VI
Congresso Nazionale ANP
Replica del presidente nazionale a conclusione del
dibattito
Fonte:
siro web ANP - 10 dicembre 2002
Pubblichiamo, come preannunciato
ieri, 9 dicembre 2002, la registrazione trascritta
della replica del presidente Rembado a conclusione
del dibattito assembleare.
VI
CONGRESSO DELL'ANP
Replica del Presidente dell'ANP
al termine del dibattito congressuale
(testo trascritto dalla registrazione)
A chi ha seguito l'intero
dibattito di ieri, nell'interlocuzione con gli
invitati e con gli ospiti, con i rappresentanti
politici e sindacali, desidero ricordare due
momenti particolarmente significativi per aver
dato, nel dialogo con gli esterni
all'associazione, il significato, il peso, anche
un connotato preciso, ai nostri lavori: un
intervento alto ed un intervento singolare.
L'intervento alto reputo sia quello di Antonino
Zucaro, che è partito da un'analisi di contesto
assai lucida, assai onesta intellettualmente e,
senza retorica, assai coraggiosa. L'analisi di
contesto, ripresa in termini sintetici, è stata
questa: ci troviamo oggi a lottare, nonostante il
processo di decentramento in atto, con il
centralismo, con l'iperregolazione, con le
vischiosità procedurali, tutte concorrenti a fare
da freno al cambiamento; ha integrato questo
concetto con un'annotazione efficace, nella sua
concretezza: ci tolgono le risorse, ci lasciano le
norme. E ha lanciato, ed in questo consiste il suo
coraggio, un grido di allarme, che va rievocato
perché i momenti alti del nostro Congresso che
abbiamo vissuto assieme non possono e non debbono
essere dimenticati in modo da diventare patrimonio
comune. Perché sia stato coraggioso è fin troppo
chiaro, lo ha affermato lui stesso: Zucaro è uno
di quei dirigenti che fra tre mesi sarà, diciamo
così, sotto contratto, visto che due dei cinque
mesi del suo attuale incarico sono già passati e
visto che si trova in un rapporto di lavoro
ultraprecarizzato, nel caso suo come in quello di
molti altri dirigenti di prima fascia del MIUR. La
parte più bella, a mio giudizio, del suo
intervento è stata quella dedicata alla
consapevolezza del ruolo dirigenziale, che ha
legato a tre parametri essenziali: al senso dello
stato, all'ispirazione etica, allo spirito di
colleganza. Non sta a noi dire in questa sede se
questi tre parametri sono più o meno rispettati
da parte della dirigenza pubblica, perché anche
in quella sede, come dappertutto, ci sono i buoni
e i cattivi, quelli più qualificati e quelli
meno. Avevo lanciato un messaggio all'inizio della
mia relazione di ieri: il messaggio era quello di
lavorare insieme, un messaggio positivo. Zucaro ci
ha messo, del suo, un'indicazione aggiuntiva:
lavorare insieme, oggi, nelle avversità.
Passo all'intervento singolare: mi riferisco
all'intervento del rappresentante della CGIL. Tra
l'altro, a quelli tra i colleghi, e sono pochi,
che non hanno partecipato ai congressi precedenti,
debbo segnalare che questa è la prima occasione
in cui abbiamo invitato i rappresentanti delle
organizzazioni sindacali di comparto; anche questo
rientra in una certa logica che ho ampiamente
illustrato nell'apertura del mio intervento di
ieri. Anche in questa occasione abbiamo potuto
riscontrare - tutto ciò davanti alla realtà
spettacolare del congresso – che i nostri
convincimenti, le nostre elaborazioni, le nostre
proposte fanno scuola. La stessa cosa era successa
ancora due giorni fa nel corso dell'audizione alla
VII commissione della Camera, in occasione della
manifestazione del punto di vista delle maggiori
organizzazioni sindacali, quelle rappresentative
di comparto e di area, sul progetto di riforma
Moratti.
Noi abbiamo costruito, e ci sono voluti moti anni,
un ruolo egemone sul piano culturale e
propositivo; dicevo ieri che siamo passati dalla
solitudine degli anni '80 e dell'inizio dei '90,
al recepimento anche a distanza delle nostre idee
e delle nostre proposte. Di questo dobbiamo tenere
conto, ovviamente, nella situazione presente,
perché è fin troppo chiaro che sentiamo il
dovere di rapportarci a tutti i livelli
istituzionali, di allargare il confronto
politico-sindacale, e al tempo stesso sentiamo
anche la necessità anche di riempire dei vuoti.
