Scuola
e modelli organizzativi
Web
scuola
- 13
febbraio 2003
13/02/03
- Scuola e teorie dell’organizzazione: incontro
possibile o mondi lontanissimi? Qualche spunto da
un campo ancora tutto da esplorare
Le teorie dell’organizzazione sono
maturate in contesti aziendali molto lontani dal
mondo della scuola. Storicamente, le principali
dottrine nascono in realtà produttive e si
confrontano con esigenze che non sono sempre
riconducibili ad un ambito istituzionale che opera
nel settore dei servizi. Basti pensare che molte
delle teorie sono influenzate, direttamente o
indirettamente, dal taylorismo o nascono in
risposta all’organizzazione scientifica del
lavoro basata sulla catena di montaggio tipica
della visione di questo autore.
Il percorso che
suggeriamo, che non ha certamente la pretesa
di essere esaustivo, si propone di stimolare nel
lettore un confronto critico con queste teorie per
trarne spunti o occasioni di riflessione utili nel
proprio lavoro quotidiano.
Organizzazione: il punto di
vista di un pedagogista
Per favorire il raffronto tra
indicazioni attribuibili ad altri tipi di
organizzazione e il mondo della scuola, dagli archivi
di Webscuola citiamo una frase di Duccio
Demetrio che, facendo riferimento a
Gareth Morgan, affermava:
… se si vuole affrontare l’analisi
organizzativa in maniera realistica, bisogna
partire dal concetto che le organizzazioni
rappresentano più cose nello stesso momento. Una
macchina organizzativa progettata per realizzare
degli obiettivi ben determinati può,
simultaneamente, essere tutte le cose seguenti:
una specie organizzativa capace di sopravvivere in
certi ambienti ma non in altri; un sistema di
elaborazione di informazioni in grado di
apprendere certe cose ma non altre; un ambiente
culturale [...] un sistema politico un’arena un
prodotto [...]; uno strumento [...] ecc."
Demetrio, studioso di educazione degli
adulti, sostiene che come l’identità
individuale dell’adulto è complessa, così anche
l’organizzazione presenta un’identità
molteplice. La conseguenza di ciò è che
le varie componenti della personalità
dell’adulto o di un organizzazione si sviluppano
e crescono secondo tempi e modalità diversi e
ogni pretesa di uniformità si rivela spesso una
vana illusione. Il Sé si configura infatti come
uno “stato" dell’organizzazione del
soggetto, un contenitore che tiene insieme le
parti della personalità, e non un nucleo centrale
unificante con funzione di perno. Le
istituzioni devono rendersi conto delle analogie tra
la dimensione individuale e quella
dell’organizzazione, entrambe basate sulla
poliedricità e sull’esigenza di
diversificazioni interne e ricomposizioni dettate
da necessità di sopravvivenza comuni a individui
e organizzazioni.
Per completare il quadro che stiamo
abbozzando, dopo esserci occupati di leadership
nella scuola analizziamo ora le modalità di
applicazione dei modelli organizzativi, cercando
di contestualizzarli in ambito scolastico.
Mintzberg e i
meccanismi del coordinamento
L’organizzazione scolastica è
chiamata ad un sempre maggiore coordinamento. Si
tratta di un’esigenza che trova riscontro in
tutti i luoghi di lavoro: a scuola,
però, essa assume caratteristiche
particolarmente marcate. Storicamente,
infatti, in base ad una concezione forte, di
derivazione crociana, di libertà di insegnamento,
ogni docente adottava un metodo ed un metro di
valutazione proprio e tendeva, quindi, a fare per
sé, senza confronto con i colleghi.
Nell’ambito del
coordinamento, Henry Mintzberg ha
identificato tre metodi operativi diversi:
- per adattamento:
la conoscenza si sviluppa a mano a mano che il
lavoro procede. Di conseguenza, il successo
dell’iniziativa dipende dall’abilità degli
attori ad adattarsi l’uno all’altro lungo un
percorso non definito, adottando modalità di
lavoro condivise, basate anche su una
comunicazione informale. Si tratta di un metodo
utilmente adottato nella scuola, anzi,
si può affermare che ne sia un meccanismo
tipico.
- per supervisione:
l’adattamento reciproco non è sufficiente a
coordinare il lavoro e per questo viene nominato
una figura preposta a coordinare le attività. E’
una delle funzioni proprie del
Dirigente scolastico.
- per standardizzazione:
in questo modo il risultato è programmato a
tavolino, prima ancora di iniziare l’attività,
tramite
- standardizzazione
dei processi di lavoro
- standardizzazione dei risultati
- standardizzazione delle capacità e delle
conoscenze.
Dei tre metodi, questo è sicuramente il
tipo di approccio che meno si adatta al
contesto scolastico a causa di una
schematicità che non contempla un adeguato
riconoscimento dei bisogni individuali e
perché difficilmente risponde alle esigenze di
flessibilità richieste dai processi educativi.
