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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il primo CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

NEWS 

Sondaggio, il 57% dei prof vorrebbe cambiare “mestiere”

Il Messaggero – 7 settembre 2002


ROMA - Saranno belle le lunghe ferie estive e anche l'orario «corto», ma gli stipendi sono esigui e un intero anno trascorso a fronteggiare alunni indisciplinati è cosa che mette a dura prova il sistema nervoso. Così gli insegnanti italiani sognano la grande fuga. A rivelarlo è una ricerca condotta dall'Osservatorio sui diritti dei minori, che ha intervistato 3.000 insegnanti equamente divisi fra maschi e femmine. Il 57% avrebbe voglia di cambiare mestiere, ma è alta anche la percentuale, 34%, di chi volentieri si sostituirebbe al ministro per un anno. Nessuno, ma proprio nessuno, lascerebbe le cose come stanno e si terrebbe, senza modifiche, il mestiere che ha. Perchè tanta disaffezione? Il 39% di avere perso autorevolezza, il 31% ritiene che le continue riforme siano destabilizzanti e un 22% parla di «troppa confusione».
La responsabilità è in prima battuta della politica: così la pensa il 67% degli insegnanti. Meno responsabili i rappresentanti sindacali (11%) e la categoria che non ha saputo imporsi (10%). Meno della metà degli intervistati dell'attuale compagine scolastica salverebbe gli alunni (43%), ma è notevole anche la percentuale (30%) di chi non salverebbe proprio niente e anche di coloro che «non sanno cosa dire» (27%). «Una sintomatologia preoccupante - secondo il presidente dell'Osservatorio Antonio Marziale - La scuola dà segni di stanchezza in un'epoca che vede una ascesa senza precedenti della devianza minorile e ciò è grave. L'istituzione scolastica più della famiglia dovrebbe fungere da formatore di una coscienza psicosociale equilibrata e sana e invece tocca fare i conti con insegnanti con la testa altrove. E le donne più ancora degli uomini».

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