E allora, cosa c'è dietro l'angolo per l'Anp? Non
possiamo permetterci di perder la bussola, il che
vuol dire non già fare affermazioni azzardate,
non già mostrare i muscoli, non già avere
occasioni per rappresentare in modo gridato le
nostre posizioni; ma, al contrario, mostrare
l'equilibrio di sempre, rivendicare sempre di più
e sempre più frequentemente un nostro ruolo
politico forte, che naturalmente non vuol dire che
ci stiamo trasformando in un partito; neppure nel
“partito della scuola” che tanta fortuna ha
avuto come espressione e come slogan all'interno
della nostra associazione. Ma vuol dire che
svolgiamo il nostro vero compito, quello di fare
una proposta coerente con l'impianto riformatore
in atto. E allora, se si passa poi da questa prima
fase dei lavori congressuali alla seconda, debbo
dire di essere consapevole come molti colleghi
abbiano chiesto da questa tribuna che accanto alla
strategia, che qualcuno chiama “volare alto”,
(ma che io preferisco indicare, in termini più
propri, come: “bada a non perdere il disegno
strategico”), ci vuole non il “volare
basso”, che sarebbe il corrispettivo, ma la
necessità di continuare a farsi carico del
quotidiano, di cui ciascuno di voi è
assolutamente maestro nel rappresentarci le
problematiche, note o meno note, ma sicuramente
incombenti. Da questo punto di vista, e per questa
seconda strada, c'è una pluralità di strumenti,
riassumibili in uno solo se li vediamo tutti
quanti collegati ed interconnessi, soprattutto in
una fase di transizione qual è l'attuale, una
fase intermedia che ci porti poi ad una
specializzazione degli interventi: lo strumento è
quello di utilizzare l'associazione ed le sue
risorse come sportello, il che vuol dire
essenzialmente utilizzare l'intreccio dei mezzi di
cui l'associazione si è dotata. Ieri abbiamo
avuto modo di parlare dell'associazione delle
scuole, ancora ieri abbiamo avuto modo di parlare
della società di servizi, ma in questa fase di
transizione c'è anche la possibilità di far
ricorso all'associazione ed ai suoi settori per
un'azione di supplenza rispetto a strumenti più
professionali, rispetto a strumenti che sono in
corso di strutturazione. E allora voglio
rassicurare i colleghi sul fatto che il supporto
ed il sostegno dell'associazione, nei tanti casi
che si presentano giorno per giorno, non verrà
meno, anzi diventerà più specializzato e
qualificato. Non solo, credo che si possa dire fin
d'ora che, passata la bagarre dei concorsi
(insisto ad usare il plurale perché questo è il
nostro intendimento ed il nostro programma) e
della preparazione ai concorsi, che almeno per la
prima tranche è già partita ed è in
atto, penso che dovremo arrivare a destinare
energie in una formazione capillare per i tanti
problemi specifici e particolaristici che
rappresentano l'oggetto di concentrazione al 95%
dell'attività del dirigente nelle scuole.
Ma il primo ed il secondo binario, la prima e la
seconda strada si intrecciano, ed è di questo che
voglio parlare: non ci può essere il primo,
quello che per comodità di discorso ho chiamato
il livello strategico, se manca il secondo, quello
che chiamerei il livello di sopravvivenza. È
indubbiamente vero anche il contrario.
E quindi, tornando al tema del congresso ed alle
competenze di un congresso - e di questo in modo
particolare –, credo che sia necessario toccare
ancora un paio di argomenti che sono stati
oggetto, da ieri, di discussione in plenaria e di
discussione e approfondimento nelle commissioni di
lavoro.
Il primo: la struttura dell'organizzazione
territoriale dell'associazione, regionale e
subregionale. Nel momento in cui, nel pomeriggio,
ci avvieremo alla discussione ed alla approvazione
delle proposte di modifica statutaria che sono già
state elaborate e discusse nell'apposita
commissione, voglio aggiungere questo contributo,
che sento il dovere di dare in termini di criteri
e di principi generali, non di proposte di norme
statutarie: abbiamo l'esigenza, per quanto attiene
alla nostra organizzazione territoriale, di
arrivare ad una legittimazione attraverso un voto
degli associati, direttamente o per delega, della
dirigenza regionale, perché quello è un livello
di rappresentanza politico-sindacale. Abbiamo
l'esigenza, e credo che sia una scelta
assolutamente coerente con il disegno complessivo
di proposta riformatrice a livello istituzionale,
di dare al livello regionale un potere di
autoregolamentazione per la struttura subregionale.
