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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il primo CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

 

Riforma: parola alla CISL

Web Scuola - 17 aprile 2003

17/04/2003 - Continua il nostro giro di opinioni ulla Riforma Moratti con un'intervista alla Dott.sa Daniela Colturani, segretario generale della CISL-Scuola.

 

Cosa pensate della riforma?

Il giudizio della CISL-Scuola è complessivamente negativo, sia per il metodo seguito per fare approvare la riforma, sia entrando nel merito della stessa.
Per quanto riguarda il metodo riteniamo che la chiusura ad ogni costruttivo confronto sia stato un elemento estremamente negativo: la scuola reale è rimasta del tutto assente; le organizzazioni sindacali non hanno avuto alcuna possibilità di interloquire; il dibattito parlamentare è stato strozzato tant'è che il D.d.L delega è stato blindato e gli stessi emendamenti proposti in seno alla maggioranza sono stati, con "ordine di scuderia", tramutati in raccomandazioni e in ordini del giorno.

L'obiettivo di far decollare bene una riforma necessitava di un consenso molto più largo, frutto di un esteso coinvolgimento.
C'è da temere che ad ogni cambio di governo la scuola subisca controriforme tali da costringerla ad uno stato di permanente fibrillazione.

Quali sono i punti di maggior criticità?

Nel merito, e qui veniamo ai punti di maggiore criticità, non condividiamo molte cose tra cui: l'anticipo, che mette in discussione i percorsi didattici della scuola dell'infanzia e della scuola elementare  e, a seguire, quelli degli altri ordini di scuola; il sistema duale dell'istruzione e della formazione professionale, non ben strutturato e definito, il quale, soprattutto nella fase iniziale dell'avvio della riforma, rischia di procurare nei giovani notevoli sbandamenti per la concomitanza dell'eliminazione dell'obbligo scolastico e, al tempo stesso, della presenza di un vuoto nel settore della formazione professionale a causa della mancanza di una offerta ben definita in ogni particolare ( i vari canali con le diverse opzioni, i piani di studio, l'indicazione di quegli istituti - prima statali e ora da regionalizzare - che fanno formazione professionale); la precocità della scelta di uno dei due percorsi.
Inoltre intravediamo il rischio di un sistema che vede mettere in discussione l'impostazione nazionale della scuola di questo nostro Paese, un rischio ancor più grave nella prospettiva della devolution.

Non è poi concepibile l'assenza di risorse adeguate per sostenere l'avvio della riforma. In  particolare  quelle indicate all'art.7 non garantiscono l'anticipo a tutti quei bambini le cui famiglie ne faranno richiesta.

Ci preoccupa molto lo  scompaginamento  che la riforma produce nella  scuola elementare e in quella dell'infanzia che, giudicate qualitativamente ottime da valutazioni comparative dei sistemi scolastici su piano internazionale, dovevano essere difese nel loro assetto attuale . La scuola dell'infanzia rischia di essere indotta ad una funzione prevalentemente assistenziale, almeno nel primo anno di percorso; la scuola elementare dovrà mettere in discussione la sua organizzazione modulare e le singole professionalità acquisite dai docenti e richieste dall'impianto curricolare dei Programmi dell' '85 e dal dettato della L.148/90, quella di ordinamento di questa scuola .

Quali sono le novità più interessanti presenti nella delega?

Non intravediamo particolari novità interessanti nella delega. Questa invece può essere ricca di insidie perché non contiene paletti di garanzia ed il Ministro potrebbe dar vita a provvedimenti che peggiorano il quadro di insieme.

Questo rischio potrà essere in buona parte eliminato se finalmente vorrà il Ministro aprire quel tavolo di confronto con le parti sociali, con le OO.SS. per approdare a provvedimenti da condividere in larga misura, cominciando da quelli transitori, che consentano un approccio meno traumatico con la riforma, e, successivamente, individuando, con il contributo degli interlocutori, gli elementi costitutivi dell''intero pacchetto della decretazione secondaria.

I due anni di tempo per i decreti delegati possono essere un elemento positivo solo se avverrà quel confronto a tutto campo che finora è mancato, volendo assicurare, almeno, una ragionevole e progressiva attuazione.

Cosa pensate della manifestazione dell’11 aprile indetta dalla CGIL?

