Riforma:
parola alla CISL
Web
Scuola - 17 aprile 2003
17/04/2003 - Continua
il nostro giro di opinioni ulla Riforma Moratti
con un'intervista alla Dott.sa Daniela Colturani,
segretario generale della CISL-Scuola.
Cosa pensate della riforma?
Il giudizio della CISL-Scuola è
complessivamente negativo, sia per il metodo seguito per fare approvare la riforma, sia
entrando nel merito della stessa.
Per quanto riguarda il metodo riteniamo che la chiusura
ad ogni costruttivo confronto sia stato
un elemento estremamente negativo: la scuola reale
è rimasta del tutto assente; le organizzazioni
sindacali non hanno avuto alcuna possibilità di
interloquire; il dibattito parlamentare è stato
strozzato tant'è che il D.d.L delega è stato
blindato e gli stessi emendamenti proposti in seno
alla maggioranza sono stati, con "ordine di
scuderia", tramutati in raccomandazioni e in
ordini del giorno.
L'obiettivo di far decollare bene una riforma
necessitava di un consenso molto più largo,
frutto di un esteso coinvolgimento.
C'è da temere che ad ogni cambio di governo la
scuola subisca controriforme tali da costringerla
ad uno stato di permanente fibrillazione.
Quali sono i punti di
maggior criticità?
Nel merito, e qui veniamo ai punti di
maggiore criticità, non condividiamo molte cose
tra cui: l'anticipo, che mette in
discussione i percorsi didattici della scuola
dell'infanzia e della scuola elementare e, a
seguire, quelli degli altri ordini di scuola; il
sistema duale dell'istruzione e della formazione
professionale, non ben strutturato e
definito, il quale, soprattutto nella fase
iniziale dell'avvio della riforma, rischia di
procurare nei giovani notevoli sbandamenti per la
concomitanza dell'eliminazione dell'obbligo
scolastico e, al tempo stesso, della presenza di
un vuoto nel settore della
formazione professionale a causa della
mancanza di una offerta ben definita in ogni
particolare ( i vari canali con le diverse
opzioni, i piani di studio, l'indicazione di
quegli istituti - prima statali e ora da
regionalizzare - che fanno formazione
professionale); la precocità della scelta
di uno dei due percorsi.
Inoltre intravediamo il rischio di un sistema
che vede mettere in discussione l'impostazione
nazionale della scuola di questo nostro
Paese, un rischio ancor più grave nella
prospettiva della devolution.
Non è poi concepibile l'assenza di
risorse adeguate per sostenere l'avvio
della riforma. In particolare quelle
indicate all'art.7 non garantiscono l'anticipo a
tutti quei bambini le cui famiglie ne faranno
richiesta.
Ci preoccupa molto lo scompaginamento
che la riforma produce nella scuola
elementare e in quella dell'infanzia che,
giudicate qualitativamente ottime da valutazioni
comparative dei sistemi scolastici su piano
internazionale, dovevano essere difese nel loro
assetto attuale . La scuola dell'infanzia rischia
di essere indotta ad una funzione prevalentemente
assistenziale, almeno nel primo anno di percorso;
la scuola elementare dovrà mettere in discussione
la sua organizzazione modulare e le singole
professionalità acquisite dai docenti e richieste
dall'impianto curricolare dei Programmi dell' '85
e dal dettato della L.148/90, quella di
ordinamento di questa scuola .
Quali sono le novità più
interessanti presenti nella delega?
Non intravediamo particolari
novità interessanti nella delega. Questa invece può essere ricca di insidie perché non
contiene paletti di garanzia ed il
Ministro potrebbe dar vita a provvedimenti che
peggiorano il quadro di insieme.
Questo rischio potrà essere in buona parte
eliminato se finalmente vorrà il Ministro aprire
quel tavolo di confronto con le parti sociali, con
le OO.SS. per approdare a provvedimenti da
condividere in larga misura, cominciando
da quelli transitori, che consentano un approccio
meno traumatico con la riforma, e,
successivamente, individuando, con il contributo
degli interlocutori, gli elementi costitutivi
dell''intero pacchetto della decretazione
secondaria.
I due anni di tempo per i decreti delegati possono
essere un elemento positivo solo se avverrà quel
confronto a tutto campo che finora è mancato,
volendo assicurare, almeno, una ragionevole e
progressiva attuazione.
Cosa pensate della
manifestazione dell’11 aprile indetta dalla
CGIL?
Per quanto riguarda la manifestazione
dell'11 aprile la CISL e la CISL-Scuola
non sono state coinvolte.
