L’insegnamento
a distanza non è la soluzione ai problemi
Corriere della sera – 11 gennaio 2003
L’
insegnamento a distanza, via Internet, non è
certo la soluzione ai problemi della
dell’istruzione. Anzi, intorno a questo tema si
è francamente creato un eccesso di aspettative.
Ma le tecnologie digitali e di rete, se usate
intelligentemente, in rapporto al potenziamento
del sistema educativo esistente, quello faccia a
faccia, possono rivelarsi assai utili. Questa
sembra essere la filosofia che anima il governo
inglese, il quale ha dato il via a un ambizioso
progetto di curricula elettronici che è stato
affidato alla Bbc, con un sostanzioso
finanziamento di 150 milioni di sterline in cinque
anni. In sostanza la rete televisiva nazionale
dovrà fornire alle scuole del Regno Unito una
grande quantità di materiali interattivi,
fruibili via Internet, a supporto e sostegno
dell’insegnamento scolastico. Lo farà sia
attingendo ai suoi enormi archivi audiovisivi, che
mettendo a frutto le sue competenze Internet; va
ricordato che il sito della Bbc è tra i migliori
al mondo per ricchezza e freschezza dei suoi
contenuti. Qualcosa del genere aveva iniziato in
Italia Rai Educational, utilizzando il satellite
per fornire alle scuole materiali visivi. Il
contratto tra lo Stato inglese e la rete prevede
18 condizioni stringenti di qualità e relativi
meccanismi di controllo che non saranno soltanto
di tipo centralistico, ma prevedono pubbliche
discussioni e audizioni. Materiali didattici,
acquisibili dalle scuole, sono già disponibili su
di un sito governativo, esemplare per la chiarezza
di consultazione (www.curriculumonline.gov.uk). La
decisione del governo si accompagna a nuovi
investimenti per l’informatizzazione tra cui 350
milioni di sterline per dotare tutte le scuole di
una connessione a larga banda entro il 2006. Ma ha
anche suscitato proteste accese da parte del
settore privato impegnato nell’educazione a
distanza, che l’ha giudicata un regalo di
monopolio alla Bbc, anche se i dirigenti
dell’emittente hanno promesso che spenderanno
almeno la metà del bilancio per l’acquisizione
dai privati di contenuti multimediali e che,
essendo un settore in piena espansione, «ci sarà
spazio per tutti». Le polemiche erano
probabilmente scontate, ma il meccanismo previsto
appare tuttavia equo: da un lato c’è un forte
impegno pubblico, ma anche una pluralità di
soggetti coinvolti, sotto la regia di un unico
general contractor, chiamato a rispondere dei
risultati e della qualità. L’idea che
l’educazione sia un bene pubblico, non
trattabile solo con i meccanismi del mercato della
conoscenza, è comune anche al Massachusetts
Institute of Technology (Mit), che ha da poco
inaugurato un progetto che metterà in rete tutti
i suoi corsi universitari, senza oneri né costi
per gli utenti. Si tratta anche in questo caso di
una scelta in controtendenza, rispetto all’idea
di monetizzare ogni sapere che sembrava aver preso
spazio in ogni università.
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