Il
ruolo del capo d'istituto
di
Antonio Marro - Marina Franco - Rodolfo Rossi -
Mario Casari,
RES
22, settembre 2001
Nel gennaio
2001 si è svolta, presso la sede di Elemond, una
Tavola rotonda sul ruolo dei capi d'istituto della
scuola secondaria nell'ambito dell'autonomia.
L'incontro è stato organizzato dal professor
Francesco Sansone e vi hanno partecipato alcuni
dirigenti scolastici di scuole medie superiori di
Milano e provincia: Luciano Cosenza (Istituto
tecnico sperimentale Pasolini), Franco Bastianello
(Liceo Cremona e itcg Zappa), Maria Pia D'Angelo
(Istituto professionale per i servizi commerciali
e turistici Bertarelli), Marina Franco (Istituto
magistrale Virgilio), Italo Carlo Sassano (Liceo
scientifico Majorana), Antonio Marro (Liceo
classico Beccaria), Rodolfo Rossi (ITIS Giorgi).
È intervenuto inoltre il professor Mario Casari
(Università statale degli Studi e Università
cattolica del Sacro Cuore di Milano).
Proponiamo di seguito i contributi di alcuni
partecipanti.
Antonio Marro, Liceo classico Beccaria
Come sembra ormai riconosciuto e
condiviso, il ruolo del dirigente scolastico nella
scuola dell'autonomia dovrebbe concretizzarsi
nell'esercizio di tre funzioni guida:
-
una
funzione pedagogica che si sostanzia nella
sollecitazione del ruolo creativo della
scuola, nella promozione dei progetti e nella
facilitazione della loro realizzazione,
nell'orientamento continuo verso i valori
guida e verso le finalità collegialmente
stabilite;
-
una
funzione didattica rivolta principalmente al
sostegno della qualità dell'insegnamento,
allo sviluppo della ricerca educativa, alla
promozione di iniziative di formazione e
aggiornamento, all'attivazione di processi di
autovalutazione;
-
una
funzione partecipativa (la più delicata, in
quanto attinente alle modalità delle azioni
quotidiane del dirigente scolastico) che si
manifesta nell'esercizio del dialogo con le
componenti scolastiche, nella promozione della
condivisione degli scopi, nel confronto con il
territorio, nella relazione con le altre
amministrazioni, nella garanzia delle regole
democratiche.
Purtroppo il D.L. 59 (6 marzo 98), istitutivo
della Dirigenza Scolastica, è assai vago e
generico nell'individuazione delle responsabilità
e dei compiti del dirigente e pertanto il ruolo
del capo d'istituto, tutto da definire e
interpretare, andrà a delinearsi in conformità
al contesto che l'attuazione dell'autonomia delle
istituzioni scolastiche realizzerà.
Sarà cioè la dimensione e la qualità
dell'autonomia a determinare l'interpretazione del
ruolo del dirigente scolastico.
In un contesto caratterizzato da forte
decentramento ma in una logica statalista il
dirigente scolastico sarà "costretto" a
interpretare il ruolo del qualificato funzionario
delegato, mentre in una scuola espressione della
comunità locale sarà inevitabilmente ancorato
alla "sua" realtà con tranquillizzante
riconoscimento dal basso.
Entrambi i contesti, se esasperati, avrebbero dei
connotati fortemente negativi. Nel primo caso, la
logica statalista comporterebbe per il capo
d'istituto l'esercizio di una delega vuota, ossia
priva di poteri chiave per il buon funzionamento,
lo sviluppo e la crescita qualitativa di una
istituzione scolastica. Mi riferisco alla
possibilità di dire la propria in materia di
reclutamento, formazione e valutazione del
personale.
Nel caso del rafforzamento della logica ancorata
al territorio, sarebbe grosso il rischio di un
esercizio demagogico della leadership da parte del
dirigente scolastico, caratterizzata da eccesso di
delega, iperattivismo delle componenti e rinuncia
di fatto a qualsiasi verifica e controllo.
Nel quadro delle prospettive esposte, sarebbe
auspicabile da parte del legislatore un intervento
che delineasse chiaramente e compiutamente la
figura del dirigente scolastico in un assetto di
equilibrio tra il rispetto delle prescrittività
del centro e l'attenzione alle legittime esigenze
locali. Mi riferisco a un assetto in grado di
coniugare armonicamente le due anime, i due
aspetti qualificanti della funzione dirigenziale:
quello manageriale (buon funzionamento, efficacia
del sistema, verifica e controllo) e quello di
leadership (capacità di motivazione e
valorizzazione delle risorse umane).
