Nuga dolens: non ci resta che piangere
Nuga
n. 90 del 16 maggio 2003
Questa
non è una nuga come le altre. Le nugae
cercano di colpire il bersaglio delle tante
stupidità/assurdità/irrazionalità che
costellano la cronaca quotidiana della politica
scolastica. E lo fanno in modo leggero, con il
sorriso sulle labbra. Questa è, invece, una nuga
dolente perché in questi giorni non abbiamo alcun
motivo per sorridere.
Ci
rendiamo sempre più conto, infatti, che le due
rivendicazioni fondamentali e storiche dei
dirigenti scolastici, l'Autonomia e la Dirigenza,
una volta conseguite si sono rivelate e si
rivelano per molti aspetti un bluff. Anzi, diciamo
pure una fregatura, visto che sono e saranno a
nostro prevalente carico (da soma).
L'autonomia,
priva di risorse, rimane poco più che una virtualità
ed è come un neonato fragile ed indifeso che
rischia di morire nella culla. E sono vistose e
inoppugnabili, a questo riguardo, le
responsabilità dell'Esecutivo e
dell'Amministrazione.
La
dirigenza, per ora, si è rivelata più un guscio
vuoto che un istituto giuridico sostanziale,
cioè dotato di poteri autorevoli e coerenti con
il profilo professionale. E la sigla odierna del
contratto scuola ci conferma una volta di più -
se ce ne fosse bisogno - sulle responsabilità dei
sindacati dei docenti che hanno operato e operano
per tentare di dimezzare i dirigenti. Nel 2001
hanno operato con successo per impedire
l'allineamento retributivo con gli altri dirigenti
pubblici (lasciandoci a metà del dovuto). Nel
2003 hanno contrastato con successo, purtroppo,
l'intenzione dell'ARAN di arricchire e potenziare
gli strumenti organizzativi e gestionali del
dirigente e di assegnargli facoltà più forti e
funzionali di designazione dei collaboratori e del
vicario.
L'autonomia
virtuale e la dirigenza svuotata rappresentano
danni incalcolabili per la povera scuola italiana.
E noi dirigenti siamo destinati e rassegnati a
sopportarne il peso maggiore. Dirigenti con pochi
soldi e pochi poteri. Dirigenti a metà.
Questa
è una nuga dolente. Non c'è proprio nulla su cui
sorridere. Anzi, non ci resta che piangere.
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