Abbiamo l'esigenza, per una questione di coerenza
interna, di costruire i livelli periferici, come
si sarebbe detto un tempo, sulla base del modello
nazionale. Sentiamo la necessità di non
disperdere energie e quindi dobbiamo evitare
duplicazione di funzioni; ma avvertiamo anche la
necessità di garantire il funzionamento
soprattutto delle strutture più deboli, nel caso
specifico le strutture nuove, che sono le
strutture regionali. Da quello che ho sentito dai
lavori delle due commissioni ma, in particolare,
da quello che ho letto nella bozza di statuto
presentata questa mattina, essi sono già andati
largamente, con una puntualizzazione degli organi
e delle competenze, nella direzione auspicata e
quindi credo che non dovremo fare una grande
fatica a concludere il lavoro di aggiornamento e
di adeguamento della nostra organizzazione
territoriale.
Voglio però toccare l'argomento che è stato più
largamente oggetto di discussione anche in
assemblea plenaria ma, come sempre succede nei
congressi per gli argomenti clou, anche al
di fuori perché, chi ha esperienza di
congressi, sa che fuori si affrontano argomenti
con più sale; e allora e giunto il momento di
passare anche in assemblea plenaria al sale, per
conto mio cercherò di metterci anche il pepe.
Mi riferisco al tema dell'allargamento
dell'associazione alle figure di collaborazione
con i dirigenti e alle figure di staff. Credo che
siamo sufficientemente adulti per poter affrontare
problemi di questa fatta in un congresso,
scambiandoci valutazioni, opinioni, punti di
vista, sulla base di due elementi fondamentali: la
valutazione di argomentazioni, quando anche
fossero diverse al loro interno, e la pacatezza
del confronto. Queste sono due questioni di metodo
pregiudiziali e fondamentali. Guai se non fosse
così.
E allora, e lo dico con assoluta coerenza con
l'impianto dei nostri lavori, fin dalla relazione
di ieri fino al momento che stiamo vivendo in
comune in questa fase dei lavori: è stato dai
congressisti interni ed esterni riconosciuto che
viviamo un momento particolare, di grandi
fibrillazioni sul piano istituzionale, che ci
carica di grandi responsabilità. C'è una base
comune a tutti, a qualsiasi tipo di proposte
emerga in sede associativa, è il minimo comune
denominatore, la richiesta che è esponenziale,
direi quasi tendente all'infinito: di dare
all'azione associativa più visibilità, più
potere contrattuale, più peso politico. E questi
sono gli obiettivi condivisi nella percezione
comune: non c'è delegato che intervenga non
avendoli chiaramente in testa, oppure
esplicitandoli nel corso del suo dire. Aggiungo la
seconda parte, che è importante tanto quanto la
prima; perché non è neppure lontanamente
pensabile che noi ci proponiamo questi obiettivi
superomistici senza avere la possibilità, almeno
in parte, di dotarci degli strumenti per poterli
raggiungere. Perché dobbiamo necessariamente
partire da una condivisione comune: non vogliamo
fare proposizioni velleitarie, non vogliamo porci
degli obiettivi irraggiungibili e poi ritrovarci
all'interno dell'associazione e della vita dei
nostri organi statutari a lamentarci e a piangerci
addosso perché non li abbiamo raggiunti.
E allora per commisurare le finalità ai mezzi,
per porci obiettivi politico-sindacali ambiziosi e
dotarci degli strumenti per poterli conseguire, al
fine di comprendere le ragioni della necessità
dell'allargamento dell'associazione alle alte
professionalità, parto da una serie di
considerazioni che voglio rappresentare alla
vostra valutazione.
1.
In questo momento storico, dentro alla
nostra organizzazione come fuori, il problema dei
problemi nell'ambito della rappresentanza degli
interessi sul piano sindacale – ma non
dimentichiamo che tutto il discorso tende ad una
rappresentanza di interessi a livello
politico-sindacale in primo luogo – lega assieme
tre categorie (o tre ceti) professionali, che sono
i dirigenti, i quadri, le alte professionalità,
accomunate dalla nozione di «lavoratori della
conoscenza».
2.
Questa è un'esigenza avvertita oggi anche
nella scuola. È un'esigenza avvertita in primo
luogo dai diretti interessati perché c'è un
vuoto di rappresentanza politico-sindacale per
questi ceti professionali. Il contratto di
comparto non si è affrancato fino ad oggi, né è
alle viste la possibilità che si affranchi
nell'immediato futuro, da logiche di appiattimento
che hanno continuato ad esistere ed a sopravvivere
nell'ambito del nostro sistema delle relazioni
sindacali.