È necessario però che si esca, una volta per
tutte, dall'equivoco: si chiami pure il dirigente
scolastico a rispondere dei risultati, a render
conto delle proprie azioni e dei propri
orientamenti; si pretenda giustamente da lui
capacità e competenza, ma gli si riconosca, come
accade altrove, la giusta dose di potere che gli
consenta il pieno esercizio delle tre funzioni
guida alle quali accennavo all'inizio e che
altrimenti risulterebbero parole vuote e prive di
significato.
Marina
Franco, Istituto magistrale Virgilio
Vorrei mettere in luce alcuni aspetti critici che,
secondo me, stiamo vivendo e che sono le
condizioni che vanno superate altrimenti la
cosiddetta "innovazione" non è
gestibile in senso davvero innovativo. Mi
riferisco al sistema di ripartizione delle
competenze in materia di organici e alla gestione
della flessibilità dell'orario.
Gli aspetti che ho sottolineato hanno particolare
rilievo soprattutto alla luce del più ampio
quadro nel quale essi si inseriscono, intendo dire
la realizzazione dei curricoli formativi, ossia
gli strumenti protagonisti della scuola riformata.
Infatti, nella "nuova scuola", il
curricolo non è più un dato a priori, ma diviene
il risultato della capacità progettuale delle
istituzioni scolastiche, che si esprime nella
elaborazione del Piano dell'offerta formativa.
Il Piano dell'offerta formativa trova il
necessario strumento di realizzazione
nell'organico funzionale dei docenti, al quale la
scuola autonoma deve fare riferimento al fine
della definizione di un curricolo proporzionato
alle risorse disponibili (docenti titolari e altre
professionalità).
Nell'ambito dei criteri citati, la pluralità
nella ripartizione delle competenze, tra Ministero
e Ufficio scolastico provinciale, in materia di
organici e lo sfasamento temporale, nell'arco
dell'anno, dell'assegnazione delle risorse stesse
a opera delle predette amministrazioni, non
favoriscono l'adozione di una tempestiva e chiara
attribuzione ai docenti e al personale dei compiti
relativi al Piano dell'offerta formativa. Per
esempio, il Ministero assegna gli organici annuali
e l'Ufficio scolastico provinciale i cosiddetti
organici distaccati su progetto in tempi diversi;
a questi si aggiungono, sempre in tempi diversi,
le risorse costituite dalle Funzioni Obiettivo,
elette dal Collegio dei docenti.
Dopo aver evidenziato gli aspetti problematici
emersi nel corso della concreta attuazione della
scuola dell'autonomia, mi vorrei soffermare sui
momenti e i compiti che caratterizzano
precipuamente la scuola secondaria riformata:
l'accoglienza degli studenti, l'orientamento, il
recupero, la certificazione.
Tra le funzioni indicate riveste particolare
contenuto innovativo il compito del "ri-orientamento"
degli studenti, con le metodologie e le facoltà
giuridico-amministrative attribuite alle scuole
per l'espletamento del compito stesso.
Gli istituti scolastici hanno facoltà di
stipulare accordi di cambiamento, tra docenti e
scuole, per promuovere e attuare il trasferimento
dello studente, in corso d'anno scolastico o a
conclusione del primo anno, da un indirizzo a un
altro (passaggio che viene denominato, in gergo
scolastico, "passerella"). Possono poi
avvalersi di una nuova flessibilità didattica e
organizzativa che consente allo studente di
abbandonare materie, che non più coltiverà
nell'indirizzo ove sarà ricollocato, e di
intraprendere dei recuperi sulle discipline
appartenenti al piano di studi del nuovo
indirizzo. Vengono quindi superate le rigidità
normative che disciplinavano i passaggi, e tra
esse soprattutto la previsione degli esami
integrativi per l'ammissione ad altro corso di
studi.
Altra innovazione significativa è la
certificazione che la scuola è tenuta a
rilasciare a coloro che sono prosciolti
dall'obbligo scolastico o vi hanno adempiuto senza
iscriversi alla classe successiva. Accanto al
diploma di licenza media è infatti previsto, in
armonia con l'attuazione di un sistema educativo
caratterizzato da una maggiore flessibilità del
percorso scolastico, un certificato più
corrispondente all'iter formativo e alle
competenze specificamente acquisite dallo
studente.
