UNA SCELTA GIUSTA E RISPOSTE SBAGLIATE

 

Editoriale n. 33 del 15 settembre 2001

 

di Paolo Quintavalla

 

 

Quest’anno è accaduto e sta accadendo una specie di miracolo: in quasi tutte le scuole italiane il primo giorno delle lezioni saliranno in cattedra docenti aventi titolo alla permanenza per l’intero anno. Non ci saranno più i vuoti in organico e i balletti dei supplenti che si alternavano nelle classi fino a Natale e anche oltre, con l’immancabile corollario del caos organizzativo e delle proteste, rassegnate ed impotenti, dei genitori.

A memoria d’uomo è la prima volta che accade che ad inizio d’anno sostanzialmente tutti gli insegnanti siano al loro posto. Io, almeno, lavoro nella scuola da trenta anni e ricordo le  promesse di regolare avvio reiterate ogni anno e sistematicamente mancate da Esecutivi distratti o inerti in questo settore. Eppure si trattava di una delle attese più vive e diffuse nell’opinione pubblica la cui frustrazione ha contribuito al diffondersi di un giudizio negativo nei confronti della scuola pubblica. Ora registro con soddisfazione, insieme con gli utenti del servizio scolastico, che è stato possibile trovare la soluzione a questo annoso, intollerabile e sentito problema. Oltre 60 mila docenti sono stati immessi in ruolo entro la fine di agosto presso gli Uffici Scolastici provinciali ed altri 80 mila hanno stipulato o stanno stipulando direttamente un contratto annuale con i Dirigenti scolastici degli Istituti in cui opereranno. Si calcola che siano oltre 3 milioni gli alunni e le famiglie italiane interessati a questa benefica innovazione che garantisce semplicemente un diritto che nel passato era sempre stato proclamato ma non era mai stato, nei fatti, rispettato.

Il ministro Moratti, quindi, ha effettuato una scelta giusta e doverosa perché ha fornito una risposta coerente ad un’esigenza sociale primaria: il rispetto dei diritti degli studenti. Solo coloro che permettono ai pregiudizi ideologici di distorcere lo sguardo possono non condividere questo giudizio. Non è un caso che contro il decreto 255 si sia alzato un grande polverone e un fuoco di sbarramento soprattutto da parte di quei sindacati che si collocano nell’area culturale dell’opposizione. Un aspetto della “vexata quaestio” delle nomine non ci è sfuggito: il passaggio dai Provveditori (peraltro aboliti) ai Dirigenti scolastici della facoltà di nomina dal 1° settembre è stato riscontrato in questi stessi ambienti sindacali o come una specie di sciagura o con sostanziali riserve. In qualche caso si sono adombrate – e in modo offensivo – presunte e future pratiche clientelari e, addirittura, qualche imbecille, subito stigmatizzato da un magistrale “sassolino” di Reginaldo Palermo, ha pensato che i presidi e i direttori didattici siano degli stupidi se ha detto: “Ora, per nominare una persona, ci si basa su una o più telefonate. Ma se quella persona è sotto la doccia o ha il telefono guasto ?".

Invece occorre rassicurare questi sindacalisti dalla vista corta che questo trasferimento della facoltà di nomina ai DD.SS. si è rivelato l’arma vincente. Posso supportare tale affermazione illustrando, per il valore paradigmatico che può assumere, la mia recente esperienza in merito. La mia Direzione didattica è stata identificata come scuola capofila per il conferimento delle proposte di nomina. I colleghi dirigenti della provincia di Parma mi hanno delegato ad effettuare le operazioni per la scuola materna e per la scuola elementare. Queste operazioni si sono svolte regolarmente, alla presenza di tutti i rappresentanti sindacali, in data 12 u.s. con il conferimento di tutti i 118 posti disponibili. In una sola giornata è stato realizzato un obiettivo che nel passato, affidato al Provveditorato e in assenza del nuovo decreto 255, veniva perseguito a fatica nell’arco di tre/quattro mesi. L’anno scorso, addirittura, le ultime nomine furono conferite a metà febbraio, ben oltre la metà dell’anno scolastico! Certo, il risultato non è piovuto casualmente dal cielo. Io e i miei stretti collaboratori ci siamo rimboccati le maniche, abbiamo coperto il quadrante dell’orologio e abbiamo lavorato ad oltranza giorno e notte (letteralmente), consapevoli però che ogni fatica aveva come riferimento un obiettivo giusto. Siamo ora legittimamente orgogliosi del fatto che oltre 2500 alunni e famiglie della nostra provincia potranno esercitare pienamente il loro diritto all’istruzione fin dal primo giorno di scuola.

Si è trattato di un’attività realizzata da dirigenti responsabili dei risultati, non da impiegati attenti – giustamente, per carità – al termine orario del lavoro quotidiano.

A fronte di questa giusta scelta dell’Esecutivo si sono palesati i limiti di una opposizione pregiudiziale e ideologica di una certa parte sindacale che si è dimostrata assai più attenta, in modo miope, a difendere i diritti presuntamene violati degli insegnanti precari piuttosto che i diritti certamente negati degli studenti. E’ augurabile che tale opposizione, espressa in forme così acritiche e sterili, decada per lasciare spazio a forme più costruttive di elaborazione culturale all’interno della scuola.

Questa vicenda, tuttavia, ha manifestato un indubbio aspetto positivo: il valore paradigmatico dell’organizzazione in “rete” delle scuole e dei dirigenti scolastici che hanno concordato in apposite conferenze di servizio linee d’azione comuni. Abbiamo sperimentato in situazione forme inedite di collegialità che possono costituire un modello generativo per il futuro della nostra categoria. Abbiamo sostanzialmente affrontato una sfida difficile e vinto una scommessa, acquisendo un legittimo prestigio di fronte all’opinione pubblica.

Credo che si possa fare tesoro dell’esperienza acquisita prevedendo per il prossimo anno alcune semplici ma risolutive soluzioni organizzative che miglioreranno sicuramente il sistema scolastico e la qualità del servizio:

 

Anche in questa occasione - non ho dubbi in proposito - si è dimostrato il valore e il peso dell’istituto della Dirigenza, che è strategicamente decisivo nella scuola dell’Autonomia per innalzare la qualità del servizio e garantire i diritti degli alunni.

Se questo è vero - e avremo tante altre occasioni per riscontrare e dimostrare questo principio e questo assunto - confesso di vivere ancora più profondamente lo scarto tra la qualità e la quantità delle attribuzioni dirigenziali che ci sono state attribuite, con il suo corredo di crescenti impegni, doveri e responsabilità e la misura indecente della nostra attuale retribuzione.

Ormai la misura della nostra paziente attesa è colma. Attendiamo quello che il ministro Moratti davanti al Parlamento ha definito il doveroso “riconoscimento sul piano economico e giuridico delle nuove funzioni che i dirigenti scolastici ricoprono” non come una concessione ma come un diritto che non può mancare.