LA LOGICA DEL GIUSTIFICARE E DEL SUBIRE
A
proposito del recente intervento del Presidente ANDIS…
di
Paolo Quintavalla
Editoriale
n. 20 del 23 aprile 2001
Finalmente l'ANDIS è uscita dall'afasia
di questi ultimi 20 giorni, dopo la svolta del 28 marzo a Palazzo Vidoni e
contribuisce al dibattito aperto nella categoria con un intervento al massimo
livello del suo presidente Armando Rossini. (Cfr. "Dal riordino dei cicli al contratto dei dirigenti
scolastici… ma si vuole destabilizzare la scuola?")
Da una parte è apprezzabile che finalmente ci siano argomentazioni su cui
confrontarsi e discutere, al di là degli scarni ed essenziali comunicati
ufficiali che hanno costellato la vicenda contrattuale. Dall'altra parte,
tuttavia, con tutto il rispetto e la stima per la persona, maturati nel corso
di passate esperienze comuni, non posso venir meno al diritto-dovere di critica
per le posizioni espresse nella sua qualità di rappresentante dell'Associazione.
Le ritengo, infatti, negative per la categoria, come cercherò pacatamente di
argomentare.
Osservo, in prima istanza, che
l’argomentazione del Presidente ANDIS sposta l’asse dal piano sindacale a
quello politico e, in questo modo, può difendere di fatto, pur criticandoli, i
comportamenti di un Governo che ha smentito se stesso, violando i patti che ha
istituito. Egli, infatti, esordisce mettendo insieme, sotto una stessa
categoria di destabilizzazione, la vicenda travagliata del riordino dei cicli e
quella, ancora più tormentata, del nostro Contratto. Ritengo che questa
inferenza non sia corretta perché il primo problema attiene all’architettura
politica del sistema scolastico nel suo complesso mentre il secondo, più
circoscritto ma più rilevante per noi in questo momento, riguarda le strategie
sindacali della nostra categoria. Questo accostamento, tuttavia, gli permette
poi di lanciare l'accusa di giocare allo sfascio nei confronti di coloro che
rifiutano di firmare il contratto a queste condizioni. L’accusa
colpisce, però, anche coloro che sono coerenti nelle scelte di politica
sindacale e intendono difendere la dignità della categoria. Se si chiede al
Governo una equità elementare e il rispetto dei patti sottoscritti appena tre
mesi fa si è, forse, estremisti? E, rovesciando il discorso, la presunta
stabilizzazione della scuola che deriverebbe dalla firma "alle
condizioni note" di questo Contratto dovrebbe, forse, essere giocata
sulla nostra pelle?
Finalmente il discorso cade
sul Contratto e "qui la faccenda oltre che rocambolesca diventa a dir
poco kafkiana". Giusto, il giudizio è condivisibile ma a patto di
riconoscere correttamente, senza reticenza e con onestà intellettuale le
responsabilità che derivano dai comportamenti di tutti i soggetti in gioco,
nessuno escluso. Io ho alcune modeste idee su chi siano gli artefici principali
di questo teatro dell'assurdo e dell'incoerenza e le ho espresse in molte
occasioni e in diversi interventi sulle pagine telematiche di questo sito. Mi
rendo conto che rappresentano un punto di vista e spero solo che possano
servire a molti per riflettere sulle prospettive che ci attendono e per
assumere scelte conseguenti.
Il "nodo" del
contendere, giustamente, viene identificato dal Presidente Andis nella “parte
economica” che ostacola la chiusura della trattativa in quanto su essa si
manifestano radicali divergenze di vedute e strategie altrettanto diverse. Ma
affermare che "in particolare tutte le delegazioni sindacali
sedute al tavolo della trattativa lamentano che, con le risorse disponibili, è
impossibile equiparare la retribuzione dei dirigenti scolastici e quella degli
altri dirigenti dello Stato" non è corretto. Per quanto sia
formalmente vero che, almeno a parole, si lamentano tutti, solo pochi
nei fatti traggono le logiche e coerenti conseguenze. A leggere
testualmente sembrerebbe che le delegazioni sindacali siano tutte d'accordo e,
invece, come risulta inequivocabilmente dalle vicende di questi giorni, sono
profondamente divise nella strategia di fondo. Abbiamo, infatti, tutti letto i
seguenti comunicati ufficiali dopo l’incontro del 28 marzo u.s.:
CGIL-CISL-UIL |
ANP |
“A conclusione del confronto con il Governo sul contratto dei dirigenti
scolastici, CGIL CISL UIL Scuola esprimono soddisfazione per
l'acquisizione di due importanti risultati.Innanzitutto il Governo ha messo a
disposizione 40 miliardi aggiuntivi agli stanziamenti previsti dalla
finanziaria, incrementando così in modo significativo le risorse per
il contratto. Inoltre, il Governo ha assunto esplicitamente l'impegno
a garantire il pieno allineamento alle retribuzioni della dirigenza pubblica,
a partire dalla vigenza contrattuale che decorrerà dal 1° gennaio 2002”. |
(…)
“E' stato conseguito il risultato di un'acquisizione aggiuntiva di risorse
da rendere disponibili per il contratto, nella misura di ulteriori 40
miliardi. |
Prendiamo atto che le
strategie, oltre che i toni, sono inequivocabilmente diversi.
