Devolution,
Bossi attacca Ciampi
Il
monito del Presidente: "Lo Stato è decisivo
sulla scuola"
Gelo con il Colle, poi il premier Fini e Tremonti
concordano una correzione di rotta del Carroccio
Il presidente della Repubblica frena ancora sulla
riforma: "Non tutte le risorse si trovano in
ambito locale"
La
Repubblica - 4 dicembre 2002
DAL
NOSTRO INVIATO GIORGIO BATTISTINI
SIENA - La scuola non si spezza. Non è consentito
frantumarla. Il Quirinale frena gli eccessi
leghisti che sembrano tener prigioniera la
maggioranza. Ci sono strutture e istituzioni che
non si decentrano. Non tutto si può devolvere,
sottraendolo a Roma per affidarlo alle piccole
capitali periferiche dell´Italia federale. L´istruzione,
appunto. Il cui coordinamento deve restare, al di
là d´ogni dubbio, «punto centrale della vita
dello Stato, attuato e diversificato nelle varie
realtà delle diverse aree del Paese». Vale a
dire scuola governata dal centro, sebbene più
rispettosa delle autonomie locali.
Ma lo stop del Quirinale scatena la reazione dura
di Umberto Bossi. «Queste sono interferenze sul
parlamento» accusa il leader leghista. Uno
"strappo" con Ciampi di portata
potenzialmente gravissima. Per ricucirlo subito,
dal vertice di maggioranza convocato ieri sera per
discutere di Fiat è uscita l´idea di un
comunicato "interpretativo" di
Berlusconi. E sono stati attivati contatti per
rassicurare il Quirinale.
Ciampi era tornato sulla devoluzione dodici ore
dopo aver ricordato, da Siena, che molti campi
ancora «richiedono adeguati interventi e risorse
dello Stato centrale». Interrogato dai
giornalisti, il presidente ha ancora qualcosa da
dire. Nessun dubbio che il coordinamento centrale
della scuola (in antitesi alle desi devoluzioniste)
è «punto centrale nella vita dello Stato». E
subito aggiunge: «Ma questo è un punto sul
quale, credo, c´è consenso generale» (fuori dal
Parlamento). Il fatto è che «non tutte le
risorse necessarie possono essere trovate in
ambito locale».E l´intervento dello Stato
centrale (espressione desueta fino a qualche tempo
fa) può rivelarsi «indispensabile per l´ammodernamento
delle strutture scolastiche come pure per il
potenziamento degli istituti universitarie e dei
centri di ricerca».
Da una sede neutrale, l´Università di Siena, il
capo dello Stato non perde occasione per esternare
i suoi timori sui rischi della devoluzione. Punto
di riferimento indisponibile resta l´unità
nazionale, che non può essere messa a repentaglio
da ansie separatiste. Unità che secondo Ciampi
deve accompagnarsi in parallelo al «regionalismo
solidale». Formula che fa un passo indietro
lessicale rispetto al federalismo (già legge
dello Stato) per dare più visibilità al vincolo
di solidarietà. L´esatto opposto di chi sogna un´Italia
ricca senza vincoli di sostegno per le regioni
povere.
Dunque la scuola non deve rischiare di spezzarsi.
L´università, spiega Ciampi, «è il motore
dello sviluppo sociale ed economico del Paese. Non
può restare isolata dalla società, nella quale
anzi va inserita più profondamente». Ed è
perfino evidente che l´esempio universitario è
paradigma dell´intero mondo della cultura, nei
suoi riflessi scolastici. «Oggi l´università
assolve agli stessi compiti che aveva nel
Medioevo, quando formava le élite in tempi molto
lenti. Quei tempi si son fatti molto rapidi. E
dunque l´istruzione riveste oggi una funzione
sociale di grande importanza per trasferire
immediatamente l´avanzamento del sapere alla
realtà sociale». Nulla meglio dell´università,
della cultura organizzata, per «tener viva la
memoria del passato, definire meglio l´identità
comune, consegnando ai più giovani un patrimonio
collettivo di etica e conoscenza».
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