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Sito telematico dedicato all'informazione, al confronto, al dibattito sui problemi connessi con il primo CONTRATTO DEI DIRIGENTI SCOLASTICI – a cura del D.S. Paolo Quintavalla  in servizio presso la Direzione Didattica 3° Circolo di Parma - In Rete dal maggio 2000 –

 

 

 

 

 

VI CONGRESSO NAZIONALE
Montecatini Terme (PT) 5-8 dicembre 2002

Documento finale


1. L'autonomia
1.1.– Le riforme relative alla scuola attualmente in discussione al Parlamento
1.1.1.– La riforma degli ordinamenti
1.1.2.- La devoluzione regionale dell'istruzione

1.2.- La scuola come impresa formativa

1.3.– L'interazione con il territorio
1.3.1.– L'associazione delle scuole
1.3.2.– La collaborazione con gli Enti locali
1.3.3.– Il centralismo vecchio e quelli nuovi

1.4.- Gli strumenti per l'autonomia

2. La dirigenza
2.1.– La difesa di tutte le dirigenze rispetto alle prevaricazioni della politica
2.2.– Il reclutamento dei dirigenti
2.3– La qualificazione del ruolo
2.4.– Gli strumenti per dirigere
2.5.– La politica contrattuale


3. L'Associazione
3.1.- Il nuovo assetto sul territorio
3.2.– La vocazione sindacale
3.3.– La vocazione professionale
3.4.– L'allargamento alle alte professionalità della scuola



1. L'autonomia

1.1. – Le riforme relative alla scuola attualmente in discussione al Parlamento
L'Associazione ha – fin dal suo sorgere – rivendicato la propria indipendenza da tutti i partiti e gli schieramenti politici, assumendo per se stessa il ruolo di partito della scuola, nel senso di movimento di opinione attento alla qualità del servizio di istruzione ed alla tutela degli utenti. Non a caso, del resto, a questo ruolo, scelto ed assunto con consapevole lungimiranza, ha legato la legittimazione del riconoscimento dirigenziale per i capi di istituto.
Per tale motivo, non è sua abitudine commentare singole proposte di legge di volta in volta all'esame del Parlamento, se non per quanto riguarda le questioni generali e la loro rispondenza all'interesse della comunità civile. In particolare, due sono e saranno i parametri sulla cui base tale rispondenza sarà giudicata:

·         la loro idoneità a promuovere il responsabile esercizio dell'autonomia da parte delle scuole;

·         la loro idoneità a consentire l'accesso alle opportunità di istruzione al maggior numero di cittadini, secondo criteri di universalità, equità e solidarietà.

Tale scelta di fondo vale tanto a maggior ragione in sede congressuale, in quanto gli orientamenti ivi espressi non devono riferirsi a questioni occasionali e contingenti, ma costituire linee guida cui la presidenza nazionale dovrà ispirarsi nei singoli casi, per il tempo intercorrente fra un congresso ed il successivo.
Non si può però fare a meno di rilevare che una singolare coincidenza di eventi ha portato nelle scorse settimane di fronte ai due rami del Parlamento due proposte di legge, entrambe incidenti sul servizio di istruzione, la cui rilevanza è tale da interessare la scuola per parecchi anni a venire. Esse mettono in gioco principi che sono per noi fondamentali e sui quali riteniamo di dover esprimere fin da adesso un giudizio, coerente con la nostra storia associativa e con la nostra vocazione professionale.

1.1.2. – La riforma degli ordinamenti
Il giudizio sulla proposta complessiva è, di necessità, un giudizio sulle intenzioni espresse, trattandosi di una legge di delega, che rimanda a successivi decreti la maggior parte delle decisioni di merito. Ci sono tuttavia due punti sui quali va espressa una motivata perplessità:

·         il primo riguarda la spartizione del curricolo fra le autorità scolastiche centrali e le regioni in sede locale, con il conseguente azzeramento dell'autonomia curricolare delle scuole. Su questo punto la nostra opposizione è netta. Non si tratta di difendere una privativa che non avrebbe di per sé alcun senso: occorre invece prendere atto che il curricolo non può essere formato per addizione di obiettivi e di esigenze disparati, elaborati da soggetti diversi e magari in concorrenza fra loro. Il curricolo – per essere strumento di istruzione e formazione – deve avere invece carattere di unitarietà ed essere quindi un prodotto di sintesi, disegnato sulla misura dei bisogni educativi degli studenti non meno che della domanda formativa dei committenti. Tale sintesi può avvenire solo nella sede in cui il servizio di istruzione viene messo a punto ed erogato agli studenti, perché essa è l'unica che conosce delle loro necessità effettive e che dispone delle risorse professionali idonee a tradurre gli obiettivi generali in concreti percorsi formativi, opportunamente personalizzati. Rivendichiamo quindi con forza il mantenimento alle scuole della quota orientativa del 20% del monte orario, da destinare appunto alle necessarie sintesi fra le committenze esterne ed i bisogni diversificati degli utenti, in particolare di quelli più deboli;

