Tilde Giani Gallino: gli studenti
capiscono che insegnare è un mestiere di serie b
"Un rischio c´è, la cultura così ha
meno appeal"
L´INTERVISTA - La Repubblica - 18 febbraio 2003
"Tra
l´altro, l´insegnamento è vissuto come un
ripiego"
Maria
Stella CONTE
ROMA -
Professoressa Tilde Giani Gallino, lei è docente
di Psicologia dello Sviluppo all´università di
Torino: è d´accordo con la parlamentare
leghista? Troppe donne insegnanti, possono davvero
costituire un "handicap nei processi
educativi e di maturazione degli
adolescenti"?
«In verità è una cosa che gli psicologi vanno
ripetendo da almeno 25-30 anni. La scuola è
andata via via matriarcalizzandosi e questo, per i
ragazzi, significa non trovare figure maschili di
riferimento. Inoltre, l´assenza di modello
culturale fa sì che gli studenti, a loro volta,
non sceglieranno come meta professionale l´insegnamento
che viene vissuto come un ripiego: socialmente
poco gratificante, economicamente mal retribuito,
e purtuttavia impegnativo. Una roba da donne
insomma...».
Né, ci dicono gli ultimi studi sulla famiglia,
questa latitanza del genere maschile viene
compensata dall´immagine paterna...
«No. Perché in casa, ancora una volta, la figura
femminile, è preponderante: l´uomo come modello
di crescita visto da vicino, vissuto giorno per
giorno, a tu per tu, è invisibile, o assai poco
concreto. Così, le figure di riferimento per gli
adolescenti sono o gli altri adolescenti, magari
di poco più grandi; o i personaggi televisivi, o
dei fumetti... figure completamente fuori dalla
portata reale».
Detto questo, ritiene possibile, come auspicato
dalla leghista Bianchi Clerici, "studiare
forme di incentivi costituzionalmente
compatibili" per sollecitare gli uomini a
salire in cattedra?
«Immagino che non sia una battuta, anche se ne ha
tutto il sapore. Comunque no. Anzi, sì. Forse se
si triplicassero gli stipendi; o, meglio ancora,
se si desse ai professori lo stesso stipendio di
un deputato, penso che gli uomini andrebbero di
corsa ad insegnare...».
Lei ritiene che un corpo docente prevalentemente
femminile possa essere una "trappola"
anche per le ragazze?
«Sì, perché le adolescenti recepiscono modelli
adulti sostanzialmente di due generi: o fai la
velina, tanto per dire; o fai la madre; ben
sapendo che la professoressa sta lì perché non c´è
nessun uomo interessato a quel posto; e se nessun
uomo è interessato a quel posto vuol dire che è
un posto di second´ordine; poichè noi sappiamo -
e loro sanno - che ovunque ci siano posizioni di
potere, prestigio, peso, lì ci sono gli uomini.
Ne consegue che dove c´è una preponderanza
femminile, c´è un posto di serie b, lo scarto
del genere maschile».
Oggi ci sono anche donne, però, che hanno ruoli
di grande prestigio professionale...
«Sì, certamente. Ma sono mosche bianche. Basti
guardare i vertici di qualsiasi attività e
professione, compresa la sua. Dunque, resta il
fatto che se una ragazza non sente di essere nata
per fare la mosca bianca, se non sente di avere
quella spinta speciale che la farà lottare con
tutte le proprie forze per ottenere quel
determinato risultato, quella ragazza acquisirà l´idea
che quello che potrà fare nella vita è, ad
esempio, l´insegnante, una professione di secondo
piano, un ripiego. Le cose sarebbero ben diverse,
naturalmente, se ci fosse una più equa presenza
dei due sessi nel corpo docente».
Ma dal punto di vista del sapere, c´è una
differenza di genere nella sua trasmissione? L´istruzione
scolastica è diversa se il passaggio agli
studenti arriva da un insegnante uomo o da un´insegnante
donna?
«Se gli studenti hanno alle spalle una famiglia
che li segue, che contribuisce alla sua formazione
culturale, no: in sé, l´istruzione è di genere
neutro. Ma se il ragazzo non ha alle spalle un
nucleo in grado di seguirlo, allora il rischio è
che avrà scarso amore per la cultura; tenderà a
dargli meno significato, meno valore, proprio
perché - per tutto quello abbiamo detto fin qui -
essa gli viene offerta solo per mano femminile:
dunque, ai suoi occhi, sarà un sapere privo di
quella capacità seduttiva, di quell´appeal, di
quel richiamo che pure potrebbe avere se ad
insegnare fosse un uomo che ci crede e ama davvero
quello che fa».
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