Per quanto riguarda la manifestazione dell'11 aprile la CISL e la CISL-Scuola non sono state coinvolte. 

E' questa una iniziativa di mobilitazione, programmata unilateralmente e che segue quella pista tracciata dalla CGIL, che ritiene   di dovere fare opposizione politica a questo Governo, per cui l'obiettivo di una manifestazione, che segni la distanza tra le attese della scuola e le risposte che la Riforma Moratti dà e che il Governo ha dato con i suoi provvedimenti, rischia di attenuarsi in un indistinto contrapporsi al Governo e alla sua maggioranza.

Le critiche che voi fate sono condivise dagli altri sindacati? Fino a che punto intendete portare avanti delle rivendicazioni unitarie?

Su un terreno più squisitamente sindacale abbiamo certezza che, sostanzialmente, talvolta con accenti ed accentuazioni diversi, le nostre critiche alla riforma sono quelle, in massima parte, mosse anche dagli altri sindacati maggiormente rappresentativi.  

Le rivendicazioni unitarie si costruiranno quando si aprirà, come abbiamo tutti chiesto, il tavolo del confronto al MIUR
Questo sarà un tavolo importantissimo in cui saranno in gioco tante questioni: qualità dell'offerta formativa, organizzazione delle scuole autonome, disponibilità delle risorse, politica degli organici, formazione dei docenti, garanzie per l'utenza.

Intendete collaborare con le associazioni dei docenti? Alcune, vedi l’Apef, hanno espresso molte riserve sull’azione dei sindacati all’interno della scuola.

Non v'è dubbio che, come per il passato, su tante questioni importanti e su quelle in particolare che chiamano in causa i caratteri della professionalità docente, cercheremo un confronto e possibili convergenze con quelle associazioni professionali che non hanno un'impostazione culturale di stampo corporativo.
Queste associazioni sanno ben distinguere il ruolo del sindacato nella scuola, insostituibile per tutte quelle materie che riguardano la rappresentanza e la tutela dei lavoratori nelle varie fasi della contrattazione fino a quella di istituto, e il valore di una presenza associativa di tipo professionale non sindacale.
Alcune riserve che provengono da certe associazioni possono nascondere recondite velleità di sostituirsi al sindacato.

Cosa pensate dell’istituzione di un nuovo stato giuridico per i docenti?

Il dibattito attualissimo sull'esigenza di ipotizzare un nuovo stato giuridico dei docenti vede il sindacato coinvolto in prima persona.
Come CISL-Scuola  siamo distanti mille miglia dall'ipotesi che un nuovo stato giuridico possa essere confezionato in Parlamento. E' materia troppo legata agli aspetti di un contratto che non può calare  in questo modo sulla testa dei lavoratori, dei docenti nel nostro caso, pena il pesante condizionamento di un tavolo contrattuale, unica sede ove è possibile trovare un'intesa per i risvolti che lo stesso stato giuridico ha sull'insieme del  contratto.
Inoltre l'idea di far passare uno stato giuridico specifico dei docenti per insinuare una frattura all'interno del comparto scuola, creando i presupposti di un contratto per i soli docenti, ci vede forti oppositori perché sappiamo che è conveniente, oltre che indispensabile, che vi sia  una visione di insieme, nella scuola dell'autonomia, dei diversi ruoli dei lavoratori della scuola.
Questo non vuol dire non promuovere le specificità ma considerarle in un'armonica e funzionale quadro complessivo ove si evidenzino le sinergie.

Qual è la vostra posizione rispetto alle novità riguardanti la formazione e il reclutamento dei docenti?