Rodolfo
Rossi, ITIS Giorgi
Passando all'esame di alcuni aspetti critici dei
risultati del processo di attuazione
dell'autonomia scolastica, propongo alcune
riflessioni sulla possibilità che possano
verificarsi disuguaglianze tra scuole, con
riferimento ai contenuti e alle modalità
dell'offerta formativa, alla qualità e alla
varietà dei servizi, all'impiego delle risorse,
al reperimento di sostegni finanziari presso enti
locali.
Il tema si inserisce nel più ampio dibattito
sulla garanzia della pari opportunità educativa,
sull'effettività del diritto allo studio, sul
conseguimento, mediante il riconoscimento di
uguali possibilità formative, della stessa
pienezza dell'istruzione.
Facendo una digressione sul sistema scolastico
degli Stati Uniti, si può notare che lo stesso
Bush ha riconosciuto la necessità di aiuti alle
scuole pubbliche, ai suoi docenti, alla battaglia
contro l'analfabetismo e per la tolleranza zero
contro gli episodi di violenza interni alle
scuole, pur ribadendo il principio del buono
scuola. Ha nominato un ministro delle minoranze
(un nero). E ha posto problemi seri di omogeneità
e certificazione tra i diversi distretti
scolastici.
Guardando all'Italia, esprimo due precipue
valutazioni introduttive: in primo luogo, la
questione delle disparità "strutturali"
nel sistema educativo appare aspetto di difficile
soluzione. Le differenze tra utenti e docenti di
una scuola di base della periferia di Milano e un
liceo del centro non sono eliminabili. Così pure,
schematizzando, diversi sono i livelli educativi
degli studi liceali, tecnici, professionali,
atteso che diversa è l'utenza e la docenza che si
rivolge e si colloca nell'ambito dei predetti
indirizzi. Non si verificano, comunque, in modo
così automatico e frequente, differenze di
livello tra docenti in ragione dell'appartenenza a
licei, piuttosto che a istituti tecnici e
professionali. Tale processo spontaneo può essere
parzialmente sanato pagando di più i docenti che
lavorano sulle utenze deboli, le più difficili.
La recente direttiva ARAN del Contratto dei
Dirigenti Scolastici, con la paga di posto assieme
a quella base e di risultato, risulta molto
impegnativa (valutare le singole sedi scolastiche
non sarà facile) e sembra andare in questa
direzione.
In secondo luogo, manifesto sfiducia verso i
processi di riforma affidati alle sperimentazioni
locali, dirette a potenziare il successo della
educazione scolastica. Autonomia ed esigenze
locali presuppongono un centro autorevole e con
forti capacità di indirizzo.
L'effettività e la parità dell'istruzione sono
infatti materie che devono essere trattate in via
istituzionale, con spirito di uniformità e
organicità, su tutto il territorio nazionale,
definendo standard, certificazioni e valutazioni
rigorose, avendo riguardo all'analisi di precise
problematiche, tra le quali:
-
la
politica di concorrenza tra scuole (solo in
parte sanabile con la diffusione delle reti);
-
la
questione dell'emarginazione territoriale,
economica e sociale, di alcune scuole;
-
il tema
del reperimento delle risorse e della garanzia
di una distribuzione uniforme delle stesse tra
le istituzioni scolastiche
Evidenziate
le problematiche connesse alla pari opportunità
scolastica, concludo facendo notare la necessità
di avviare una valutazione istituzionale e
concreta sulle reali situazioni delle singole
scuole, onde verificare i primi esiti della
riforma e individuare eventuali correttivi idonei
a garantire l'uguaglianza formativa delle scuole.
Siamo, come negli Stati Uniti e in Europa, di
fronte a una nuova centralità della scuola, come
la grande formatrice di risorse umane.
Mario
Casari, Università degli Studi e Università
del Sacro Cuore
Vorrei porre al vaglio della vostra critica una
proposta complessiva di offerta formativa, in
parte già applicata in parecchie scuole italiane.
Molte cose sono state dette, per esempio la
necessità di assecondare e orientare
l'inclinazione degli studenti, di metterli al
centro dell'attenzione della didattica secondo lo
spirito della riforma.
Sul versante del mercato del lavoro, l'istituzione
scolastica deve prendere coscienza con prontezza
delle trasformazioni epocali, denominate
postfordismo o new economy, caratterizzate da una
società della conoscenza, da reti internazionali,
dalla comunicazione elettronica e dal lavoro
intellettuale.
