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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il primo CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

 

UDITE, UDITE… UN DIRIGENTE SCOLASTICO

VALE LA META’ DI UN PORTABORSE!

Editoriale n. 50 del 22 luglio 2002

di Paolo Quintavalla

Stavo pigramente sdraiato sotto l’ombrellone, sfogliando in modo distratto il quotidiano, impegnato in un apatico slalom mentale tra le solite notizie estive: le code chilometriche delle auto, i consigli per la tintarella, gli incendi boschivi, la siccità, l’inquinamento delle spiagge, le allegre feste mondane dei vip ecc. ecc. Confesso che ho faticato un po’ a valutare la portata della notizia, confinata com’era in un piccolo trafiletto di una pagina interna: “Aumentati gli stipendi dei portaborse”. In breve: il Parlamento con una leggina, piratesca come quella recente che eroga 250 miliardi di vecchie lire annue di finanziamento pubblico ai partiti, ha arricchito i già consistenti compensi assegnati ai segretari dei deputati e dei senatori dai precedenti 4000 euro agli attuali 4600 euro mensili.

Prendiamo atto che quest’ultima misura equivale esattamente al doppio della retribuzione di un dirigente scolastico di media anzianità, sia pure dopo gli aumenti del primo contratto da poco siglato.

Prendiamo atto che l’aumento di 600 euro, concesso ai segretari degli onorevoli senza mediazioni sindacali, supera la misura più modesta degli aumenti retributivi alla fine riconosciuti alla nostra categoria, dopo due decenni di storiche rivendicazioni, dopo il riconoscimento giuridico della dirigenza e, soprattutto, dopo le lunghe ed estenuanti trattative del primo contratto.

Prendiamo atto, purtroppo, che nell’attuale mercato pubblico dei valori professionali un dirigente scolastico vale la metà di un portaborse! Con la differenza, inoltre, che il primo ha superato concorsi selettivi, svolge una funzione sociale di grande responsabilità e risponde dei risultati di fronte all'Amministrazione e ad un’intera comunità scolastica mentre il secondo è assunto per chiamata diretta e per cooptazione, risponde soltanto al suo atipico “datore di lavoro” politico ed accelera a dismisura la propria carriera sul piano economico. Si pensi, ad esempio, al caso di un/una docente (potrebbe essere , parente, moglie, amante o soltanto amico/a dell’onorevole Tal dei Tali) distaccato/a dall’insegnamento e nominato/a assistente parlamentare. Triplica o quadruplica in un solo colpo la sua retribuzione ordinaria e raddoppia, al confronto, quella del suo dirigente scolastico.

Lontano da me anche solo l’idea di nutrire personalmente oppure di contribuire ad alimentare una qualche invidia retributiva fra le categorie. Ciò che non è accettabile è la sfrontata ostentazione di un privilegio palesemente assurdo anche e, soprattutto, se si confronta con un diritto incontestabile che, invece, non viene riconosciuto. Come nel caso dell’allineamento retributivo con le altre dirigenze, promesso ai dirigenti scolastici da due Governi, scritto solennemente in tre Atti di indirizzo e che, nonostante ciò, sembra ancora lontano dal realizzarsi.

In proposito inquieta il silenzio che circonda l’intera vicenda e l’atteggiamento reticente del Governo. L’ANP e i sindacati confederali, uniti una volta tanto, sia pure tatticamente, hanno chiesto, come è noto, in due diversi documenti che fossero inseriti nel DPEF precisi impegni in merito alle risorse da  stanziare per conseguire quell’obiettivo fondamentale. Quel documento di Programmazione Economica e Finanziaria fondamentale è stato recentemente approvato ma non reca alcun cenno al nostro diritto di base. Lo ignora totalmente e questa rimozione non può essere casuale se si tengono presenti, contestualmente, i continui appelli al contenimento della spesa pubblica e la riproposizione della dottrina delle compatibilità economiche avanzati da autorevoli membri dell’Esecutivo.

Raccontano le cronache che durante l’incontro del 23 luglio 2002 con i Sindacati il ministro Moratti, per quanto esplicitamente interrogata sulle intenzioni del Governo sul rinnovo contrattuale del biennio economico 2002/2003 per la dirigenza dell’Area V, non abbia sprecato una sola parola né anticipato alcun orientamento in proposito. Questo comportamento risulta tanto più improntato ad incomprensibile reticenza se si ricordano, al contrario, le anticipazioni del “Sole 24 Ore” di un anno fa, poi non avverate, sulla presunta volontà ministeriale di tener fede alle promesse della coalizione governativa espresse durante la campagna elettorale.

Questo significa che, ancora una volta, la nostra categoria sarà sacrificata, accampando l’alibi del dissesto dei conti pubblici? Detto in altri termini, più brutali e volgari, ciò prelude ad una nuova fregatura? Questo significa che  il nostro buon diritto non sarà, ancora una volta, riconosciuto e che dovremo rimanere indefinitamente nell’attuale frustrante condizione da serie C della dirigenza pubblica?

Il ministro dell’Economia Tremonti, tanto per smorzare gli appetiti e i facili entusiasmi, ha ripetutamente affermato in modo colorito che “non c’è trippa per gatti!”. Ci permettiamo di osservare che il principio del rigore e della moderazione non può essere a senso unico e, se proprio deve valere, deve valere per tutti, a partire dai partiti (250 miliardi di vecchie lire all’anno), dai parlamentari (18 milioni di lire al mese) e, non ultimo, dai “portaborse” (9 milioni di lire al mese).

Ora i dirigenti scolastici sono avvertiti. Se vogliono moltiplicare per quattro i loro stipendi basta che avanzino la loro candidatura alle prossime elezioni politiche (impegnandosi per vincerle, naturalmente). Ma se si accontentano di moltiplicarli per due basta che rivolgano istanza per diventare segretari di qualche parlamentare. Se invece, come presumo, vogliono continuare a svolgere il loro servizio qualificato a capo delle rispettive comunità scolastiche, devono semplicemente rivendicare il pieno riconoscimento sociale (e, contestualmente economico) del loro ruolo.

Ma saranno i dirigenti scolastici italiani consapevoli del loro buon diritto e, soprattutto, saranno disposti ad intraprendere  con fermezza tutte quelle azioni positive che potranno contribuire ad affermarlo senza incertezze di fronte all’opinione pubblica, nell’ipotesi verosimile che ancora una volta il Governo non tenga fede ai suoi impegni e alle sue promesse?

Comunque sia ora l’intera partita si sposta nel prossimo autunno e si gioca in sede di definizione della Finanziaria 2003. Sarebbe chiedere troppo se si mettessero in cantiere forme diffuse di legittima quanto vigorosa protesta e di giusta pressione nell’ipotesi che, anche in questo caso, le promesse continuino ad essere tradite e gli impegni violati?

Non è forse vero che siamo ancora in credito?

Che cosa ne pensano i lettori (diretti interessati)?

 

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