Non è che vi sia ancora un quadro chiaro e ben definito della futura formazione dei docenti e del loro prospettato reclutamento. Siamo attualmente ancora in una fase di transizione in cui il nuovo si incrocia con l'impostazione pregressa con quei numerosi contenziosi scatenati ultimamente da azzardate decisioni  dell'Amministrazione e che hanno visto la stessa soccombente in sede giurisdizionale (TAR e Consiglio di Stato).
Dobbiamo ancora capire quali sono i percorsi di formazione universitaria che si  vorranno proporre per i futuri insegnanti. Per ora abbiamo i primi effetti della L.341 con le SISS e con le lauree in Scienze della Formazione Primaria per insegnanti elementari e della scuola dell'infanzia.
Le prime sono abilitanti per l'insegnamento secondario, per intenderci, le  seconde no. E ciò già configura un problema irrisolto per future assunzioni.
Sul reclutamento ipotizzato, che prevede l'eliminazione dei concorsi e la possibilità  di ingresso  nella carriera docente, in quanto abilitati ed  iscritti in una graduatoria permanente, attraverso la quale si accede al ruolo  seguendo un turn over, ci sono da chiarire ancora tanti passaggi.
A regime questo sistema prevede che vi siano docenti abilitati tutti usciti dalle SISS, mentre ora c'è una transizione che vede una situazione estremamente diversificata con docenti provenienti dai vecchi corsi abilitanti  del Ministero, altri dalle SISS, altri ancora insegnanti elementari e di scuola dell'infanzia, con diploma di scuola secondaria, in possesso di abilitazione, ed infine aspiranti docenti provenienti dai corsi di laurea in Scienze della formazione primaria - corsi specifici e per certi aspetti atipici - istituiti proprio per i futuri insegnanti,  ma non abilitanti, come già si è accennato.

E' urgente un confronto
a tutto campo su queste ipotizzate procedure di reclutamento, in parte già in atto, per trovare soluzioni idonee a rimuovere alcuni impedimenti.
Attendiamo e sollecitiamo che ci sia. Intanto registriamo quel contenzioso di notevole portata, a cui abbiamo fatto cenno, con la malaugurata prospettiva di registrarne altro per il futuro.

Nella "guerra tra poveri" dei precari molti sindacati sono accusati di non aver mediato tra i diritti di tutti gli insegnanti, che includono gli studenti delle SSIS, fornendo in molti casi assistenza legale a coloro che volevano fare ricorso contro gli abilitati SSIS. Come valutate queste affermazioni? Come pensate di ricomporre questa frattura?

Sulla questione dei punteggi attribuiti ai docenti provenienti dalle SISS, il TAR prima ed il Consiglio di Stato poi hanno sancito la non cumulabilità con quello previsto per il servizio prestato nella scuola nello stesso periodo di frequenza della SISS. Questa "guerra tra poveri" è stata scatenata da un provvedimento ministeriale non equilibrato e viziato sul piano della legittimità. Con maggiore responsabilità il MIUR poteva evitare tutto ciò.
Il sindacato aveva fatto rilevare a suo tempo che, in un regime di transizione, la ragionevole e condivisa attenzione per quei docenti abilitati presso le SISS, atta a  promuovere la frequenza di quei corsi, non doveva penalizzare oltre misura, attraverso la cumulabilità dei punteggi, quei docenti precari in possesso dell'abilitazione acquisita con i vecchi percorsi ministeriali. 
Il sindacato ha solo la colpa di aver dovuto tutelare chi è stato danneggiato da quell'incauto provvedimento.

Proprio in questi giorni il MIUR, ora costretto a rivedere il meccanismo introdotto della valutazione dei titoli per l'aggiornamento delle graduatorie, attende il parere del CNPI per emanare un provvedimento non esposto a vizi di legittimità.

Rispetto agli organici, il sottosegretario Aprea ha recentemente dichiarato a Webscuola che in Italia "sono sovradimensionati secondo tutte le statistiche e parametri comparativi internazionali", e che l'equazione "più docenti = più qualità" nell'insegnamento non è valida.
Il sottosegretario invita anche a ripensare all'uso sin qui fatto delle risorse, quasi totalmente impiegate in personale. La vostra azione di protesta è incentrata proprio sui tagli al personale: cosa rispondete a queste affermazioni?

Rispetto alle affermazioni dell' on.le Sottosegretario Valentina Aprea, ci viene spontaneo chiederci da quale fonte esse prendano spunto. Sappiamo che servono per tentare di giustificare l'azione del Governo che sta falcidiando gli organici,  ma è un tentativo mal riuscito.
Aumenta sempre più la nostra preoccupazione proprio nel constatare che, sull'altare del voluto ridimensionamento della spesa per l'istruzione a tutti i costi, si immolino tutte le buone ragioni che consiglierebbero, proprio per la qualità del nostro sistema scolastico, di non fare scorrerie per riduzioni  indiscriminate e drastiche degli organici di personale della nostra scuola, come questo Governo sta facendo.

