Replica
ad una risposta stizzita
Fonte:
sito web ANP – 25 giugno 2003
A
seguito della lettera
aperta dell'11 giugno sul CCNL
scuola, indirizzata a ministri, parlamentari e
partiti, si è registrata - venerdì scorso - una
risposta da parte del segretario
generale della CISL Scuola, alla quale riteniamo necessario replicare.
(dal sito della CISL Scuola del 20 giugno 2003)
Una doverosa risposta
Interpreti veri delle esigenze della scuola e dei suoi
lavoratori
20-06-2003
Riteniamo utile e doveroso prendere posizione di fronte
all'inaudito messaggio pubblicato, sotto forma di
lettera aperta, da parte delle associazioni
Anp-Diesse-Apef-Anvi-Addoc.
Già il titolo “Il nuovo contratto firmato da CGIL, CISL, UIL e
SNALS mortifica i docenti” è apparso
paradossale.
Abbiamo avuto la opportunità, scorrendo il testo, di costatare
gli artifici e i sofismi con cui si è voluto
sostenere una simile affermazione.
I vari passaggi inneggianti alla valorizzazione della
professionalità (funzioni più complesse e di
carriera), ad una leadership diffusa, alla
formazione e allo sviluppo delle alte
professionalità, portano a considerazioni che
nulla hanno a che vedere con quanto saggiamente e
con grande fatica i sindacati scuola CGIL, CISL,
UIL e SNALS sono riusciti a far mettere nel testo
della pre-intesa di contratto.
Questa ossessiva rivendicazione delle associazioni firmatarie
della lettera di istituti normativi e contrattuali
coerenti con l’atto di indirizzo del Governo,
non tiene conto (ma che importa?) che le risorse
messe a disposizione, relativamente poche, sono
state sufficienti a coprire l’inflazione e con i
risparmi dell’Amministrazione si è potuto
legittimamente e opportunamente aggiungere un
qualcosa alla RPD - la retribuzione professionale
del docente - ben sapendo che l'obiettivo, per noi
irrinunciabile, di equiparazione agli stipendi
europei non poteva essere raggiunto.
Perciò pensiamo che un obiettivo primario, a queste condizioni,
debba essere il riconoscimento, per tutti i
docenti, di una valorizzazione del loro ruolo e
che, solo dopo aver garantito a tutti uno status
economico dignitoso, sia possibile l’avvio di
meccanismi di carriera in presenza di adeguate
risorse: questo è l’impegno che è stato
sottoscritto con l’art. 22, dove è prevista una
commissione di studio "che elabori le
soluzioni possibili, definendone i costi
tendenziali, per istituire già nel prossimo
biennio contrattuale, qualora sussistano le
relative risorse, meccanismo di carriera
professionale per i docenti".
Ma quel che può sorprendere il lettore, non certamente noi che
conosciamo l’ispirazione dei firmatari, è
l’insistenza sul tema della leadership con
l’assillo di volere a tutti i costi potenziare
alcune figure monocratiche eliminando le relazioni
sindacali. Troppo bello!
E’ assente in questa visione l’impianto solidale, cooperativo
della scuola dell’autonomia. E’ assente la
cultura della collegialità e la si sostituisce
con un impianto di gerarchizzazione della
professione docente.
La domanda che nasce spontanea: nell’immediato quali sono i
criteri valutativi oggettivi che possono testare
un particolare riconoscimento di carriera? Forse
quello propostoci di un rapporto stretto tra
insegnamento e apprendimento? Non ci sembra cosa
seria.
L’impegno deve essere assunto nella consapevolezza che le
soluzioni da ricercare siano idonee al fine di
introdurre meccanismi di carriera.
Altro punto, che sembra semplicemente un richiamo per le
allodole, è quell’evocare un presunto scippo da
parte dei firmatari della pre-intesa delle risorse
da attribuire ai vicari, ignorando volutamente che
questi sono scomparsi con la dirigenza attribuita
ai capi di istituto, né era ed è pensabile
l'introduzione immediata della figura di un vice
dirigente, tutta da valutare per lo specifico
della scuola.
La scuola, peraltro, continua a disporre di risorse da impiegare
per il lavoro dei collaboratori del dirigente da
lui scelti.
Nella visione distorta dei sottoscrittori della lettera c'è un
riferimento alla presunta mortificazione del ruolo
del dirigente con la riconferma della
contrattazione di istituto e quindi delle
competenze delle RSU.
