. .

Cerca  

CLICCA PER INIZIARE

 

HOME PAGE

NEWS

EDITORIALI

DOCUMENTI

NUGA

TARSU

POSTA

VALUTAZIONE D.S.

D.S. IN EUROPA

ARCHIVIO

FINALITA' SITO

COMMENTI EVENTI

LINKS

 

 

SCRIVICI

   
   
   
 

 

ottimizzato per I.E 6.0 e Netscape 6 a tutte le risoluzioni

 

.

Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il primo CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

 

Contratti pubblici, servono 4,5 miliardi di euro

La Stampa-25-08-2002

LA CGIL CHIEDE LA MODIFICA DEL DPEF E L´AUMENTO DEI FONDI INDICATI NELLA FINANZIARIA
Contratti pubblici, servono 4,5 miliardi di euro
L´inflazione aggrava la spesa. E´ già scontro sul rinnovo dei metalmeccanici

Pubblico impiego e metalmeccanici, il conto dei nuovi contratti rischia di essere particolarmente salato. Solo per i dipendenti pubblici servono almeno 4,5 miliardi di euro. Colpa dell´inflazione reale che viaggiando ben oltre la soglia del 2% fa lievitare richieste e aspettative. Se si tratta e si ragiona sull´inflazione programmata, quella che ogni anno il governo inserisce nel Documento di programmazione economica è un conto, tutt´altra cosa è invece calcolare gli aumenti in base andamento reale del costo della vita. Per cui se si prendono per buone le parole pronunciate venerdì da Berlusconi al Meeting di Rimini («per i rinnovi ci baseremo sui dati Istat) il conto sale. E di molto. Prendiamo i lavoratori di Stato, sanità, scuola, amministrazioni varie ed enti locali. L´accordo siglato il 6 febbraio scorso, valido per il 2002-2003 e relativo all´adeguamento dei salari ed al recupero della differenza tra inflazione reale e inflazione programmata nel biennio 2000-2001, prevedeva un aumento di circa 100 euro al mese per ogni dipendente. In pratica un +5,56% di incremento che per le casse pubbliche si traduce in un esborso di circa 3,9 miliardi di euro. Secondo le stime della Ragioneria dello Stato, infatti, ogni punto percentuale vale 700 milioni di euro. Accordo oneroso? Spiega Carlo Podda, responsabile contrattazione della Funzione pubblica Cgil: «quella era un´intesa che, oltre al recupero del differenziale dell´inflazione pregressa, comprendeva l´inflazione programmata del nuovo biennio (che allora per il 2002 veniva indicata in un +1,3%) e un ulteriore 1% destinato agli incrementi di produttività». Il problema è che fino ad ora oltre alle promesse non si è andati. «Sia per la scuola che per il pubblico impiego il Dpef non da alcuna certezza di stanziamenti, non parliamo poi dell´inflazione programmata», lamenta Paolo Nerozzi, della segreteria confederale Cgil. «Si tratta di un documento assolutamente irrealistico, che va modificato». «L´accordo di febbraio - spiega Podda - ha perso di verosimiglianza. Ora per prima cosa dovremo verificarne l´esistenza in vita e quindi aggiornarlo. Al riguardo ricordo che già col precedente governo, nel 2000, in occasione del rinnovo del contratto, ci fu uno stanziamento aggiuntivo, un´integrazione di risorse a causa della forte differenza tra inflazione programmata e inflazione reale.

Il divario era di mezzo punto e il governo stanziò uno 0,3% in più. Oggi dovrebbe accadere la stessa cosa». Tradotto in cifre questo ragionamento aumenta l´esborso a carico dello Stato di altri 600-700 milioni di euro. Il totale, dunque, fa 4,5-4,6 miliardi di euro, non poca cosa se si tiene conto delle ristrettezze di bilancio. Con un´inflazione che quest´anno dovrebbe assestarsi attorno al 2,2% di media, i sindacati del pubblico impiego rivendicano infatti un altro punto percentuale d´aumento. Lo stesso ragionamento vale per gli anni futuri ed i contratti che devono essere rinnovati: sono scaduti alla fine del 2001 e interessano in totale circa 3 milioni di dipendenti. Il primo confronto è previsto il 3 settembre. I sindacati però non nutrono grandi aspettative. «Bisognerà aspettare il varo della Finanziaria e vedere le cifre reali che il governo avrà indicato - conclude Podda -. L´Aran (l´agenzia delegata alla contrattazione - ndr) di suo non può decidere nulla, si muove in base alle direttive del governo e l´ultima era davvero fumosa». Anche dai metalmeccanici della Fiom arriva un conto particolarmente salato. Giorgio Cremaschi, della segreteria confederale, chiede un «rinnovo contrattuale vero» e in vista della messa a punto della piattaforma che interessa quasi un milione e mezzo di tute blu spara una cifra: 200 euro d´aumento. Ecco i suoi calcoli: il valore del punto percentuale viene valutato 16,5-18,6 euro. Considerando che le associazioni dei consumatori parlano di un 8-9% di carovita effettivo, questo recupero oscilla fra 140,7 e 167,4 euro. A questi va aggiunta l'inflazione futura: considerata troppo bassa quella programmata del governo all'1,4% non è irrealistico pensare ad una richiesta di 2,4 punti. Che tradotto in cifre significa altri 37-44 euro. Infine il recupero di produttività: basta aggiungere anche solo un 1% ed ecco che si arriva intorno ai 200 euro mensili di aumento. Se si usa lo stesso metro impiegato per il pubblico impiego, in questo caso l´assegno che nel primo anno dovrebbero staccare le industrie ammonterebbe a circa 4 miliardi di euro. Senza contare gli oneri aggiuntivi. La Cgil spara alto, ma anche gli altri sindacati non sono da meno. Giorgio Caprioli, segretario nazionale Fim-Cisl: «Chiederemo un adeguamento salariale superiore all'1,4% indicato nel Dpef. C'è un precedente, che risale a due anni fa, in cui l'aumento non tenne conto di quel tetto». Federmeccanica ovviamente respinge richieste di questo tipo e, per il 2003, tiene duro sull´1,4%. «Quando stipuleremo i contratti - afferma il direttore generale Roberto Biglieri - non potremo prescindere dalla cifre che l'Istat ci ha segnalato». Biglieri rileva infatti che, in base alle regole previste attualmente, «per quanto riguarda i rinnovi occorre fare riferimento al tasso d'inflazione programmata», mentre dell'inflazione reale si tiene conto "a posteriori".Federmeccanica conferma di voler rinnovare i contratti ma lancia un avvertimento chiaro: «ci sono alcuni passaggi da rispettare, a meno che tutti, comunemente, non decidiamo di cambiare le regole in vigore».
Paolo Baroni

CHIUDI