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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il primo CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

 

Il nome del vicario

 

Fonte: sito web ANP – 9 giugno 2003

Stat rosa pristina nomine / nomina nuda tenemus

Il distico reso celebre da Umberto Eco, con cui si chiude Il nome della rosa, ben si presta a far da titolo alla paradossale vicenda dei vicari, attualmente al centro di controversie a seguito della pre-intesa sul CCNL 2002-2005. L'Anp si è astenuta dall'entrare in una disputa puramente nominalistica; così non è stato per altri che, invece, hanno fatto interessatamente circolare una stupefacente vulgata: che i vicari fossero stati cancellati per contratto, che non si potessero più concedere loro esoneri o semi-esoneri, e via di seguito. Su questo non possiamo tacere, sia perché rappresentiamo i vicari – la cui figura ed il cui ruolo siamo impegnati a sostenere non solo sul piano sindacale ma anche su quello normativo – sia perché queste interpretazioni, ancorché abusive, svelano con chiarezza quello che è stato verosimilmente il retropensiero di alcuni fra coloro che sedevano al tavolo negoziale: punire i vicari per aver stretto un'alleanza con noi e mandare un avvertimento (qualcuno ha detto mafioso?) ai dirigenti, perché sappiano chi comanda nella scuola. Se i vertici sindacali confederali si sono astenuti dal formulare esplicitamente queste considerazioni, ci hanno pensato per loro molti quadri periferici, nelle assemblee che si stanno tenendo in tutta Italia per illustrare l'accordo raggiunto. Vediamo allora di fare un po' di chiarezza.   

Il ruolo e la funzione

Bruto ha detto che il vicario non esiste più giuridicamente da quando è stata istituita la dirigenza scolastica: e Bruto è uomo d'onore … Ma Bruto dimentica che il nome della rosa non esaurisce in sé la rosa stessa. Fuor di metafora: se è vero che la definizione verbale di vicario non è più la stessa di prima, è vero anche che la funzione preesisteva al nome e non è affatto venuta meno; anzi si è ampliata insieme alla natura dei poteri esercitati dal dirigente che il vicario si trova a sostituire.

Dimentica Bruto che l'organizzazione degli uffici è esplicita riserva di legge (legge 421/92 – D.Lgs.165/01) e che quindi non può essere modificata per contratto. Tanto meno nella scuola, ambiente di lavoro in cui sono presenti numerosi soggetti minorenni, nei cui confronti la responsabilità dell'istituzione non può mai interrompersi, per esplicita previsione del Codice Civile. A tal segno che – caso unico nel mondo del lavoro – il dirigente della scuola non può scioperare senza essere sostituito da qualcuno che ne assuma ipso facto le funzioni essenziali.

La legge, per parte sua, ha normato questa funzione in più circostanze, da ultimo con l'articolo 396 del testo unico delle leggi sull'istruzione (D.Lgs 297/94). Ciò che è venuto meno con la dirigenza non è l'esistenza del vicario, ma le modalità della sua individuazione, modificata dall'articolo 25 del D.Lgs. 165/01. Come dire che se il vicario non esiste come nomen juris, ed infatti ha assunto denominazioni diverse nel tempo, esiste però indubitabilmente come funzione, e come persona che assume non lievi carichi di lavoro e le connesse responsabilità, che il contratto avrebbe dovuto riconoscere sotto il profilo delle contropartite economiche.

Perché non l'abbia fatto è questione che si presta ad ogni forma di dietrologia, in cui l'Anp non ha intenzione di entrare: difficile, ad ogni modo, sottrarsi all'impressione che si sia trattato di uno sgarbo intenzionale. Il succo del discorso è, in sostanza: i docenti esistono solo in quanto insegnano ed in quanto tali sono cosa nostra, almeno dal punto di vista contrattuale; tutto il resto non ci riguarda.

Un problema di cultura

Viene così confermata, proprio da chi qualche mese fa l'attaccava, la correttezza dell'analisi che ci ha condotto ad allargare la nostra sfera di azione e di rappresentanza alle alte professionalità docenti della scuola. Il sindacato tradizionale si conferma incapace di comprendere che il mondo del lavoro è profondamente mutato e che le vecchie categorie dualistiche e contrappositive (padrone/lavoratore, chi comanda/chi obbedisce) sono ormai fuori corso. In una società ed in un'organizzazione del lavoro aperta e democratica, connotata da crescente complessità, i ruoli non possono essere solo due. Un numero sempre maggiore di coloro che operano nei diversi settori ha acquisito cultura, professionalità ed interesse per l'esercizio di funzioni che non si lasciano ridurre ad un'unica dimensione, ma si collocano a diversi livelli intermedi di responsabilità, impegnando l'ambito organizzativo non meno di quello direttamente attuativo.