Occorrerebbe saper guardare oltre il proprio naso e rendersi
conto che in una comunità complessa come la
scuola non è possibile immaginare che
l’utilizzazione delle risorse umane ed
economiche siano di esclusiva competenza del
dirigente. A questi è riservato uno spazio
notevole che consiste in un’azione di indirizzo,
di guida, di valorizzazione dell’offerta
formativa, di oculata gestione
dell’organizzazione, di un intelligente e
promettente rapporto con le istituzioni locali e
di un sapiente intreccio di relazioni nella scuola
e fuori di essa.
Quello che soprattutto denota la rozzezza degli scriventi ,a nome
e per conto delle loro associazioni, è laddove si
afferma che “si sono volute consegnare le scuole
e la dignità professionale di docenti e dirigenti
a una minoranza sindacalizzata (!?!), in perfetto
stile iugoslavo". Forse si dimentica che ad
esempio le RSU sono elette dall’intero corpo dei
lavoratori della scuola.
Lasciamo ai lettori, ai tanti insegnanti il giudizio di merito su
queste strumentali affermazioni.
A questi assertori dell’autonomia e delle riforme a senso unico
sfugge un piccolo particolare: la scuola
dell’autonomia non è patrimonio esclusivo di
pochi e parole come partecipazione,
corresponsabilità, diritto alla rappresentanza
sono del tutto assenti nel loro lessico.
Con quale diritto, ma sarebbe più giusto dire: con quale pudore,
si definiscono "minoranza
sindacalizzata" le RSU di scuola elette nelle
liste di CGIL CISL UIL Scuola e Snals/Confsal che,
in base all'ultima rilevazione in materia di
rappresentatività associano complessivamente
quasi l’85% del personale scolastico
sindacalizzato (Fonte ARAN) e corrispondono, in
termini di iscrizioni ad oltre 500.000 lavoratori
su circa un milione di addetti?
Siamo oggi in presenza di neo aggregazioni di recentissima
comparsa nel panorama associativo, che nulla hanno
a che vedere con l'altra e prestigiosa esperienza
delle Associazioni Professionali
"storiche" che hanno sempre affrontato
le variegate e complesse problematiche
professionali con grande rigore critico e con
autentica autonomia culturale, mai disconoscendo
il ruolo e la funzione delle organizzazioni
sindacali anche nei momenti di più vivace e
articolato rapporto di interlocuzione.
Ed è la prima volta che soggetti che si ritengono in qualche
modo rappresentativi degli interessi del personale
docente chiedono che sia la legge a definire il
destino giuridico, normativo e professionale della
categoria, delegittimando il dialogo e la
partecipazione "dal basso", autentico ed
insopprimibile humus della democrazia, e delle
stesse libertà civili riconoscibili al corpo
professionale dei docenti, in aggiunta alla libertà
d'insegnamento, costituzionalmente garantita,
patrimonio prezioso ed irrinunciabile del nostro
sistema scolastico. E di ciò tengano
doverosamente conto Governo e Parlamento,
destinatari dell'incauta missiva!
E non ci stupisce più di tanto che questa stessa richiesta venga
sostenuta anche dall'ANP, sindacato che si
dichiara maggiormente rappresentativo dei
dirigenti scolastici (dei quali, tuttavia CGIL
CISL UIL e SNALS detengono la maggioranza assoluta
di Iscritti), ritenendo che solo uno stato
giuridico imposto ai docenti autoritativamente
dalla legge possa costituire uno strumento
necessario per "una positiva e compiuta
realizzazione" di qualsiasi processo
riformatore.
Dissentiamo radicalmente da questa posizione.
Per noi, condizione essenziale e ineludibile di attuazione di
qualsiasi riforma risiede prima di tutto nel
livello di coinvolgimento, partecipazione e
condivisione di coloro che ne sono i veri e
diretti protagonisti, unitamente all'azione di
promozione e coordinamento del Dirigente
Scolastico, la cui autorevolezza non può nascere
per mero effetto di un decreto, bensì dal
prestigio culturale, istituzionale e professionale
con il quale interpreta il suo ruolo.
Non è casuale la circostanza che mentre l'attuale maggioranza
parlamentare che sostiene il Governo rispolvera il
progetto minaccioso di definire legislativamente
lo stato giuridico dei docenti, proposto ma poi
accantonato nel corso della discussione della
legge "Moratti", circolino belati, la
cui supponenza è inversamente proporzionale al
tasso di rappresentatività, per sostenere le
ragioni del "padrone", e del tutto
incuranti del sentire della stragrande maggioranza
della Categoria.