Scuola e teorie dell’organizzazione del
lavoro
Un altro aspetto fondamentale legato
alla costruzione di un modello organizzativo
riguarda la scelta del tipo di organizzazione del
lavoro. Ecco, in breve, le teorie principali
Fayol e i principi di
direzione
Il contributo di Henry
Fayol riguarda essenzialmente tre
aspetti: funzione direzionale, capacità
direzionali e dottrina o codice direzionali. Per
quanto riguarda la funzione direzionale,
Fayol distingue tra gestione (conseguire
efficacia grazie al raggiungimento dei fini) e dirigenza
(conseguire efficienza tramite
l’impiego delle risorse). La funzione
direzionale, quindi, è distinguibile dalle altre
funzioni e i suoi elementi costitutivi consistono
in: prevedere, organizzare, comandare,
coordinare e controllare le attività.
Inoltre, presenta due caratteristiche essenziali: universalità
e diffusione (non può
essere attribuzione esclusiva del solo vertice ma,
sia pure in misura diversa, di tutti i
dipendenti).
Rispetto alle capacità direzionali,
Fayol afferma che la funzione direzionale, come
qualunque altra funzione, richiede una
specifica capacità. Essendo tale
funzione diffusa, il bisogno di sviluppare
le capacità direzionali è generale. Tuttavia,
l’importanza relativa della capacità
direzionale cresce all’aumentare del
livello e, a parità di livello, all’aumentare
della dimensione dell’organizzazione.
Infine, la capacità direzionale, pur essendo
migliorabile con la pratica, è apprendibile
attraverso programmi di insegnamento formale.
Per ultimo, la dottrina o il codice
direzionale devono essere elaborati
utilizzando il metodo cartesiano: da un
lato scomposizione del problema e studio dei
singoli aspetti, e dall’altro osservazione,
raccolta e classificazione dei fatti, loro
interpretazione, sperimentazione e deduzione di
regole generali. Questa dottrina, oltre a fornire
regole per il comportamento direzionale,
rappresenta la base su cui
fondare l’insegnamento delle capacità
direzionali.
Weber e l’apparato
burocratico
Le teorie di Max Weber stimolano
interessanti riflessioni sulla burocrazia nella
scuola perché offrono una lettura dei
principi dell’organizzazione burocratica in
chiave positiva, discostandosi
dall’interpretazione che ne viene data
correntemente.
In termini generali, le caratteristiche
della burocrazia si basano su una rigorosa divisione
del lavoro e un sistema di regole
che individua in maniera precisa
l’attribuzione delle responsabilità e le
modalità di selezione e di reclutamento del
personale. In questo modello la gerarchia
degli uffici definisce gli ambiti di
controllo e dipendenza, e le modalità che
regolano la circolazione delle informazioni
all’interno delle istituzioni.
L’apparato burocratico privilegia
gli aspetti formali della relazione e
identifica un sistema di regole generali che,
applicate alle situazioni specifiche, governano
decisioni ed azioni in modo imparziale; si tratta
di regole che possono essere apprese e
che prevedono una preparazione
specialistica. Il percorso lavorativo
presenta in entrata una selezione basata su
competenze accertate secondo criteri rigidi e ben
definiti, ed in seguito una carriera che prevede
avanzamenti basati sull’anzianità di servizio e
che premia l’appartenenza all’istituzione più
che i risultati raggiunti.
Di fatto, quindi, secondo Weber, in base
a questi parametri la burocrazia rappresenta
il metodo formalmente più razionale per
esercitare l’autorità: infatti, si
presta ad una applicazione universale a
tutti i compiti, tanto che lo sviluppo in
ogni campo delle forme moderne di organizzazione
si è tradotto nella continua diffusione di
soluzioni burocratiche.
Una critica all'analisi
di Weber proviene dal sociologo statunitense Robert
K. Merton che prende le mosse dalle
riflessioni di alcuni autori, tra cui Dewey, ed
evidenzia limiti e disfunzioni tipici
del modello burocratico.
Simon e la
razionalità limitata
Secondo Herbert Simon,
premio Nobel per l’Economia nel 1978, gli
attributi fondamentali della razionalità
dell’uomo amministrativo sono l’intenzionalità
e la limitatezza: con una forte
affinità al pensiero di Weber, egli ribalta lo
schema di analisi della Science of
Administration e dell’economia neoclassica,
basati su una concezione di razionalità oggettiva
e assoluta. Se la concezione dell’homo œconomicus
ha avuto fortuna presso gli economisti grazie alla
sua semplicità, Simon nega che tale concezione
sia realistica, e in particolare che essa risulti
valida per lo studio dei processi decisionali
nelle organizzazioni.