3.
Quando si parla di alte professionalità,
nel nostro settore di attività come in tutti gli
altri, si ha ben presente che questo è il
naturale bacino per la futura dirigenza; è lì
che si va a pescare per poter trovare, attraverso
strumenti che possono essere diversi ma che per lo
più consistono di modalità concorsuali, i
dirigenti di domani. Questa, all'interno della
nostra associazione, è un'esperienza storica che
non conosciamo da oggi: è un'esperienza che
ciascuno di noi ha fatto prima come singolo e poi
all'interno della scelta sindacale attraverso un
percorso a zig-zag, perché ciascuno di noi,
almeno quelli che avevano una tessera sindacale -
e sono i più -, è partito da un sindacato di
comparto per approdare successivamente al
sindacato dirigenziale. Ahimè, mi tocca ancora di
dover dire con molto dispiacere - e non andiamo a
fare verifiche perché questo sarebbe
politicamente scorretto – che c'è ancora
qualcuno di noi in possesso di una doppia tessera
sindacale e che non si avvede dell'incongruenza e
dell'incoerenza delle proprie scelte, perché
viene da un passato che non può, non vuole o non
sa dimenticare.
4.
C'è poi la questione, già ieri dichiarata
nella presentazione molto esplicita della
proposta, della condivisione valoriale di
interessi professionali comuni a queste tre
categorie. Aggiungo una considerazione – e mi
riferisco in questo caso solo alla scuola – che
è banale tanto è generalizzata, conosciuta e
comune: sul campo queste figure professionali,
nella fisiologia (e speriamo che la patologia non
esista) collaborano gomito a gomito dal mattino
alla sera.
5.
Passo dalla realtà e dall'esperienza
quotidiana ad un tema di carattere generale e di
tipo normativo: è quello della cosiddetta
vicedirigenza, che si riferisce a tutte le
pubbliche amministrazioni, e che ha avuto un
riconoscimento normativo di recente seppure in un
contesto legislativo che noi, per altri versi,
deprechiamo, quale è quello della legge 154/2002
che contiene il famoso articolo dello spoil
system. Si è introdotta la vicedirigenza in
un percorso ed in un contesto che, in quanto
discendente dal D.Lgs. n. 165 e seguenti, come
norma di principio si applica a tutti i settori
della pubblica amministrazione, nessuno escluso.
6.
Passiamo ora a qualche confronto di realtà
similari. Parto da comparazioni interne alla
nostra Federazione e alla nostra Confederazione.
Per quanto riguarda la nostra Federazione, come
sapete, essa ha associato l'organizzazione
sindacale dei diplomatici, che rappresenta il 95%
della categoria. Ebbene, in questa organizzazione
sindacale, accanto agli ambasciatori, accanto ai
ministri plenipotenziari, accanto ai consiglieri
di ambasciata ed agli altri livelli di
diplomatici, esistono anche gli impiegati delle
ambasciate. Passiamo ad un altro esempio, esterno
alla nostra Federazione, tratto dal settore del
credito. Le relative organizzazioni sindacali, che
fanno parte della nostra confederazione, hanno
tutte al loro interno i dirigenti, i funzionari
non dirigenti e i quadri. È stato un percorso
difficile anche per loro, non c'è dubbio, perché
è evidente che persino là, dove c'erano
interessi anche economici molto forti (che non sto
a riprendere anche per non creare
demoralizzazione) le resistenze psicologiche erano
motivate, ma sono state ampiamente superate. Debbo
dire, per quello che vale l'esperienza degli
altri, che non c'è organizzazione di questo tipo
che non abbia a capo dei dirigenti, nessuna
esclusa. Sarebbero autolesionisti i non dirigenti
che si dessero come rappresentanti sindacali dei
non dirigenti.
7.