Ne ricaviamo un giudizio finale.
La forza di sindacati sicuramente rappresentativi, che contano
adesioni massicce fra i lavoratori della scuola,
è una garanzia per la scuola del nostro Paese.
Agli isolati cantori rivolti alla luna lasciamo tutto lo spazio
per improponibili vaniloqui.
Il Segretario Generale della Cisl Scuola: Daniela
Colturani
Replica ad una risposta stizzita
Dal segretario generale della
CISL Scuola riceviamo una risposta non richiesta
alla quale però oggi, dato il tenore, non
possiamo esimerci dal replicare.
Dal sindacato maggioritario del
comparto scuola ci saremmo attesi, anziché
insulti ed attacchi scomposti (“inaudito
messaggio”, “rozzezza”, “belati”,
“vaniloqui”) tesi argomentate, anziché
pregiudiziali (no al “progetto
minaccioso di definire legislativamente lo stato
giuridico dei docenti”) proposte motivate,
anziché valutazioni generiche a sostegno delle
proprie posizioni (“collegialità”
contro “gerarchizzazione”)
fatti e dati verificabili, anziché arroganza e
supponenza (ostentazione del monopolio della
rappresentanza categoriale) disponibilità al
confronto delle idee tra diversi. Non ci è stato
invece esplicitato perché si oppone all’area di
contrattazione separata per i docenti, al
riconoscimento delle loro professionalità
attraverso la costruzione di un percorso di
carriera, allo sviluppo della funzione
dirigenziale nella scuola in coerenza con la
riforma dell’autonomia.
Per parte nostra non è in
discussione il ruolo del sindacato, la cui azione
è essenziale in un paese democratico, ma la
necessità di ricondurlo alla sua funzione di
organizzazione volta alla tutela degli interessi
categoriali.
Con la lettera aperta ai Ministri dell’Istruzione,
della
Funzione pubblica, ai Parlamentari delle
VII Commissioni ed ai responsabili degli uffici
scuola dei partiti, abbiamo chiesto conto della
firma di un contratto nazionale della scuola che
non contiene nulla di innovativo e disapplica le
direttive dello stesso Governo per attuare le
riforme in atto; ma abbiamo anche - indirettamente
- toccato le corde di chi ritiene che la libertà
di opinione sia appannaggio solo di chi è
sostenuto dalle regole formali poste a difesa del
vigente sistema di relazioni sindacali. Per tutti
gli altri - legittimamente portatori di
rappresentanza categoriale, ancorché non
rappresentativi secondo norma - il silenzio è (o
dovrebbe essere) d’obbligo, con buona pace del
pensiero laico e della democrazia. Questa pretesa,
che riflette un concetto evidentemente ben
radicato in alcuni, si è illegittimamente
insediata anche nel contratto in questione: la
disposizione di cui all’art.
8, comma 12 - che non ha commento per la sua
enormità - impedisce addirittura che le
organizzazioni non firmatarie del contratto stesso
possano tenere assemblee nelle scuole, anche al di
fuori dell’orario di servizio. Come a dire:
la scuola ai sindacati (solo quelli
rappresentativi) e non agli insegnanti.
Noi, invece, siamo d’accordo
con Voltaire quando afferma: “non
condivido quello che dici ma mi batterò fino alla
morte perché tu possa dirlo”; e non ci
disturba qualche piccola riflessione sulla
rappresentatività (sindacale, non delle idee,
s’intende) in rapporto alla rappresentanza.
Ci risulta,
infatti, che il numero di deleghe sottoscritte in
favore dei sindacati firmatari dell’ultimo
contratto sia 377.722
(dati ARAN per l'anno 2000) su 941.477
addetti nell'a.s. 2001/02 (dati MIUR). Chiunque è
in grado di valutare che l’85% di
rappresentatività di cui si gloria il segretario
della CISL corrisponde pertanto appena al 40%
dell’intero personale della scuola; e allora
bisognerà chiedersi come mai il tasso
di sindacalizzazione nella scuola sia tra i
più bassi in Italia e come mai tutto il
sindacalismo rappresentativo scolastico non
rappresenti neppure la metà del personale in
servizio.
