Contratti
pubblici, servono 4,5 miliardi di euro
La
Stampa-25-08-2002
LA CGIL CHIEDE LA MODIFICA DEL DPEF E L´AUMENTO
DEI FONDI INDICATI NELLA FINANZIARIA
Contratti pubblici, servono 4,5 miliardi di euro
L´inflazione aggrava la spesa. E´ già scontro
sul rinnovo dei metalmeccanici
Pubblico impiego e metalmeccanici, il conto dei
nuovi contratti rischia di essere particolarmente
salato. Solo per i dipendenti pubblici servono
almeno 4,5 miliardi di euro. Colpa dell´inflazione
reale che viaggiando ben oltre la soglia del 2% fa
lievitare richieste e aspettative. Se si tratta e
si ragiona sull´inflazione programmata, quella
che ogni anno il governo inserisce nel Documento
di programmazione economica è un conto, tutt´altra
cosa è invece calcolare gli aumenti in base
andamento reale del costo della vita. Per cui se
si prendono per buone le parole pronunciate venerdì
da Berlusconi al Meeting di Rimini («per i
rinnovi ci baseremo sui dati Istat) il conto sale.
E di molto. Prendiamo i lavoratori di Stato, sanità,
scuola, amministrazioni varie ed enti locali. L´accordo
siglato il 6 febbraio scorso, valido per il
2002-2003 e relativo all´adeguamento dei salari
ed al recupero della differenza tra inflazione
reale e inflazione programmata nel biennio
2000-2001, prevedeva un aumento di circa 100 euro
al mese per ogni dipendente. In pratica un +5,56%
di incremento che per le casse pubbliche si
traduce in un esborso di circa 3,9 miliardi di
euro. Secondo le stime della Ragioneria dello
Stato, infatti, ogni punto percentuale vale 700
milioni di euro. Accordo oneroso? Spiega Carlo
Podda, responsabile contrattazione della Funzione
pubblica Cgil: «quella era un´intesa che, oltre
al recupero del differenziale dell´inflazione
pregressa, comprendeva l´inflazione programmata
del nuovo biennio (che allora per il 2002 veniva
indicata in un +1,3%) e un ulteriore 1% destinato
agli incrementi di produttività». Il problema è
che fino ad ora oltre alle promesse non si è
andati. «Sia per la scuola che per il pubblico
impiego il Dpef non da alcuna certezza di
stanziamenti, non parliamo poi dell´inflazione
programmata», lamenta Paolo Nerozzi, della
segreteria confederale Cgil. «Si tratta di un
documento assolutamente irrealistico, che va
modificato». «L´accordo di febbraio - spiega
Podda - ha perso di verosimiglianza. Ora per prima
cosa dovremo verificarne l´esistenza in vita e
quindi aggiornarlo. Al riguardo ricordo che già
col precedente governo, nel 2000, in occasione del
rinnovo del contratto, ci fu uno stanziamento
aggiuntivo, un´integrazione di risorse a causa
della forte differenza tra inflazione programmata
e inflazione reale.
Il divario era di mezzo punto e il governo
stanziò uno 0,3% in più. Oggi dovrebbe accadere
la stessa cosa». Tradotto in cifre questo
ragionamento aumenta l´esborso a carico dello
Stato di altri 600-700 milioni di euro. Il totale,
dunque, fa 4,5-4,6 miliardi di euro, non poca cosa
se si tiene conto delle ristrettezze di bilancio.
Con un´inflazione che quest´anno dovrebbe
assestarsi attorno al 2,2% di media, i sindacati
del pubblico impiego rivendicano infatti un altro
punto percentuale d´aumento. Lo stesso
ragionamento vale per gli anni futuri ed i
contratti che devono essere rinnovati: sono
scaduti alla fine del 2001 e interessano in totale
circa 3 milioni di dipendenti. Il primo confronto
è previsto il 3 settembre. I sindacati però non
nutrono grandi aspettative. «Bisognerà aspettare
il varo della Finanziaria e vedere le cifre reali
che il governo avrà indicato - conclude Podda -.
L´Aran (l´agenzia delegata alla contrattazione -
ndr) di suo non può decidere nulla, si muove in
base alle direttive del governo e l´ultima era
davvero fumosa». Anche dai metalmeccanici della
Fiom arriva un conto particolarmente salato.
Giorgio Cremaschi, della segreteria confederale,
chiede un «rinnovo contrattuale vero» e in vista
della messa a punto della piattaforma che
interessa quasi un milione e mezzo di tute blu
spara una cifra: 200 euro d´aumento. Ecco i suoi
calcoli: il valore del punto percentuale viene
valutato 16,5-18,6 euro. Considerando che le
associazioni dei consumatori parlano di un 8-9% di
carovita effettivo, questo recupero oscilla fra
140,7 e 167,4 euro. A questi va aggiunta
l'inflazione futura: considerata troppo bassa
quella programmata del governo all'1,4% non è
irrealistico pensare ad una richiesta di 2,4
punti. Che tradotto in cifre significa altri 37-44
euro. Infine il recupero di produttività: basta
aggiungere anche solo un 1% ed ecco che si arriva
intorno ai 200 euro mensili di aumento. Se si usa
lo stesso metro impiegato per il pubblico impiego,
in questo caso l´assegno che nel primo anno
dovrebbero staccare le industrie ammonterebbe a
circa 4 miliardi di euro. Senza contare gli oneri
aggiuntivi. La Cgil spara alto, ma anche gli altri
sindacati non sono da meno. Giorgio Caprioli,
segretario nazionale Fim-Cisl: «Chiederemo un
adeguamento salariale superiore all'1,4% indicato
nel Dpef. C'è un precedente, che risale a due
anni fa, in cui l'aumento non tenne conto di quel
tetto». Federmeccanica ovviamente respinge
richieste di questo tipo e, per il 2003, tiene
duro sull´1,4%. «Quando stipuleremo i contratti
- afferma il direttore generale Roberto Biglieri -
non potremo prescindere dalla cifre che l'Istat ci
ha segnalato». Biglieri rileva infatti che, in
base alle regole previste attualmente, «per
quanto riguarda i rinnovi occorre fare riferimento
al tasso d'inflazione programmata», mentre
dell'inflazione reale si tiene conto "a
posteriori".Federmeccanica conferma di voler
rinnovare i contratti ma lancia un avvertimento
chiaro: «ci sono alcuni passaggi da rispettare, a
meno che tutti, comunemente, non decidiamo di
cambiare le regole in vigore».
Paolo Baroni
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