In questa situazione sia i singoli individui sia i
diversi territori sono costretti, per darsi
un'identità autonoma e competitiva a livello
mondiale, a qualificarsi in maniera originale e
con livelli di eccellenza qualitativa.
La scuola da tempo non è più centrale nella
società, ma lo deve ridiventare suo malgrado. La
sua posizione di agenzia di servizi culturali
integrati al territorio la ricolloca in una
posizione importante solo se si dimostrerà in
grado di anticipare le scelte del territorio
stesso. Dovrà avere una propria progettualità,
capire quali sono le tendenze, oppure si troverà
invischiata in mille problemi causati dal disagio.
L'unico modo per la scuola di essere un nodo
vitale nella rete di comunicazione che forma il
territorio moderno è scegliere decisamente le
sorti della new economy. Si tratta di una strada
con molti rischi, ma anche molte possibilità,
poiché essa è fondamentalmente il risultato di
un conflitto tra una tendenza alla mercificazione
globalizzante e una controtendenza mirante alla
valorizzazione culturale che nasce dalla storia
locale. La prima crea benessere economico, anche
se non universale, la seconda profondi legami
sociali, anche se non sempre solidali e
democratici.
In ogni modo, sul versante didattico, i giovani
apprendono meglio se la loro educazione è fondata
sull'esperienza e direttamente legata al quartiere
e alla comunità in cui vivono.
Le reti passano anche attraverso di noi, creano
personalità nuove, contraddittorie, le cui
caratteristiche sono l'individualismo e il
cosmopolitismo, la creatività e la competenza
politecnica, l'autonomia e la connessione. I
valori dominanti vanno tendenzialmente a
inquadrarsi nella realizzazione di sé, nella
solidarietà, nel migliorare l'ambiente.
Da quando la scuola dell'autonomia si configura
come un'agenzia di servizi culturali del
territorio, si delinea in modo sempre più
impellente una figura di docente competente anche
delle problematiche del territorio e capace di
utilizzare le nuove tecnologie, per poter avere
un'offerta formativa adeguata.
Per questo si delinea una scuola non solo
trasmettitrice di un sapere coltivato altrove, ma
capace di produrre in proprio, che riesca a
svolgere una funzione anche di ricerca e di
conoscenza dei bisogni del territorio.
La proposta di offerta formativa integrata
considera il concetto di orientamento come un
unico blocco tematico che ha due aspetti.
Il primo, interno, rivolto all'affermazione di sé,
prevede la creazione di centri di ascolto, il
coordinamento di attività tutoria con l'utilizzo
di metodologie didattiche per facilitare
l'apprendimento e per rafforzare le motivazioni
dello studente: metodo Delphi, peer teaching,
didattica breve, tecniche di memorizzazione;
elaborazione di progetti di salute e ambiente.
Il secondo, rivolto verso l'esterno alla ricerca
delle opportunità offerte dall'ambiente sociale,
considera l'adozione di strumenti diretti a
ricercare, raccogliere e qualificare dati precisi
e veritieri sulla realtà economica del territorio
(quali: l'analisi della dispersione scolastica,
del bacino d'utenza delle scuole, delle strategie
di intervento dell'offerta formativa e di
accoglienza; nonché la realizzazione di progetti
sulla qualità della vita nella scuola e nel
territorio; l'esame delle trasformazioni
economico-sociali del territorio in relazione al
fabbisogno di nuove figure professionali legate
alla new economy).
Tutto ciò esiste già, ma in modo frammentato,
sporadico, dal risultato incerto e necessita di
essere trasformato in una capacità complessiva di
ricerca e di progettazione di profili individuali
attraverso l'analisi sistematica. Analisi del
territorio, soprattutto grazie all'utilizzo di
nuove tecnologie, come per esempio Internet e i
Sistemi Informativi Geografici (GIS), da
intendersi sia come strumenti didattici e
organizzativi dell'ambiente-scuola sia come
competenze da acquisire e da spendere nel mondo
del lavoro e nella vita.
Si offre così la possibilità di implementare
nella scuola una capacità di fare ricerca sul
territorio e sulle persone legata soprattutto
all'apporto delle nuove tecnologie, in modo da
poter mettere a fuoco un'offerta formativa che sia
in sintonia e che anticipi certe tendenze.
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