Entrando nel merito, il
segretario della CISL attribuisce il mancato
rispetto degli atti di indirizzo relativi al
riconoscimento della professionalità docente alla
mancanza di risorse disponibili. In questo c’è
del vero, ma è storia vecchia e non può
diventare un alibi. E perché, allora, non
ribaltare la richiesta, incalzando il Governo
proprio sul tema delle riforme che sta attuando ed
evidenziandone semmai le contraddizioni?
Certamente sarebbe una strategia più
efficace per ottenere risorse a supporto di
una nuova organizzazione del lavoro dei docenti
coerente con l’autonomia delle istituzioni
scolastiche. Invece si continua ignorare sia
quanto avviene nel resto d’Europa, dove
l’autonomia è a regime da molti più anni, sia
il dibattito in corso, anch’esso europeo, sulla
funzione docente, confondendo impropriamente la
collegialità sindacale con la responsabilità e i
ruoli professionali, ed esorcizzando il problema
delle nuove funzioni con l’ideologico ed
improprio concetto della gerarchizzazione.
Del resto come si può
ragionevolmente sostenere che la revisione dello
stato giuridico per legge sia stata opportuna
esclusivamente per i dirigenti scolastici e i
direttori dei servizi amministrativi mentre per i
soli docenti debba essere ricondotta al contratto?
Sostenere questo vuol dire anteporre alle finalità
educative della scuola il suo funzionamento
gestionale e amministrativo. Una legge sullo Stato
giuridico dei docenti restituirebbe appunto al
Parlamento l'onere di assumersi le proprie
responsabilità per spianare la strada alle
riforme, ai sindacati quello di operare al meglio
nelle materie che
sono istituzionalmente loro proprie.
Stupisce che sia proprio un
sindacato a definire “minaccioso”
un progetto di legge del Parlamento tanto più
necessario in quanto l’attuale corpus
normativo ha trent’anni di vita e nel frattempo
la struttura e gli assetti della scuola sono
radicalmente cambiati.
Non ci pare che trent’anni fa alcuno
abbia usato questo termine. E francamente non ci
saremmo aspettati di dover ancora ricordare in
questa sede che in democrazia il Parlamento non è
una minaccia per nessuno ma l’espressione
diretta delle scelte
democratiche dei cittadini.
Quanto allo specchietto, quello sì
“per le
allodole”, della citata periodica
Commissione post contrattuale, anche i sassi ne
conoscono i risultati ottenuti, ogni volta che è
stata istituita.
Eloquente, poi, il silenzio del
segretario della CISL sulla questione
pervicacemente negata dell’area contrattuale
separata per gli insegnanti. Né ci stupisce, dal
momento che il suo rifiuto non è sostenibile
ragionevolmente e pubblicamente.
In merito al “presunto
scippo … delle risorse da attribuire ai
vicari” (e, aggiungiamo noi, ai presidi
incaricati) la nostra interlocutrice sa bene che
esso si configura effettivamente come tale,
secondo quanto da noi più volte denunciato; e “scippo”
rimane ancora oggi, sia pure con un danno ridotto
grazie alla nostra azione. Appare quindi una
tardiva resipiscenza la “revisione
tecnica del testo contrattuale - passaggio
previsto per ovviare anche ad eventuali disattenzioni
[sic!]”
con la quale “si è provveduto [solo dopo la lettera dell’Anp ai Ministri di
Funzione Pubblica e Istruzione] a
confermare le norme presenti nei precedenti
contratti [leggasi: reintroduzione dell’art.
69 CCNL 4.8.1995] che
prevedono, come nel caso dei presidi incaricati,
il riconoscimento delle funzioni superiori con le
relative indennità” [i passaggi
virgolettati sono tratti da una dichiarazione
dello stesso segretario presente sul sito CISL
Scuola del 17.6.2003].
E come essere poi d’accordo con
l’affermazione che “la
scuola …continua a disporre di risorse da
impiegare per il lavoro dei collaboratori dei
dirigente, da lui scelti” quando questi
risultano, di fatto, diminuiti da tre a due poiché
i vicari “sono
scomparsi”?
Alla Sig.ra Colturani ed al suo sindacato rivolgiamo
l’invito a dimostrare un po’ di tolleranza in
più e a contrapporsi - se lo desiderano – sul
piano delle idee, che sono sempre più merce rara.
Per parte nostra, ci dichiariamo attenti
all’insegnamento di Galilei e con lui riteniamo che
"i
discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo
sensibile e non sopra un mondo di carta".
Roma, 25 giugno 2003
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