E' questa una iniziativa di mobilitazione,
programmata unilateralmente e che segue quella
pista tracciata dalla CGIL, che ritiene
di dovere fare opposizione politica a questo
Governo, per cui l'obiettivo di una
manifestazione, che segni la distanza tra le
attese della scuola e le risposte che la Riforma
Moratti dà e che il Governo ha dato con i suoi
provvedimenti, rischia di attenuarsi in un
indistinto contrapporsi al Governo e alla sua
maggioranza.
Le critiche che voi fate
sono condivise dagli altri sindacati? Fino a che
punto intendete portare avanti delle
rivendicazioni unitarie?
Su un terreno più squisitamente
sindacale abbiamo certezza che, sostanzialmente,
talvolta con accenti ed accentuazioni diversi, le
nostre critiche alla riforma sono quelle, in
massima parte, mosse anche dagli altri sindacati
maggiormente rappresentativi.
Le rivendicazioni unitarie si costruiranno quando
si aprirà, come abbiamo tutti chiesto, il tavolo
del confronto al MIUR.
Questo sarà un tavolo importantissimo in cui
saranno in gioco tante questioni: qualità
dell'offerta formativa, organizzazione delle
scuole autonome, disponibilità delle risorse,
politica degli organici, formazione dei docenti,
garanzie per l'utenza.
Intendete collaborare con le
associazioni dei docenti? Alcune, vedi l’Apef,
hanno espresso molte riserve sull’azione dei
sindacati all’interno della scuola.
Non v'è dubbio che, come per il
passato, su tante questioni importanti e su quelle
in particolare che chiamano in causa i
caratteri della professionalità docente, cercheremo
un confronto e possibili convergenze con
quelle associazioni professionali che non hanno
un'impostazione culturale di stampo corporativo.
Queste associazioni sanno ben distinguere il
ruolo del sindacato nella scuola,
insostituibile per tutte quelle materie
che riguardano la rappresentanza e la tutela dei
lavoratori nelle varie fasi della contrattazione
fino a quella di istituto, e il valore di una
presenza associativa di tipo professionale non
sindacale.
Alcune riserve che provengono da certe
associazioni possono nascondere recondite velleità
di sostituirsi al sindacato.
Cosa pensate
dell’istituzione di un nuovo stato giuridico per
i docenti?
Il dibattito attualissimo sull'esigenza
di ipotizzare un nuovo stato giuridico dei docenti
vede il sindacato coinvolto in prima persona.
Come CISL-Scuola siamo distanti
mille miglia dall'ipotesi che un nuovo stato
giuridico possa essere confezionato in Parlamento.
E' materia troppo legata agli aspetti di un
contratto che non può calare in questo modo
sulla testa dei lavoratori, dei docenti nel nostro
caso, pena il pesante condizionamento di un tavolo
contrattuale, unica sede ove è possibile trovare
un'intesa per i risvolti che lo stesso stato
giuridico ha sull'insieme del contratto.
Inoltre l'idea di far passare uno stato giuridico
specifico dei docenti per insinuare una frattura
all'interno del comparto scuola, creando i
presupposti di un contratto per i soli docenti, ci
vede forti oppositori perché sappiamo che è
conveniente, oltre che indispensabile, che vi sia
una visione di insieme, nella
scuola dell'autonomia, dei diversi ruoli
dei lavoratori della scuola.
Questo non vuol dire non promuovere le specificità
ma considerarle in un'armonica e funzionale quadro
complessivo ove si evidenzino le sinergie.
Qual è la vostra posizione
rispetto alle novità riguardanti la formazione e
il reclutamento dei docenti?
Non è che vi sia ancora un
quadro chiaro e ben definito della futura formazione dei docenti e del loro prospettato
reclutamento. Siamo attualmente ancora in una fase
di transizione in cui il nuovo si
incrocia con l'impostazione pregressa con quei
numerosi contenziosi scatenati ultimamente da
azzardate decisioni dell'Amministrazione e
che hanno visto la stessa soccombente in sede
giurisdizionale (TAR e Consiglio di Stato).
Dobbiamo ancora capire quali sono i percorsi di
formazione universitaria che si vorranno
proporre per i futuri insegnanti. Per ora abbiamo
i primi effetti della L.341 con le SISS e con le
lauree in Scienze della Formazione Primaria per
insegnanti elementari e della scuola
dell'infanzia.
Le prime sono abilitanti per l'insegnamento
secondario, per intenderci, le seconde no. E
ciò già configura un problema irrisolto
per future assunzioni.
