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«Dirigenti,
Frattini sarà sommerso dai ricorsi»
L’ex
ministro replica alle polemiche sullo “spoils
system” da lui introdotto nel ’98. «Bisognava
rendere più efficiente la burocrazia»
Il
Messaggero - 4 novembre 2002
Bassanini:
il centrodestra si è fatto una legge per mettere le
mani sull’amministrazione
di PIETRO PIOVANI
ROMA — «Io voglio chiedere a De Rita, a Sabino
Cassese e a tutti coloro che criticano la riforma della
dirigenza fatta dal centrosinistra: era meglio prima?
Vogliamo tornare al regime precedente, quando il
dirigente ministeriale era di fatto inamovibile?
Preferiamo la vecchia pubblica amministrazione italiana,
che considerava i cittadini come sudditi da vessare e
non come clienti da soddisfare?» Franco Bassanini, il
padre delle riforme dello Stato compiute nella passata
legislatura, difende la sua legge sullo spoils system
della dirigenza. E attacca la legge del suo successore
Franco Frattini, che «porterà inevitabilmente molti
dirigenti a rivolgersi alla Corte costituzionale».
Dopo la sua riforma, fare il dirigente pubblico è
diventato un mestiere molto instabile. Non si è un
po’ pentito di aver precarizzato il lavoro dei
capiufficio nello Stato?
«Per capire cosa è successo, bisogna ripensare ai
primi anni novanta. Quando la pubblica amministrazione
italiana era quella descritta, in modo sconsolato, dal
rapporto Giannini: una palla al piede per l’intero
paese».
Le cose sono cambiate?
«Il processo di riforma in parte si deve ancora
realizzare. Ma la faccia della pubblica amministrazione
italiana è cambiata e certo non in peggio. All’estero
se ne sono accorti, la riforma dell’amministrazione
italiana è considerata un caso di successo»
All’estero. E gli italiani se ne sono accorti?
«Bisognerebbe chiedere alla gente se vuole tornare alla
burocrazia asfissiante di un tempo, ai 70 milioni di
certificati anziché all’autocertificazione».
Che
c’entra con la rimozione dei dirigenti?
«Se vogliamo un’amministrazione che si misura sui
risultati, sulla qualità dei servizi offerti ai
cittadini, allora il rapporto di lavoro della dirigenza
deve essere coerente con questo disegno. Il dirigente
inamovibile apparteneva a un mondo in cui la qualità
delle prestazioni fornite ai cittadini non era
rilevante. Senza contare che, prima della riforma del
’97, l’alta dirigenza era regolata da un regime del
tutto contraddittorio. Da una parte c’erano i
prefetti, gli ambasciatori, i generali delle forze
armate: per questi la precarietà era totale, il
Consiglio dei ministri poteva rimuoverli in qualsiasi
momento. Poi c’erano i capi dipartimento della
Presidenza del Consiglio: ogni nuovo governo poteva
sostituirli. Infine c’erano i capi dipartimento e i
direttori generali di tutti gli altri ministeri: per
loro vigeva una sostanziale inamovibilità. E ricordo
che questi dirigenti potevano anche essere assunti senza
concorso, bastava che ci fosse un posto vacante in
organico: si assumeva un amico del ministro e il posto
era suo a vita. Ecco il vecchio sistema che oggi
difendono De Rita e Cassese e che lo stesso Frattini fa
capire di rimpiangere».
E per migliorare il sistema serviva proprio lo spoils
system?
«Non abbiamo introdotto un vero spoils system. Avremmo
potuto decidere di estendere a tutti i dirigenti la
stessa regola dei prefetti e degli ambasciatori: il
governo li solleva dall’incarico quando lo ritiene
opportuno. Ma questa riforma avrebbe violato un
principio costituzionale: quello dell’imparzialità
dell’amministrazione».
La vostra legge non ha violato questo principio?
«Non lo dico io, l’ha detto la Corte costituzionale.
Garantire l’imparzialità del dirigente non significa
garantire la sua inamovibilità. Significa che il
dirigente deve essere valutato sulla base dei suoi
risultati e non della sua fedeltà politica. Perciò
abbiamo stabilito per i dirigenti generali un rapporto
contrattuale, simile a quello dei manager nelle aziende
private. C’è un contratto che regola il rapporto di
lavoro, il ministro può chiedere al dirigente solo
quello che è previsto dal contratto. L’incarico è a
termine e alla sua scadenza il dirigente sarà valutato
per quello che ha fatto. Questo meccanismo non può
certo essere definito uno spoils system. Lo dimostra il
fatto che per mettere le mani sull’amministrazione il
centrodestra ha dovuto farsi una nuova legge».
Frattini
dice: ho dovuto fare una legge perché il centrosinistra
con la sua riforma aveva piazzato i suoi dirigenti e li
aveva blindati con incarichi lunghissimi.
«Questa è una balla. La stragrande maggioranza dei
dirigenti ha avuto incarichi di tre, quattro o cinque
anni. Seguendo la mia legge, il governo avrebbe potuto
sostituirli già il prossimo anno o fra due anni, se si
fosse dimostrato che i risultati attesi non sono stati
raggiunti».
Però voi non avete lasciato in eredità un meccanismo
di valutazione dei risultati. La decisione di rimuovere
o no un dirigente può essere presa, al momento, solo
con criteri arbitrari.
«E’ vero, gli organi di “controllo interno"
sono stati istituiti in ritardo da molte
amministrazioni. E una volta istituiti, non tutti
funzionano bene. Ma anche dove funzionano male, il
dirigente ha un’altra garanzia. Quella del contratto
collettivo, che dà al dirigente il diritto di vedersi
contestare gli eventuali addebiti e di poter replicare.
Un passaggio che la legge Frattini ha completamente
cancellato, risolvendo i contratti ope legis e senza
neppure una riga di motivazione».
Bassanini, faccia un bilancio: secondo lei le sue
riforme sono servite a migliorare la qualità
professionale dei dirigenti e in generale dei dipendenti
pubblici?
«I miglioramenti ci sono stati, ma a pelle di leopardo.
La nostra amministrazione può vantare esempi di
eccellenza ma anche sacche di inefficienza. Avremmo
potuto fare di più, ma purtroppo ci siamo trovati a
fare le riforme nella stagione in cui lo Stato doveva
risanare il suo bilancio».
Sono mancati i soldi?
«Abbiamo dovuto fare le nozze con i fichi secchi. Per
migliorare il tessuto professionale delle
amministrazioni sarebbe servita, fra l’altro, un po’
di gente nuova. Invece noi abbiamo potuto fare
assunzioni con il contagocce. Devo dire che
nell’ultima Finanziaria del centrosinistra, quando ci
trovammo 41 mila miliardi di lire di bonus fiscale da
utilizzare, si sprecò un’occasione. Si sarebbe potuta
utilizzare una piccola parte di quei soldi per investire
sulla qualità della pubblica amministrazione: il
contratto della scuola, quello della sicurezza. E poi la
ricerca, l’informatizzazione degli uffici. Invece si
è scelto di puntare tutto sulla riduzione della
pressione fiscale. Ma le elezioni in Svezia e Germania
hanno dimostrato che gli elettori non chiedono solo meno
tasse, chiedono anche servizi migliori».
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