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Il
pasticcio del calendario scolastico
di Reginaldo Palermo
Tecnica
della scuola – 8 settembre 2002
Il
recente "caso" della Regione Calabria, fa
emergere il problema più generale del calendario
scolastico. Le Regioni lo stabiliscono e le scuole lo
possono adattare, ma entro quali limiti ? Secondo l'Anp
le scuole non possono diminuire il numero di giorni
fissati dalle Regioni, anche se la legge usa
esplicitamente la formula del "fatta salva
l'autonomia delle istituzioni scolastiche".
Il "caso" della Regione Calabria che rinvia di
una settimana, dal 16 al 23 settembre, l'avvio dell'anno
scolastico, rischia di far esplodere il problema del
calendario scolastico e di far emergere le difficoltà e
le contraddizioni della gestione regionale della scuola
prevista dalla recente legge di riforma costituzionale.
Ovviamente la decisione dell'Amministrazione regionale
calabra ha già suscitato un mare di polemiche così
come era accaduto qualche giorno prima, quando in
Sicilia era stato deciso di spostare addirittura al 30
settembre il primo giorno di scuola.
Ma, per le singole istituzioni scolastiche, i problemi
maggiori derivano dal fatto che mentre il
"vecchio" Testo Unico del 1994 fissa in 200
giorni di lezione la durata minima dell'anno scolastico,
le norme successive (e in particolare il decreto
legislativo 112 del 1998) assegnano alle regioni il
poter di determinare il calendario scolastico.
Sulla questione è intervenuta anche l'Associazione
nazionale presidi che fornisce una propria
interpretazione: le scuole – è questa in sintesi la
posizione dell'Anp – possono sì apportate modifiche
alle date fissate dalle Regioni ma senza diminuire
ulteriormente il numero di giorni di lezione fissato dal
calendario regionale.
In
altre parole: la Regione determina la durata dell'anno
scolastico rispettando il tetto minimo di 200 giorni
stabilito dal Testo Unico del 1994 mentre le scuole
possono adattare il calendario alle esigenze locali,
modificando quindi la data di inizio delle lezioni e le
festività intermedie.
Secondo l'Anp è pur vero che la recente legge di
modifica costituzionale, nell'estendere le materie
devolute alle Regioni, fa esplicitamente salva
"l'autonomia delle istituzioni scolastiche".
Ma – sostiene l'Associazione – tale autonomia
"non costituisce un concetto generico o astratto,
ma è definita in concreto dal DPR 275/99, che vincola
le scuole al rispetto delle determinazioni delle
Regioni".
Tale interpretazione appare ragionevole e per molti
aspetti condivisibile, ma non sarebbe male, forse, se il
Ministero intervenisse con una propria nota di
chiarimento in merito, proprio per evitare i
comportamenti difformi da scuola a scuola e da regione a
regione
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