Sul reclutamento ipotizzato, che
prevede l'eliminazione dei concorsi e la
possibilità di ingresso nella
carriera docente, in quanto abilitati ed
iscritti in una graduatoria permanente, attraverso
la quale si accede al ruolo seguendo un turn
over, ci sono da chiarire ancora tanti
passaggi.
A regime questo sistema prevede che vi siano
docenti abilitati tutti usciti dalle SISS,
mentre ora c'è una transizione che vede una
situazione estremamente diversificata con docenti
provenienti dai vecchi corsi abilitanti del
Ministero, altri dalle SISS, altri ancora
insegnanti elementari e di scuola dell'infanzia,
con diploma di scuola secondaria, in possesso di
abilitazione, ed infine aspiranti docenti
provenienti dai corsi di laurea in Scienze della
formazione primaria - corsi specifici e per certi
aspetti atipici - istituiti proprio per i futuri
insegnanti, ma non abilitanti, come già si
è accennato.
E' urgente un confronto a
tutto campo su queste ipotizzate procedure di
reclutamento, in parte già in atto, per trovare
soluzioni idonee a rimuovere alcuni impedimenti.
Attendiamo e sollecitiamo che ci sia. Intanto
registriamo quel contenzioso di notevole portata,
a cui abbiamo fatto cenno, con la malaugurata
prospettiva di registrarne altro per il futuro.
Nella
"guerra tra poveri" dei precari molti
sindacati sono accusati di non aver mediato tra i
diritti di tutti gli insegnanti, che includono gli
studenti delle SSIS, fornendo in molti casi
assistenza legale a coloro che volevano fare
ricorso contro gli abilitati SSIS. Come valutate
queste affermazioni? Come pensate di ricomporre
questa frattura?
Sulla questione dei punteggi attribuiti
ai docenti provenienti dalle SISS, il TAR
prima ed il Consiglio di Stato poi hanno sancito
la non cumulabilità con quello previsto
per il servizio prestato nella scuola nello stesso
periodo di frequenza della SISS. Questa "guerra
tra poveri" è stata scatenata
da un provvedimento ministeriale non
equilibrato e viziato sul piano della legittimità.
Con maggiore responsabilità il MIUR poteva
evitare tutto ciò.
Il sindacato aveva fatto rilevare a suo tempo che,
in un regime di transizione, la ragionevole e
condivisa attenzione per quei docenti abilitati
presso le SISS, atta a promuovere la
frequenza di quei corsi, non doveva penalizzare
oltre misura, attraverso la cumulabilità
dei punteggi, quei docenti precari in
possesso dell'abilitazione acquisita con i vecchi
percorsi ministeriali.
Il sindacato ha solo la colpa di aver dovuto
tutelare chi è stato danneggiato da quell'incauto
provvedimento.
Proprio in questi giorni il MIUR, ora costretto a
rivedere il meccanismo introdotto della
valutazione dei titoli per l'aggiornamento delle
graduatorie, attende il parere del CNPI
per emanare un provvedimento non esposto a vizi di
legittimità.
Rispetto agli organici, il sottosegretario
Aprea ha recentemente dichiarato a Webscuola che
in Italia "sono sovradimensionati secondo
tutte le statistiche e parametri comparativi
internazionali", e che l'equazione "più
docenti = più qualità" nell'insegnamento
non è valida.
Il sottosegretario invita anche a
ripensare all'uso sin qui fatto delle risorse,
quasi totalmente impiegate in personale. La vostra
azione di protesta è incentrata proprio sui tagli
al personale: cosa rispondete a queste
affermazioni?
Rispetto alle affermazioni dell' on.le
Sottosegretario Valentina Aprea, ci viene
spontaneo chiederci da quale fonte esse prendano
spunto. Sappiamo che servono per tentare di giustificare
l'azione del Governo che sta falcidiando gli
organici, ma è un tentativo mal
riuscito.
Aumenta sempre più la nostra preoccupazione
proprio nel constatare che, sull'altare del voluto
ridimensionamento della spesa per l'istruzione a
tutti i costi, si immolino tutte le buone ragioni
che consiglierebbero, proprio per la qualità del
nostro sistema scolastico, di non fare scorrerie
per riduzioni indiscriminate e drastiche
degli organici di personale della nostra scuola,
come questo Governo sta facendo.
