduce occupazione , scarica pesantemente i costi sul personale, ma li scarica soprattutto sulla qualità della scuola e i diritti dei ragazzi.

Una didattica innovativa ha bisogno di strutture e di spazi sicuri. Un rapporto della UIL ha denunciato mesi fa il preoccupante stato di abbandono dell'edilizia scolastica. State seguendo le evoluzioni della situazione? Dal terremoto nel Molise ad oggi è cambiato qualcosa?

Le cose sono sempre peggiorate. Le parole e le preoccupazioni non hanno avuto un seguito. Abbiamo denunciato una responsabilità politica del Ministro dell’Istruzione che ha tenuto nei cassetti un indagine commissionata dallo stesso Ministero e che indicava lo stato spaventoso della salute degli edifici scolastici nel nostro paese. Peraltro le cronache parlano chiaro. Occorrono almeno diecimila miliardi di lire per mettere a norma gli edifici. Non sono somme sulle quali si può lesinare.

Abbiamo chiesto che vengano affissi dei cartelli davanti alle scuole, dove vengano elencati quali sono i problemi di quella scuola, che interventi occorrono e i tempi entro cui verranno effettuati. Laddove invece ci sono comprovati problemi di sicurezza, occorre chiudere immediatamente le scuole.

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