«Bambini
e ragazzi rimasti senza parole»
La
Stampa - 14 gennaio 2003
Sos del governo inglese: si esprimono sempre
di più a monosillabi Sotto accusa gli eccessi con
tv e videogames e l´indifferenza degli adulti
E´ il soggetto perfetto per un racconto «gothic»,
ideale per un esercizio di fantascienza
catastrofista: un´umanità degenerata che non
parla come comunicavano i nonni e si esprime a
monosillabi, esclamazioni, rumori, grugniti e
ininterrotti flussi di slang e parolacce. Il
soggetto l´ha confezionato Alan Wells, direttore
di una delle agenzie di Stato britanniche, la «Basic
Skills Agency», che si occupa, come suggerisce il
nome, del livello di alfabetizzazione. Bambini e
adolescenti - dice - stanno degenerando. E se non
si prendono contromisure che ne sarà di noi? «La
comunicazione intelleggibile diventa rapidamente
una rarità tra i giovani», dice Wells, facendo
capire che la situazione non è dissimile nel
resto d´Europa e negli Usa. Troppa tv, prima di
tutto. E poi eccessi solitari di videogiochi,
computer, sms. E - ancora - scarsi e aridi
contatti con genitori e adulti. Così le nuove
generazioni - spiega - flirtano pericolosamente
con il grado zero del linguaggio. E se non si
riesce a parlare - si interroga la ricerca - quali
saranno le conseguenze sulle capacità di pensiero
dei prossimi adulti? Per quelli che indulgono al
pessimismo, lo scenario del futuro è davvero «gothic».
Il patrimonio standard di un piccolo di 6 anni
dovrebbe essere di 3 mila parole, salire ad almeno
6 mila a 18 anni e crescere progressivamente,
attingendo a giacimenti straordinari, visto che
ogni lingua europea ne possiede tra le 150 e le
200 mila. Ma i numeri di Wells rivelano un calo
costante e generalizzato, tanto che molti adulti
si bloccano ormai al muro delle 4 mila e anche a
meno. Una miseria espressiva che è lo specchio -
aggiungono i linguisti consultati da Wells - della
povertà dei contenuti: quasi il 90% del tempo
dedicato a quei frammenti di interazione verbale
che una volta si sarebbero definiti conversazione
sono dedicati a claustrofobici riferimenti a se
stessi e al proprio piccolo mondo, infarciti di
ingredienti a buon mercato come sesso, tv, musica,
scherzi, battutacce. Una catastrofe, allora? Non
proprio, secondo il ricercatore dell´università
di Liverpool Robin Dunbar: il linguaggio -
sostiene - è nato tra i nostri progenitori per
ragioni squisitamente sociali, non intellettuali.
Le parole umane sono l´equivalente dei versi dei
primati con i quali si organizzano i clan e si
definiscono le strategie di gruppo. I pensieri
astratti sarebbero uno sviluppo successivo e tutto
sommato circoscritto. «E se oggi i giovani
parlano appena - conclude - forse significa che
vogliono troncare i rapporti con i clan dei grandi
e costruirne di nuovi». Il tutto con una lingua
che sta appena balbettando ed è ancora in buona
parte da inventare.
Gabriele Beccaria
LA LINGUISTA: UNA SINTASSI ELEMENTARE PER GLI
UNIVERSITARI
Questa è l´era del «niente» Corsi e test
per comunicare
DOPO anni di «attimino» e di «cioè», ecco la
resistibile ascesa del «niente». «E´ l´intercalare
oggi più usato dai ragazzi, va bene per iniziare
ogni frase e qualsiasi discorso». Lo dice
Elisabetta Soletti, docente di Storia della Lingua
all´università di Torino.
Come parlano i suoi allievi?
«Ciò che più colpisce è la loro scarsa
proprietà di linguaggio, l´estrema scheletricità
della sintassi. Il "come" viene usato
sempre, vale per tutto. E poi si nota una
crescente povertà lessicale, i giovani sanno
sempre meno coordinare e legare una frase con l´altra.