Se questo è vero in generale, tanto più lo è nella scuola dell'autonomia: un concetto ed un contesto che il vecchio sindacato stenta ad assimilare e ad accettare, nonostante le dichiarazioni teoriche. La scuola dell'autonomia non consiste nell'autonomia dei lavoratori dalle responsabilità dell'istituzione e neppure nella contrapposizione manichea fra chi rappresenta l'istituzione (e le sue finalità pubbliche) e chi sarebbe portatore solo dei propri interessi di privato lavoratore.

Autonomia significa invece la corresponsabilità di tutta la comunità scolastica – ed in primo luogo dei docenti, che ne sono l'anima e la risorsa fondamentale – nel determinare non solo i mezzi ma anche parte delle finalità dell'istituzione e dei contenuti del lavoro. Significa il superamento del vecchio modello fordista o postfordista della ripetizione di un compito predefinito e chiuso, che colloca su sponde diverse e non comunicanti chi ha il potere di definirlo e chi ha il dovere di eseguirlo.

Significa quindi che i docenti sono chiamati ad assumere parte della responsabilità complessiva delle decisioni e quindi, inevitabilmente, a specializzare e diversificare le proprie funzioni all'interno della scuola. Di tutto questo non vi è traccia nel contratto, se non nella previsione delle funzioni strumentali al piano dell'offerta formativa, che però sono regolate in modo contraddittorio rispetto alla loro natura ed al fine stesso per cui esistono: elettive, a scadenza annuale, retribuite in modo aleatorio e perfino eventuali, nel senso che esiste l'esplicita previsione che il collegio dei docenti possa non attivarle in tutto o in parte (non altro significa la possibilità di rinviare l'utilizzo delle risorse ad anni successivi). Come se il piano dell'offerta formativa potesse farsi o attuarsi da sé: o come se i docenti potessero non sentirsi coinvolti nella sua realizzazione e nel suo successo. E dove si è mai visto, poi, che le competenze professionali possano andare e venire da un anno all'altro,  sul filo delle maggioranze e degli schieramenti? Nel testo e nella filosofia del contratto – così come per il momento è scritto – sarebbe perfino possibile che il collegio decidesse di riconoscere tutti i docenti come funzioni strumentali al piano (ed in un certo senso è esattamente così) e quindi di suddividere le risorse disponibili in parti uguali fra tutti. Con tanti saluti al riconoscimento ed alla valorizzazione delle professionalità.

Ma poi, dove è scritto che la professionalità docente consista solo nell'esercizio di funzioni intermedie? E come si giustifica l'assunto implicito nella filosofia retributiva del contratto che tale professionalità debba, inevitabilmente ed irreversibilmente, crescere con il solo procedere dell'anzianità? Perché non riconoscere al bravo docente – che esiste, per fortuna, ed a prescindere dall'età – la possibilità di una carriera per merito, tutta interna alla funzione dell'insegnamento?

Ma Bruto è uomo d'onore: e non può certo piegarsi all'evidenza.

La questione dell'esonero

Non metterebbe quasi conto di parlarne se non fosse corsa intorno ad essa molto inutile allarme e qualche interessata presa di posizione, anche improntata ad un malinteso studium serviendi di qualche funzionario periferico dell'Amministrazione, il quale avrebbe già comunicato alle scuole che non saranno autorizzati esoneri e semi-esoneri per il prossimo anno scolastico.

E' del tutto evidente che la questione non esiste, per almeno due motivi. Il primo è che anch'essa attiene all'organizzazione degli uffici e quindi è coperta da riserva di legge. La necessità di sollevare, in tutto o in parte, chi affianca il capo di istituto dai suoi compiti di insegnamento è sempre stata riconosciuta dall'ordinamento: e non per gratificare la persona del destinatario, ma per rendergli possibile l'esercizio delle funzioni di cui è investito, che sono di rilevanza ed interesse pubblico.