Come l’azione economica, l’azione organizzativa è
guidata da razionalità, ossia si
sviluppa in un processo decisionale che mette in
relazione mezzi e fini. Ma entrambe non
possono essere considerate assolutamente razionali,
poiché ciò significherebbe che mezzi e fini sono
tra essi in una relazione ottimale, condizione che
non si verifica quasi mai nella realtà.
Mayo e l’influenza dei
gruppi informali
Il tema centrale degli studi di Elton
Mayo, uno dei padri della teoria
delle relazioni umane è l’influenza
dei gruppi informali all’interno
dell’organizzazione aziendale.
L’analisi delle dinamiche dell’azione dei
gruppi informali è importante anche nella
scuola, dove la dimensione assembleare
degli organi collegiali, la presenza di componenti
diverse e gli elementi relazionali e motivazionali
del lavoro assumono un notevole rilievo
nell’economia complessiva dell’istituzione.
Le ricerche di Mayo rappresentano un
importante punto di partenza per gli studi
sulle motivazioni e come contributo
allo studio delle relazioni umane in azienda.
Significativa è l’attenzione
rivolta alla dimensione del gruppo
e alla sua influenza. Inoltre è
molto importante l’analisi comparata
dell’organizzazione formale, di quella informale
e del peso di ciascuna di esse. Spesso,
infatti, sono i gruppi informali ad orientare le
decisioni più di quanto non facciano le figure
che compaiono nell’organigramma ufficiale.
L’influenza dei
gruppi informali si basa sul bisogno di
aggregazione particolarmente forte di
alcuni individui. C’è, infatti, in molte
persone una tendenza a stringere relazioni sia per
coprire il vuoto dell’esistenza, sia per reagire
a situazioni lavorative che producono
insoddisfazione. Per queste ragioni tali gruppi
hanno più influenza sui singoli persino
degli elementi motivazionali basati sugli
incentivi economici.
La correlazione esistente
tra modo di dirigere e soddisfazione del
gruppo e dell’individuo è un altro
aspetto che il dirigente non può trascurare nel
mettere in atto, in modo consapevole o
inconsapevole, il proprio stile di leadership.
Il gruppo dei colleghi viene
identificato come fattore di coesione tra
i dipendenti e non va considerato solo
come un blocco che oppone resistenza al
cambiamento e che ostacola le decisioni della
direzione. Bisogna infatti considerare la ricaduta
degli elementi affettivi e l’incidenza
dei vissuti personali nei processi organizzativi:
le relazioni tra individui sono importanti e
non sempre in sintonia con gli obiettivi
aziendali, tuttavia trascurarle significa
allontanare ancora di più la possibilità di
ottenere i risultati.
Thompson e la gestione
dell’incertezza
In una fase di transizione come quella
che affronta oggi il mondo della scuola e che
comporta la ridefinizione della propria identità,
può essere interessante focalizzare
l’attenzione su alcuni aspetti delle teorie di James
D. Thompson, che si confronta con il
problema della presenza in ciascuna
organizzazione di due caratteristiche tra
loro antitetiche. Da un lato, le
organizzazioni sono chiamate a fronteggiare
l’incertezza, e presentano quindi al loro
interno aspetti di indeterminatezza;
dall’altro, per funzionare necessitano di
un notevole grado di determinatezza
e certezza, al fine di orientare la
propria azione secondo obiettivi specifici e per
attivare processi decisionali basandosi su scelte
razionali.
Ogni organizzazione, nel momento in cui si dà una
struttura propria e si dota di
processi organizzativi peculiari, individua
il proprio campo d’azione.
Definisce, ad esempio, dove e chi rifornisce
l’organizzazione, le caratteristiche del
prodotto, il tipo di clienti e i servizi offerti.
Per queste ragioni, definire l’identità
dell’azienda o, come nel caso della
scuola, di un’istituzione che eroga servizi, è
particolarmente importante; per questa
ragione bisognerebbe prestare molta attenzione
nella stesura della carta dei servizi e del
POF, al fine di fornire un quadro realistico della
natura, delle caratteristiche e delle
finalità dell’organizzazione.
L’organizzazione, infatti, stabilisce le
modalità e gli aspetti
che le consentono di entrare in contatto con
l’esterno, ed è il risultato di
continue scelte e ridefinizioni del ruolo
dell’azienda nel tempo, e non qualcosa di dato
naturalmente una volta per tutte.
Nella sua azione
l’organizzazione, nel nostro caso la scuola, si
trova di fronte a ostacoli di carattere
stabile (vincoli) e variabile (contingenze).
Con i primi la struttura è chiamata costantemente
a misurarsi, mentre i secondi emergono via via nel
corso del tempo, e possono presentarsi anche
secondo modalità diverse. Quindi, anche per la
scuola è importante operare un’analisi
dei vincoli, monitorarli costantemente
e attrezzarsi per farvi fronte,
mentre nel caso delle contingenze è
importante darsi una struttura
sufficientemente agile e flessibile per
fronteggiare le emergenze
Link utili
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