Viviamo nell´epoca dell´"esubero",
della "scuola azienda", del
"credito" e del "debito"
scolastico, delle "risorse umane"».
E´ la vittoria di slogan e formule fisse?
«Direi di sì. Assistiamo all´uso eccessivo e
incontrollato di certi termini, all´influenza del
linguaggio burocratico. I ragazzi dicono
"utilizzazione",
"realizzazione" perché ricalcano i
modelli inglesi e pensano così di esprimersi con
un linguaggio più formale, ma non è affatto
giusto».
Anche con la lingua scritta la situazione è la
stessa?
«I
problemi di padronanza dell´italiano sono tali
che in facoltà abbiamo introdotto i laboratori di
scrittura obbligatori. E i ragazzi sono contenti,
perché avvertono le loro lacune».
Quante parole ci sono nella lingua italiana? E
quante ne usiamo?
«Il dizionario Battaglia, appena terminato, ha
registrato 183 mila vocaboli. Si suppone che una
conoscenza del lessico di base si aggiri sulle 3
mila parole. Uno studente dovrebbe usarne e
padroneggiarne almeno il doppio. Invece sempre più
spesso le risposte sono tipo quiz».
E congiuntivo e condizionale stanno
scomparendo...
«Purtroppo sono modi sempre meno usati. Ma non
deve essere avvertito come un problema che toglie
il sonno solo ai grammatici e ai pedanti. E´ una
questione che dovrebbe coinvolgere innanzi tutto
noi stessi, la nostra ricchezza e la capacità di
dialogare con gli altri».
r. fio.
LA PSICOLOGA: GLI ADOLESCENTI CAMBIANO
LINGUAGGIO OGNI 5 ANNI
«Frasi
sempre più smilze e aumenta il turpiloquio»
FRASI sempre più corte e tante parolacce. Tilde
Giani Gallino, professoressa di Psicologia all´Università
di Torino, registra così il linguaggio degli
adolescenti italiani. Ma non è il caso di
scandalizzarsi. «A livello adolescenziale c´è
sempre stato un gergo indipendente, con parole che
sono diverse da quelle degli adulti e che i
ragazzi usano solo per un certo periodo. Cambiano
più o meno ogni cinque anni».
Sms e telefonini influenzano questo linguaggio?
«Certo,
i giovani italiani ancora di più degli inglesi.
Ci sono sempre più frasi principali e sempre meno
subordinate. E a volte anche il ragionamento che
sta dietro alla frase, purtroppo, sembra essere
limitato».
E le parolacce?
«In certi casi sono una sintesi di pensiero, più
che parolacce vere e proprie. Gli adolescenti
afferrano il suono della parola e determinano se
è offensiva o, in qualche modo, affettuosa».
I giovani di oggi cambieranno anche il
linguaggio degli adulti di domani?
«Si va sempre più verso un linguaggio
telegrafico. Probabilmente, nei prossimi anni il
modo di parlare nato tra i ragazzi sarà
trasformato dall´uso di telefonini, sms e e-mail.
E´ un processo in corso, ma non è giusto dare
una valutazione positiva o negativa a questo
cambiamento. Bisognerà studiare con calma le
conseguenze».
Qual è il ruolo della tv?
«Per quanto riguarda i bambini, la tv è spesso
uno stimolo ad ampliare il linguaggio. Ci sono
ragazzini che hanno imparato l´italiano grazie
alla tv più che alla famiglia. La loro capacità
di acquisizione è eccezionale».
Allora in certi casi il piccolo schermo può
essere un alleato?
«Sì, ma è fondamentale che i genitori parlino
con i bambini. Stimolarli, rispondere alle
domande, leggere libri, ampliare il discorso e
scandire le parole è necessario perché il
bambino capisca il modo di usarle».
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