Il secondo motivo è che la materia è normata dall'articolo 459 del testo unico delle leggi sull'istruzione, che non è mai stato abrogato né disapplicato, ammesso che potesse esserlo per via contrattuale, stante appunto la sua rilevanza pubblicistica. Questo articolo, ancora una volta, collega l'esonero non alla persona del destinatario, ma alle caratteristiche strutturali della scuola (numero di classi, tipologia, sedi, ecc.): si tratta quindi, con ogni evidenza, di una risorsa funzionale, attribuita all'istituzione per garantirne la funzionalità e l'ottimale raggiungimento dei propri fini, che sono ovviamente materia di diritto pubblico e non di privata contrattazione fra le parti. A prescindere dal fatto che è ben singolare la tesi secondo cui una norma di legge possa essere abrogata attraverso il silenzio di un contratto sulla figura del destinatario, anzi sul suo nome. Questa è talmente grossa che anche Bruto lo capirebbe: se non fosse, beninteso, uomo d'onore.

La damnatio memoriae e gli oneri contrattuali occulti

Quali che siano state le intenzioni di chi ha voluto questo testo contrattuale (e di chi, dalla parte datoriale, lo ha sottoscritto con la bomba ad orologeria delle imminenti elezioni amministrative che gli ticchettava sotto la sedia), un fatto è certo: sono stati accuratamente rimossi tutti i riferimenti non solo al vicario, ma anche a tutto ciò che fosse in odore di contaminare l'esercizio puro e semplice della funzione docente con compiti ed attività attinenti alla sfera d'azione del convitato di pietra: l'innominato e rimosso dirigente, colpevole di aver abbandonato la casa comune per migrare verso un'area contrattuale diversa. La damnatio memoriae posta in essere non ha colpito dunque solo il vicario, ma anche i presidi incaricati, sotto forma di una doppia omissione: quella dell'indennità di direzione (che viene quindi negata anche ai vicari durante il periodo di sostituzione) e quella dell'indennità di funzioni superiori, che assimilava il loro trattamento fondamentale a quello base dei dirigenti. In teoria, ed anche in pratica, dunque (se non interverranno ripensamenti contrattuali, prima della firma definitiva, o rimedi giurisdizionali, dopo), i presidi incaricati lavoreranno gratis, anzi per compensi minori che se tornassero all'insegnamento, in quanto non percepiranno né le indennità spettanti ai dirigenti né i compensi accessori propri dei docenti. Quest'oblio – troppo mirato per essere solo casuale – non riguarda solo loro: anche i presidi e direttori didattici rimasti fra il personale direttivo (o per non aver frequentato il corso di formazione per il passaggio alla dirigenza, o per essere stati collocati fuori ruolo per motivi di salute) sono del tutto dimenticati dal contratto e non avranno neppure gli aumenti collegati al tasso di inflazione. Odi profanum vulgus: et arceo, cantava il poeta; e con lui i suoi moderni epigoni confederali.

E' solo un'altra svista dell'ineffabile Bruto? E’ un po' difficile crederlo. E allora si affaccia alla mente un dubbio, un piccolo tarlo fastidioso. Non sarà che, nell'affannosa ricerca di risorse aggiuntive negate dal ministro dell'Economia, i nostri bravi negoziatori hanno pensato di raggranellare qualcosa dimenticando o rimuovendo, con procedimento peraltro selettivo, parte degli oneri contrattuali dovuti? Che poi ne siano rimaste vittime alcune figure professionali particolarmente invise, perché colluse con la presunta controparte padronale, può essere solo un caso: ma forse no. A pensar male si fa notoriamente peccato: ma qualche volta ci si indovina …

Potrebbe forse interessare alla Corte dei Conti – e dovrebbe certamente interessare al Governo, che si dice impegnato a contenere la spesa pubblica – il rischio che (a seguito dei prevedibili ricorsi degli interessati) i tribunali condannino l'Amministrazione al pagamento del lavoro svolto e delle relative penalità per interessi e rivalutazione monetaria, da corrispondere ovviamente con fondi non compresi fra quelli contrattuali. Un piccolo trasferimento di oneri al di fuori di quelli stanziati per il contratto, in barba alle leggi ed al bilancio: via, che sarà mai? Tanto paga Pantalone: mica Bruto!

 

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