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LAICI E RELIGIONE
Il crocifisso non è di tutti
di
Gian Enrico Rusconi
La
Stampa - Venerdì, 20 Settembre 2002
LA questione del Crocifisso in aula è tuttaltro che
nuova. Ma ora viene politicamente rilanciata sulla base
di alcuni equivoci.
Il
primo parte dall’abuso e dalla politicizzazione della
tesi, continuamente ripetuta, delle «radici cristiane
dell’Europa». Si tratta di un’evidenza storica che
ha, tuttavia, confini cronologici remoti ed
indeterminati.
Soprattutto
pretende di fermare e fissare l’identità europea alle
soglie della modernità. Tutto ciò che viene dopo -
l’Europa laica dei diritti dell’uomo e del cittadino
- è trattato come un fenomeno irrilevante, secondario.
Addirittura
è presentato da alcuni come frutto indiretto di tali
origini cristiane. Questa posizione è sbagliata: la
laicità è costitutiva dell’identità storica
europea.
L’Europa
ha certamente radici cristiane, ma ha maturato e
sviluppato la sua identità attraverso ragioni e
comportamenti laici.
Questi
non entrano in contraddizione con le radici storiche
cristiane - anzi sono in sintonia - sintanto che il
riferimento a quelle origini non viene usato in modo
strumentale.
E’
quanto invece sta accadendo ora con l’imposizione
dall’alto del Crocifisso, che crea un altro equivoco:
il Crocifisso infatti non viene presentato come segno
specifico e positivo di fede religiosa, che
legittimamente si distingue dalle altre. Ma come un
veicolo di universalismo.
La
proposta di legge, presentata, dice che: «Il Crocifisso
è emblema di valore universale della civiltà». In
realtà questa affermazione può essere fatta soltanto
in una interpretazione tutt’interna alla nostra
cultura.
Ma
non è evidente per le altre culture. Soprattutto se e
quando viene usata per riaffermare polemicamente la
nostra differenza di cultura contro altre culture.
E
si lancia l’allarme di una incombente minaccia per la
nostra stessa identità. Nasce così una forte
contraddizione: un emblema che si vuole universalistico
viene usato come riaffermazione della propria
particolarità e differenza.
Trovo
inopportuno che questo ruolo venga affidato proprio al
Crocifisso sulla parete. Il riaprirsi di tutta la
questione è sintomo dell’esistenza di un problema di
fondo: il bisogno di una ridefinizione più netta,
solida e precisa della nostra identità collettiva
europea.
Temo
ora che inizierà una equivoca e strumentale battaglia
ideologica. L’attuale situazione giuridica delega di
fatto alle singole autorità e comunità scolastiche la
decisione se collocare o no il Crocifisso in aula.
E’
un modo ragionevole di affrontare il problema, perché
consente una discussione partecipata e quindi una
decisione condivisa negli stessi luoghi educativi.
Questo è il nostro universalismo: scambiare ragioni e
decidere insieme, anche con appartenenti ad altre
culture.
Questa
è la forza della nostra cultura, che ha radici
cristiane ma oggi ragiona laicamente (come mostrano del
resto molti cristiani).
E’
assurdo pretendere di risolvere la questione
dall’alto, con intimidazione, come vuole l’attuale
maggioranza di governo che fornisce un altro esempio di
quanto poco sia «liberale».
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