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Scuola:
i presidi bocciano l´autonomia fatta così
La Stampa – edizione di Roma –
21 settembre 2002
Non
è positivo il bilancio dell´autonomia scolastica, a
due anni dalla sua introduzione. L´istituzione
scolastica si sarebbe dovuta misurare con la propria
capacità di elaborare, gestire e valutare un proprio
personale piano di offerta formativa ma i risultati,
secondo alcuni presidi di istituti scolastici romani,
non sono soddisfacenti. La stessa funzione di
"manager" che la legge attribuisce ai capi d´istituto,
è sostanzialmente vanificata oltre che da resistenze
interne, da una burocratizzazione piramidale che non
permette innovazioni. «Nella scuola dell´autonomia -
dice Maria Matilde Filippini, dirigente del 109°
Circolo Didattico - ci sono persone che non vogliono l´innovazione,
demotivate e professionalmente poco preparate». Secondo
il dirigente dell´Istituto Magistrale statale «G.Caetani»,
Giancarlo Baiocco «l´amministrazione centrale ha
prevalentemente decentrato molti dei suoi compiti che
hanno aggravato il funzionamento amministrativo delle
scuole. E la vita dell´Istituto è ancora regolata in
modo capillare dalle circolari ministeriali». Quanto
alle possibilità lasciate alla scuola di redigere un
proprio "Piano di offerta formativa", il
giudizio di Baiocco è chiaro: «Non vi sono grandi
margini di autonomia, il contratto nazionale della
scuola indica le modalità e le fasi della stesura». Ma
che cosa vuol dire in concreto autonomia di ricerca e di
sviluppo? «Potenzialmente molto, ma il sistema scuola
è ancora rigidamente governato dall´amministrazione
centrale. Oltretutto i limitati finanziamenti hanno una
destinazione vincolata non sempre coincidente con le
reali necessità dell´Istituto. È indispensabile una
libera gestione delle risorse finanziarie». Aspetti
positivi della legge però ci sono secondo Bruno Cacco
che guida l´istituto comprensivo statale Daniele Manin:
«Maggiore responsabilità degli operatori scolastici in
merito alle scelte fatte; maggiore consapevolezza dei
genitori sulla progettualità della scuola; maggiore
attenzione al territorio ed ai suoi bisogni formativi;
maggiore senso di identità».Gli investimenti, dice
Filippini, andrebbero indirizzati verso l´aggiornamento
e la formazione professionale di tutto il personale
docente e non docente e per il controllo del prodotto
scolastico. Un vero progetto alternativo che
bisognerebbe girare al ministro dell´Istruzione affinché
ne tenga conto nell´ambito del piano di riforma della
scuola. Scuola che compie sforzi per agevolare il
processo di integrazione con altre culture di cui sono
portatori gli immigrati. Un esempio lo dà il professor
Cacco con il suo istituto nel quartiere Esquilino dove c´è
una realtà multietnica molto accentuata con una
presenza di un 30% di immigrati. Lui ha privilegiato
progetti di natura interculturale. Ci sono circa 300
immigrati su 900 allievi, e 1600 corsisti immigrati su
2400 nel Centro territoriale permanente per l´Educazione
in età adulta. Il centro, dice Cacco, è stato
istituito nell´ambito dell´attività di interazione
con le culture del mondo.
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