Per quanto riguarda l'Andis,
la sua strategia si palesa chiaramente nel seguito dell'editoriale del suo
Presidente, un testo che - devo dirlo con sincera amarezza - non apre
prospettive confortanti per le sorti della nostra categoria perché risponde
alla logica del giustificare, del subire e dell'accettare
un presunto stato di fatto e di necessità (che sarebbe, invece, solo un
problema del Governo se tutte le forze sindacali fossero unite e ferme nel
rivendicare ciò che è dovuto). Questo non è realismo, ma arrendevolezza o,
magari e al limite, connivenza. Questo significa, in sostanza, essere più
realisti del re! Questo atteggiamento non si ispira certo al legittimo
principio di una equa e corretta rivendicazione di natura sindacale che, per
definizione, deve sostenere gli interessi della categoria. Formalmente,
infatti, il massimo rappresentante dell’Andis è costretto ad ammettere "che
non è uno Stato accorto quello che smentisce se stesso" a
proposito della dilazione dei tempi di oltre un anno imposta alla trattativa e
che "non è uno Stato giusto quello che promette (con
l'Atto di Indirizzo del Governo) la piena equiparazione, anche economica, tra
pari (dirigenti scolastici e non) e poi consente fughe in avanti ad alcuni si e
ad altri no". Dopo queste critiche uno si aspetterebbe una reazione
coerente, come è naturale ed istintivo nel caso in cui - mi si passi la
metafora - si prendono i pesci in faccia. E, invece, incomprensibilmente no.
Anzi, secondo il presidente Andis, bisogna chiudere in fretta il contratto,
"pur nella consapevolezza di subire un ingiustificato e grave
differenziale economico di oltre il 40% rispetto agli aumenti ottenuti
dagli altri dirigenti dello Stato". Ma vogliamo proprio farci del
male? Da chi e da che cosa siamo costretti a chiudere il contratto in queste
condizioni? Se questa disparità di trattamento economico - come è in effetti -
è così “grave ed ingiustificata”, in nome di quale perverso principio
dovremmo accettarlo? Ma si rende conto il presidente dell'Andis che si subisce
in quanto prima si accetta? Purtroppo, in questa scelta del subire, della
rinuncia, della giustificazione e del ribasso è coinvolta, suo malgrado,
un'intera categoria Se si firma oggi “alle note condizioni”vuol dire che
nei fatti quel differenziale viene - in buona sostanza - ritenuto lieve e
giustificato!
Dopo questa analisi, infatti,
lo stesso Presidente cerca di indorare la pillola e prospetta i seguenti
aspetti positivi: 1)"un contratto decisamente interessante per quanto
riguarda la parte normativa"; 2) la necessità di concludere la vicenda
in quanto "comunque resterà in vigore fino al 31.12.01”; 3) e,
soprattutto, l’accettazione di “un primo avvicinamento alla
retribuzione degli altri dirigenti dello Stato con aumenti medi netti mensili
di circa 850.000 L. tutto compreso”. Avvicinamento? Confesso che se fossimo
allineati almeno per l’80% potrei concordare, almeno sul piano logico, sul
termine. Forse si tratta di un “lapsus calami” o di un “lapsus linguae” ma, in
ogni caso, bisognerebbe usare correttamente il termine “distanziamento”
rispetto all’obiettivo dell’allineamento che tutti a parole reclamavano e che
il Governo fino a tre mesi fa faceva proprio nell’Atto di Indirizzo, imponendo
all’ARAN di perseguirlo. Se la matematica non è un’opinione, l’essere collocati
a 57 su una scala di 100 vuol dire essere molto lontani dalla cima, a poco più
della metà. Occorre riconoscere, purtroppo, che nel nostro caso il bicchiere è
mezzo vuoto, non mezzo pieno. Né migliora la situazione se il presidente
dell’Andis ingenuamente spera o crede che sia pronta la soluzione alternativa,
cioè: 4) il “predisporci immediatamente per l’apertura del nuovo contratto
che dovrà decorrere dal 1.1.2002, quando dovremo portare all’incasso l’impegno
dell’attuale Governo per la perfetta equiparazione della nostra retribuzione
con quella dell’area 1.” Parlare di “incasso” a proposito dell’
ulteriore impegno di un Governo che ha appena dimostrato di non rispettare gli
impegni sottoscritti non può certamente tranquillizzare la categoria. E poi,
quali impegni potrebbe assumere questo Governo nella considerazione che tra
poche settimane non sarà più in carica e dovrà essere sostituito da un altro
Esecutivo (indipendentemente dal suo colore politico)? L’unica cosa sicura che ora
come categoria incassiamo - non ci
può essere alcun dubbio in proposito - è una sconfitta certa.