Noi abbiamo una legislazione avanzata che ha dato vita alla scuola dell'autonomia, che ha dato impulso ad una significativa qualità della scuola elementare e di quella dell'infanzia, che ha consentito, nei tanti e lunghi anni di rincorsa sugli altri paesi europei, l'alfabetizzazione del nostro popolo e di sviluppare conseguentemente la rete scolastica in tante parti del nostro Paese, che ha  posizionato il nostro sistema scolastico ai primi posti rispetto all'integrazione dei soggetti svantaggiati.
Le statistiche e i parametri internazionali vanno assunti solo in presenza di un minimo di omogeneità dei dati. La sola conformazione geografica del nostro Paese suggerirebbe una certa prudenza nell'assumere alcuni modelli comparativi e poi il confronto dovrebbe nascere sugli standard  organizzativi. Non parliamo dei livelli retributivi molto distanti da quelli europei,  pur avendo presenti i carichi di lavoro.

L'operazione dei tagli di organici, assunta fuori da ogni considerazione del contesto, è un chiaro segno di un agire politico un po’ schizofrenico.
La nostra scuola presenta certamente alcuni ritardi, ma pensare che l'equazione taglio indiscriminato degli organici = possibilità di rafforzare la qualità dell'istruzione, questa si, è un'idea che si commenta da sola. Purtroppo genera guasti.

Quali conseguenze avrà la riforma sul personale ATA?

Quando abbiamo parlato di tagli degli organici, nel nostro giudizio erano compresi quelli riferiti al personale ATA, che sono considerevoli. Le ricadute sull'organizzazione delle istituzioni scolastiche sono pesantissime e sono appena attenuate dalla possibilità di ricorso a prestazioni esterne tramite contratti con cooperative di servizi per le pulizie, per noi unica possibilità di esternalizzazione di attività lavorative.

Questi tagli avvengono  anche se il carico di lavoro e di  responsabilità amministrative, di supporto tecnico, è cresciuto nelle scuole autonome: la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente se, come è previsto dagli ultimi provvedimenti, si verificheranno altre e progressive riduzioni di organico in ossequio a irragionevoli motivazioni di taglio della spesa.
L'eventuale  ricorso a prestazioni di lavoro straordinario, in situazione di emergenza, non è possibile per la presenza di limiti normativi e, soprattutto, per indisponibilità di risorse nei bilanci di istituto.
La scuola, purtroppo, è considerata terreno di sprechi. Fino a quando prevarrà questa filosofia avremo una lunga stagione di sofferenza delle istituzioni scolastiche con delle ricadute negative sulla qualità del loro servizio.

Una didattica innovativa ha bisogno di strutture e di spazi sicuri. Un rapporto della UIL ha denunciato mesi fa il preoccupante stato di abbandono dell'edilizia scolastica. State seguendo le evoluzioni della situazione? Dal terremoto nel Molise ad oggi è cambiato qualcosa?

L'edilizia scolastica è un'emergenza reale e attira, purtroppo, solo per un breve lasso di tempo l'attenzione dei politici quando esplode con crudezza un caso eclatante in occasione di calamità naturali, com'è successo per il crollo della scuola di San Giuliano di Puglia.
La consapevolezza della precarietà di molti edifici scolastici, l'inosservanza di norme antisismiche, sicurezza, inidoneità igienico-sanitaria dei locali nati per altro uso, non sortisce effetti sul piano delle volontà politiche, con una latitanza del Governo nazionale e di molti poteri locali.
A tutt'oggi stiamo assistendo ad una vera e propria assenza di concreti impegni per intervenire nel campo dell'edilizia scolastica. Le risorse previste in finanziaria di quest'anno sono un segnale debolissimo di disponibilità del Governo.

La situazione resta preoccupante e crea un clima di turbamento permanente per chi sta a scuola - personale e studenti -, di preoccupazione per i capi di istituto che rispondono in prima persona della sicurezza degli edifici senza quei poteri per potervi provvedere, di demotivazione per quanti vorrebbero misurarsi in una didattica innovativa che non può prescindere dalla presenza di idonei spazi e di apposite strutture (aule plurifunzionali, palestre, laboratori).
Il sindacato, anche qui, dopo reiterate denunce, sollecita che se ne discuta seriamente perché il Governo e la Conferenza Stato/Regioni assumano un Piano Straordinario di intervento per l'Edilizia Scolastica

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