Passo all'ANVI, l'associazione dei vicari,
che abbiamo – come tutti sapete – invitato al
primo giorno del nostro congresso. È
un'associazione neo-costituita, un'associazione
professionale che può benissimo fare la sua
strada per conto proprio; si tratta di vedere
quali sono le convenienze, in questo caso, di casa
nostra, perché l'ANVI poi, autonomamente, valuterà
le proprie. Noi abbiamo sicuramente favorito un
percorso di avvicinamento e una fase di
annusamento reciproco, come si fa nei preliminari
del fidanzamento, ma siamo ai preliminari. Ora, ci
sono due possibilità:
§
si lasciano queste figure ad
organizzarsi per conto proprio; hanno, loro, a
loro volta due ulteriori possibilità:
a.
di trovare una casa sindacale che li
accolga, non importa quale, ma diversa dalla
nostra;
b.
oppure, voglio essere molto più ottimista,
di trovare una casa sindacale apparentata alla
nostra e cioè la Federazione della Funzione
Pubblica della CIDA.
Qual
è la differenza fra questa ipotesi e quella di
far entrare queste figure all'interno della nostra
organizzazione sindacale? Parto dal caso più
favorevole, che costituiscano un sindacato
all'interno della Federazione. In quel caso
farebbero, per proprio conto, le loro scelte senza
possibilità di una sede comune di confronto nella
quale arrivare a mediazioni nel comune interesse.
§
C'è poi la tesi che ha fatto
tremare a qualcuno le vene e i polsi: quella di
farli entrare dentro l'Anp. Ebbene, le mediazioni
sono sempre difficili ed io, che me ne occupo per
mestiere, lo so benissimo; ma le mediazioni in
questo secondo caso avverrebbero dentro la casa
comune.
Lascio
a voi valutare, con l'utilizzo del ragionamento e
non dell'emotività, qual è la strada migliore.
8.
Ci si potrebbe domandare: perché non è
stata seguita questa strada per l'ANQUAP? E' molto
semplice, molto chiaro: quelle sono figure di
quadri amministrativi, non figure professionali
assimilabili alle cosiddette alte professionalità,
che è un termine tecnico ormai da tutti
utilizzato; e allora si è scelta la strada
diversa di costituire un'organizzazione sindacale
che entrasse a far parte della stessa Federazione
ma che rappresentasse autonomamente il mondo dei
quadri delle amministrazioni pubbliche.
9.
C'è un altro interrogativo, per noi non
inquietante: cosa diamo loro? Una cosa è certa,
un impegno lo assumiamo sicuramente, implicito e
anche esplicito: noi assumeremmo con loro
l'impegno a farli emergere in una contrattazione
autonoma delle alte professionalità rispetto al
contratto di comparto. È un percorso lungo?
Lasciamolo decidere a loro, non faccio previsioni,
ciascuno di noi si interroghi dentro di sé e si
chieda quanto tempo ci è voluto per l'Anp a far
emergere la categoria in un'area dirigenziale
autonoma. Non lo diciamo per scaramanzia, ci vorrà
il tempo che il processo richiederà.
10.
Circola un altro interrogativo: se entrano,
entrano a parità di trattamento? Non capisco
neppure la domanda, ma me la pongo lo stesso perché
se qualcuno se la pone è necessario portarla in
tutta trasparenza ed evidenza all'attenzione
dell'assemblea congressuale. Ebbene sì, non ci
potrebbe essere nessuna associazione al mondo in
cui fossero costituiti soci a diverse velocità,
soci di serie A e soci di serie B, magari
differenziati da una diversa appartenenza
all'elettorato attivo e passivo: sarebbe
un'assurdità.
Arrivo alla conclusione sul
problema specifico che ho voluto trattare con
dovizia di dettagli e che ieri ho anticipato con
chiarezza cristallina ma senza le precedenti
considerazioni. Dicevo: il problema esiste,
l'esigenza c'è, esiste oggi e verrà risolto
comunque in un modo o nell'altro, questo è certo.
Sta a noi valutare se abbiamo la capacità di
cogliere l'opportunità o se la vogliamo lasciare
ad altri e per “altri” il range delle
opportunità possibili è molto ampio, va da
quella più negativa a quella più positiva che ho
già prima indicato. Possiamo ricondurre
l'elaborazione di una proposta politico-sindacale
all'interno dell'organizzazione di cui facciamo
parte e di cui siamo saldamente ed in modo maturo
- come ricordavo ieri – al controllo delle leve
di comando, oppure possiamo lasciarli ad andare
avanti autonomamente per loro conto. Questa è una
scelta che sta, anziché sulle ginocchia di Giove,
nell'autonoma valutazione di tutti i delegati
congressuali. E' una scelta davvero così
preoccupante? Francamente, io non lo credo.
L'associazione potrà andare avanti lo stesso?
Sicuramente sì.
Si tratterà di vedere se potrà andare avanti
arricchita o depotenziata, e questo è nelle
vostre mani.
Grazie.
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