Per gli sviluppi futuri
possiamo formulare alcune considerazioni e fondate previsioni che dovrebbero
indurre a ritenere dannosa l’ipotesi della firma immediata del Contratto:
·
Non
possiamo sapere ora, non possedendo capacità divinatorie, cosa accadrà nel
prossimo Contratto e che tempi avrà.
·
Sappiamo
con certezza che il prossimo Governo non avrà alcun interesse o alcuna
intenzione di riaprire una nuova tornata contrattuale subito dopo averne
concluso una. L’esperienza, infatti, ci insegna che nessun Governo è e sarà
disponibile a stanziare ulteriori risorse subito dopo la firma di un Contratto.
L’esempio più lampante, in proposito, è costituito dal Contratto dei Dirigenti
dell’Area 1, dilazionato nei tempi dal 1998 e sottoscritto recentemente al
quarto e ultimo anno di vigenza contrattuale.
·
In ogni
caso per l’avvio dei nuovi contratti sarebbero necessari gli “accordi quadro” e
i relativi “atti di indirizzo” che non si improvvisano e richiedono una lunga
concertazione. Quanto basta, infatti, per far passare gli anni… Quale strategia
del resto ha adottato questo Governo con il nostro Atto di Indirizzo, se non
quella della dilazione, per metterci di fronte al “fatto compiuto”?
·
Riflettiamo
anche su un fatto non secondario: rispetto alle cinque aree della dirigenza
pubblica solo noi dirigenti scolastici – gli ultimi arrivati – avremmo
nel nuovo Contratto un obiettivo importante da raggiungere, quel completo
allineamento retributivo a cui ora alcune forze sindacali e – spiace
constatarlo – anche l’Andis sono disposti con leggerezza a rinunciare nel nome,
ancora una volta, di promesse incerte per il futuro;
·
Se
firmiamo ora accadrà pari pari quello che è accaduto ai colleghi dirigenti
dell’Area 1 e per noi si potrà parlare di allineamento retributivo solo nel
2005 – e con tutte le incognite del caso – alla scadenza del secondo biennio
economico del prossimo contratto. Su questo sarei un ben facile profeta e sarei
disposto a scommetterci una fortuna con la convinzione, purtroppo, di vincere
la scommessa.
·
Anche i
molti colleghi che si accingono alla pensione, attendendo solo il momento
propizio, dovrebbero essere ben consapevoli di questo. Con la firma subito
sarebbero, infatti, i più penalizzati perché sarebbero ora privati di una parte
consistente (ben il 43%) della retribuzione fondamentale riconosciuta ai
dirigenti delle altre aree.
·
Se
firmiamo ora saremo costretti a rincorrere l’allineamento fra tre/quattro anni e
sarebbe una vera fortuna se riuscissimo a conseguirlo integralmente. Se
conseguissimo fra qualche mese l’allineamento in questo primo contratto potremmo
dedicarci, invece, a rivendicare nel prossimo quella perequazione del
trattamento accessorio e delle indennità che ora sono tutti – anche quelli - a
nostro sfavore.
Concludendo,
non comprendo francamente questa fretta masochistica di concludere ad ogni
costo un contratto “alle condizioni note”, cioè al ribasso. Ora più che mai
vale il detto che “la fretta fa i gattini ciechi”. Questa fretta per noi
significa il rischio concreto di avere un pugno di mosche rispetto a quanto
promesso solo pochi mesi fa. Essendo giuridicamente impossibile che le risorse
già stanziate possano essere “scippate” dopo le elezioni – se non altro perché sono
stanziate nella finanziaria e per la parte marginale garantite da un secondo
atto di indirizzo – sul piano economico l’unico danno che potremmo avere
sarebbe, eventualmente, la perdita di qualche mese di interessi sui nostri
conti bancari. Si può correre questo piccolissimo rischio di fronte alla
prospettiva di ottenere – sia pure tra qualche mese – quanto ci spetta?
Il
Presidente dell’Andis, infine, giudica la riunione del 20 aprile, ora spostata
al 24, come decisiva e afferma che “se si concluderà con un nulla di fatto
il disegno destabilizzante sarà completo” facendone seguire – se non si
firma il Contratto - conseguenze apocalittiche
e uno scenario devastante della scuola dal prossimo settembre 2001. Fra
queste conseguenze è citata, ovviamente, quella “dei dirigenti scolastici
demotivati, ancora senza contratto”. Potrebbe essere, certamente. Ma tanti
colleghi sono convinti che, nell’ipotesi contraria, saremmo ancora più
demotivati e frustrati, consapevoli di essere dirigenti di serie B, di dover
rimanere tali per almeno altri 4 anni e di percepire una retribuzione che
sarebbe poco più della metà rispetto a
quella degli altri dirigenti pubblici.
Purtroppo
i comportamenti e le scelte che ho criticato dividono la categoria. Da una
parte, infatti, c’è chi la orienta ad accettare la logica della giustificazione,
della rinuncia e del ribasso con il rischio molto concreto di depotenziare
il ruolo dirigenziale che ci è stato attribuito. Dall’altra c’è chi, invece,
consapevole della posta in gioco, si batte fino in fondo e con fierezza per difenderne
gli interessi e la dignità.