Docenti
a tempo nelle università
Corriere
della Sera - 24 gennaio 2003
Tornano
i concorsi nazionali. Nuove regole per
l’assunzione dei ricercatori. Il Cnr diventa più
agile per rilanciare la scienza
Il ministro Moratti: i contratti dureranno tre
anni, poi gli atenei decideranno se tenere o meno
i professori
ROMA - Professori universitari a tempo: dopo tre
anni dovranno conquistare l’assunzione a tempo
indeterminato sottoponendosi ad una prova. E se
non ce la fanno potranno essere licenziati.
Avranno solo due opportunità per diventare di
ruolo. Il primo esame avverrà dopo tre anni. Una
seconda e ultima possibilità verrà concessa dopo
altri tre anni. E’ la principale novità del
progetto di riforma dello stato giuridico dei
professori universitari, presentato dal ministro
Letizia Moratti. Si tornerà ai concorsi
nazionali, spariranno i ricercatori «a vita»
(per i nuovi ricercatori è previsto un contratto
a tempo determinato che raggiungerà al massimo 5
anni) e aumenteranno le ore da dedicare alle
lezioni. Prevista anche la riforma del Cnr:
diventerà più agile, almeno sette grandi
strutture prenderanno il posto di 108 istituti
I
«precari»: così finirà il nepotismo
Il rettore della Scuola Sant’Anna: piano
innovativo. Ma Paolo Orefice: forse nuovi tagli
ROMA - C’è chi plaude al ministro e chi invece
è guardingo. C’è chi non capisce dove siano le
novità e chi vuole maggiori aperture. Non sono a
senso unico le prime valutazioni del progetto
Moratti nel mondo accademico. Ma se «ordinari»,
«associati» e ricercatori si dividono, aumenta
la speranza nell’esercito dei professori a
contratto, insegnanti che fanno lezione ed esami
come i più blasonati e tutelati colleghi, ma non
hanno uno status accademico. In alcuni atenei,
come la Seconda Università di Napoli, sono la
maggioranza assoluta: una settantina, contro 23
professori effettivi e 10 ricercatori. Dice
Riccardo Varaldo, rettore della Scuola Sant’Anna
di Pisa, università di eccellenza: «La proposta
Moratti è innovativa e in linea con i tempi e con
le esigenze del Paese di avere un sistema
universitario più qualificato e più competitivo,
ma deve essere realizzata con rigore. Premiando le
università che sfrutteranno al massimo le nuove
opportunità di qualificazione del corpo docente e
penalizzando gli atenei che non si adegueranno».
Dice Vincenzo Sarracino, «ordinario» alla
Seconda Università di Napoli: «Non capisco dove
siano le novità. Noi docenti già siamo
sottoposti a giudizi, dopo tre anni di lavoro: chi
non è idoneo può anche perdere l’insegnamento
di ruolo. Non accade quasi mai, ma allora non sono
le regole che mancano, vanno riviste le procedure».
Prudente Paolo Orefice, presidente della facoltà
di Scienze della Formazione a Firenze. «Il
progetto Moratti? Potrebbe essere una buona idea
per la maggiore trasparenza in concorsi e
carriere. Ma anche un escamotage per nuovi tagli».
Ed Enzo Kermoll, professore a contratto
all’Università di Trieste: «Si va verso un
modello americano. Spero che serva a interrompere
il nepotismo e dare qualche possibilità in più
ai contrattisti».
Marco Gasperetti
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