Dal
1971 a oggi 34 svolte mancate
Sole 24 ore - 20 febbraio 2003
di
Nicola
D'amico
Luigi
Berlinguer riuscì nel 2000, dopo ottant'anni
dalla prima, a fare approvare una riforma della
scuola comprendente anche la scuola secondaria
superiore. La vide nascere, ma non camminare.
L'attuale ministro Moratti ha superato il primo
giro di boa e ha la probabilità di poter vedere
realizzata la sua. La storia di quella che
Giuseppe Bertagna, coautore della riforma Moratti,
ha definito "la tela di Penelope",
sarebbe lunga da raccontare per intero. Basti dire
che solo dal 1971 a oggi i ddl di legge di riforma
abortiti sono stati 34 e che ben quattro volte uno
di essi era già stato approvato da una delle due
Camere. Il primo fallimento lo registrò Guido
Gonella, nel 1951 (IV governo De Gasperi). Il suo
ddl sparì nei nebbiosi angiporti delle Camere. La
III legislatura (arrivo del Centro-sinistra) riuscì
a far passare la nuova scuola media, ma non fece
un passo oltre: falliti i due tentativi Moro
(siamo alle soglie degli anni 60) di dare un
ritocco di vernice ai licei. Nella IV legislatura
(tutta Centro-sinistra) il ministro Luigi Gui, in
sei anni e mezzo a Viale Trastevere, non poté
portare a termine il suo progetto di "scuola
politecnica" in salsa russa; di liceo
all'high school americana; di istituto magistrale
quinquennale" (basta con il "liceo dei
poveri", si diceva), come aveva già
suggerito (1939) un altro riformista mancato, il
ministro fascista Bottai. Esplose la contestazione
giovanile del Sessantotto e giù di lì, al grido
di "abbasso la scuola di classe". Come
non rispondere? 1969: riforma dell'esame di Stato,
corsi, maturità anche alle professionali, accesso
generalizzato all'università, anno integrativo
per il magistrale e altro: di tutto e di più,
tranne una riforma organica, inattuabile in tempi
di fibrillazione politica e culturale. Misasi
(fallita la sua "legge ponte", 1971),
Colombo, Sullo, Ferrari Aggradi, Commissione
Biasini: una lunga marcia di ministri eterogenei
verso una secondaria superiore
"unitaria": la fine della legislatura
giunse prima che una legge organica potesse essere
presentata alle Camere. E siamo al 1972, quando è
il Pci (opposizione) a farsi avanti con una sua
proposta di legge: altra vittima della fine
legislatura. E la "tragica serie"
continua: 1975, ci prova il governo Andreotti II
(ministro Scalfaro), proposta accantonata; ci
provano il Rumor IV e V (ministro Malfatti, l'uomo
che, però, fa passare gli "storici"
decreti delegati, con la riforma degli organi
collegiali): riforme mai iscritte a ruolo. In
quegli anni le proposte di riforma furono almeno
cinque, una per maggior partito: i testi,
unificati, furono seppelliti dalla fine della
legislatura. Nella VII (forte influenza esterna
del Pci), sono 9 le proposte di legge, più un
progetto governativo: il testo unificato passò a
Montecitorio, ma non bastarono tre anni perché lo
approvasse anche il Senato. Cala il sipario e si
riapre sulla VIII legislatura (1979-1983),
maggioranza al Centro-sinistra). Riprendere la
proposta rimasta a mezza strada? Sì, ma con tanti
"distinguo", "se" e
"ma", tanto che la riforma torna nel
cassetto. La IX legislatura si chiuderà nel 1987
con il fallimento della proposta Falcucci, già
approvata al Senato, e nella X legislatura ben
quattro nuovi disegni di legge sono nei cassetti
(non sui banchi) del Senato. L'unica riforma che
riesce a traghettare attraverso quattro
legislature è la "riforma ombra"
(praticamente per via amministrativa), del più
volte sottosegretario dc Beniamino Brocca - oggi
responsabile scuola Ccd - di cui dilagano
centinaia di "sperimentazioni" (ancora
oggi, XIV legislatura, esse coinvolgono 1 milione
e 800mila studenti).
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