Noi abbiamo una legislazione avanzata
che ha dato vita alla scuola dell'autonomia, che
ha dato impulso ad una significativa qualità
della scuola elementare e di quella
dell'infanzia, che ha consentito, nei tanti e
lunghi anni di rincorsa sugli altri paesi europei,
l'alfabetizzazione del nostro popolo e di
sviluppare conseguentemente la rete scolastica in
tante parti del nostro Paese, che ha
posizionato il nostro sistema scolastico ai primi
posti rispetto all'integrazione dei soggetti
svantaggiati.
Le statistiche e i parametri internazionali vanno
assunti solo in presenza di un minimo di omogeneità
dei dati. La sola conformazione geografica
del nostro Paese suggerirebbe una certa
prudenza nell'assumere alcuni modelli comparativi
e poi il confronto dovrebbe nascere sugli standard
organizzativi. Non parliamo dei livelli
retributivi molto distanti da quelli europei,
pur avendo presenti i carichi di lavoro.
L'operazione dei tagli di organici,
assunta fuori da ogni considerazione del contesto,
è un chiaro segno di un agire politico un po’
schizofrenico.
La nostra scuola presenta certamente alcuni
ritardi, ma pensare che l'equazione taglio
indiscriminato degli organici = possibilità di
rafforzare la qualità dell'istruzione, questa si,
è un'idea che si commenta da sola. Purtroppo
genera guasti.
Quali conseguenze avrà la
riforma sul personale ATA?
Quando abbiamo parlato di tagli degli
organici, nel nostro giudizio erano compresi
quelli riferiti al personale ATA, che sono
considerevoli. Le ricadute sull'organizzazione
delle istituzioni scolastiche sono
pesantissime e sono appena attenuate
dalla possibilità di ricorso a prestazioni
esterne tramite contratti con cooperative
di servizi per le pulizie, per noi unica
possibilità di esternalizzazione di attività
lavorative.
Questi tagli avvengono anche se il carico di
lavoro e di responsabilità amministrative,
di supporto tecnico, è cresciuto nelle scuole
autonome: la situazione rischia di
aggravarsi ulteriormente se, come è
previsto dagli ultimi provvedimenti, si
verificheranno altre e progressive riduzioni di
organico in ossequio a irragionevoli motivazioni
di taglio della spesa.
L'eventuale ricorso a prestazioni di
lavoro straordinario, in situazione di
emergenza, non è possibile per la
presenza di limiti normativi e,
soprattutto, per indisponibilità di risorse nei
bilanci di istituto.
La scuola, purtroppo, è considerata
terreno di sprechi. Fino a quando prevarrà
questa filosofia avremo una lunga stagione di
sofferenza delle istituzioni scolastiche con delle
ricadute negative sulla qualità del loro
servizio.
Una didattica innovativa ha bisogno di
strutture e di spazi sicuri. Un rapporto della UIL
ha denunciato mesi fa il preoccupante stato di
abbandono dell'edilizia scolastica. State seguendo
le evoluzioni della situazione? Dal terremoto nel
Molise ad oggi è cambiato qualcosa?
L'edilizia
scolastica è un'emergenza reale e attira, purtroppo, solo per un breve lasso di tempo l'attenzione
dei politici quando esplode con crudezza un caso
eclatante in occasione di calamità naturali, com'è
successo per il crollo della scuola di San
Giuliano di Puglia.
La consapevolezza della precarietà di molti
edifici scolastici, l'inosservanza di norme
antisismiche, sicurezza, inidoneità
igienico-sanitaria dei locali nati per altro uso,
non sortisce effetti sul piano delle volontà
politiche, con una latitanza del Governo
nazionale e di molti poteri locali.
A tutt'oggi stiamo assistendo ad una vera e
propria assenza di concreti impegni per
intervenire nel campo dell'edilizia scolastica. Le
risorse previste in finanziaria di quest'anno sono
un segnale debolissimo di disponibilità del
Governo.
La situazione resta preoccupante
e crea un clima di turbamento permanente per chi
sta a scuola - personale e studenti -, di
preoccupazione per i capi di istituto che
rispondono in prima persona della sicurezza degli
edifici senza quei poteri per potervi provvedere,
di demotivazione per quanti vorrebbero misurarsi
in una didattica innovativa che non può
prescindere dalla presenza di idonei spazi e di
apposite strutture (aule plurifunzionali,
palestre, laboratori).
Il sindacato, anche qui, dopo reiterate denunce,
sollecita che se ne discuta seriamente perché il
Governo e la Conferenza Stato/Regioni assumano un Piano
Straordinario di intervento per l'Edilizia
Scolastica
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