·         il secondo riguarda la separazione fra il canale dell'istruzione e quello della formazione professionale a partire dai 14 anni. Noi riconosciamo che tale era il dettato costituzionale anche prima delle recenti modifiche, ed a maggior ragione dopo. Non ignoriamo anche che in altri paesi d'Europa l'istruzione professionale è da tempo affidata alle regioni. Al tempo stesso, dobbiamo rilevare che il ruolo di supplenza – a lungo ed egregiamente svolto dal sistema scolastico nazionale in questo ambito – non è solo il frutto di una indebita occupazione di campo, ma anche e soprattutto della storica inidoneità di molte regioni a proporre in passato una formazione professionale che andasse al di là del mero addestramento. Prima di gravarle di una responsabilità, che presenta non trascurabili risvolti in materia di uguaglianza di diritti civili, chiediamo che esse si pongano in condizione di far fronte all'impegno. Il canale della formazione – cui noi siamo in via di principio favorevoli – deve rappresentare una reale alternativa formativa di pari dignità e non un modo sbrigativo per rimuovere dalle aule scolastiche un'utenza difficile e scarsamente gratificante. Fino a quel momento, la soluzione dell'integrazione fra i diversi percorsi formativi all'interno del sistema generale di istruzione ci appare come la soluzione più opportuna in termini di bilanciamento fra esigenze di formazione della persona e necessità di preparazione all'inserimento nel mondo produttivo.
In questo quadro, apprezziamo anche la proposta di un ridisegno complessivo della nozione di obbligo, attraverso una più razionale definizione dei limiti rispettivi di quello scolastico e di quello formativo, che superi l'attuale situazione ibrida del nono anno come ultimo di un percorso che non ha certezza di sviluppo, anziché – come sarebbe più corretto – come punto iniziale di un coerente progetto di formazione.

 

1.1.3.– La devoluzione regionale dell'istruzione
Ancora maggiori sono le nostre perplessità rispetto al progetto di devoluzione complessiva alle regioni della gestione ed organizzazione delle scuole. Le perplessità nascono dalla circostanza che la distribuzione delle competenze fra stato e regioni – già piuttosto confusa nella normativa costituzionale recata dal nuovo testo dell'art. 117 – viene ad essere ulteriormente complicata dall'aggiunta di un nuovo livello, quello della legislazione esclusiva regionale.
Si vengono così a porre le premesse per una crescita consistente del contenzioso interistituzionale, con ulteriore compressione del ruolo autonomo delle scuole e con probabile pregiudizio dell'uguaglianza di opportunità fra i cittadini nell'accesso ai servizi fondamentali, qual è quello scolastico.
Né minor rilevanza acquista ai nostri occhi un altro problema, quale quello dell'improprio conferimento alle regioni della gestione delle scuole, in palese violazione del principio di separazione fra poteri di indirizzo e poteri di governo delle pubbliche amministrazioni. Il primo appartiene senza dubbio al livello politico: ma trova il suo equilibrio nell'affidamento del secondo ai tecnici della gestione, che sono i dirigenti. La confisca politica anche di questo spazio, oltre ad essere concettualmente e giuridicamente errata, lascia i cittadini privi di garanzie in ordine all'imparzialità, al buon andamento, all'efficienza ed all'efficacia che soli possono derivare dalla competenza di chi proprio nella gestione ha il proprio specifico professionale.
Va poi fatta salva – sia a normativa costituzionale vigente che, a maggior ragione, nell'ipotesi di un ulteriore trasferimento di competenze alle regioni – l'esigenza che l'impostazione del servizio scolastico faccia salva l'uguaglianza di tutti i cittadini nell'accesso ai diritti fondamentali e il principio della solidarietà sociale, che è a base della convivenza civile.

1.2.– La scuola come impresa formativa
L'Associazione non si riconosce in alcuna visione della scuola che faccia riferimento a categorie valoriali estranee a quelle della formazione della persona, del cittadino, del lavoratore.
Per questo motivo rifiuta sia le logiche aziendali che quelle di segno opposto, che tendono ad istituire una contrapposizione pregiudiziale fra il mondo della produzione e quello dell'istruzione.
La scuola è impresa formativa, in quanto – come le imprese – ha l'obbligo di adattare la propria organizzazione agli obiettivi e non viceversa; in quanto ha l'obbligo di valutare la qualità di ciò che fa; in quanto ha l'obbligo di curare il costante aggiornamento delle proprie risorse umane; in quanto deve proporsi la massima efficacia educativa; in quanto ha il vincolo, etico prima che giuridico, di rendere conto dell'impiego che fa delle risorse che le sono assegnate.
La scuola – a differenza delle imprese e proprio in quanto di natura formativa – non può avere per fine il profitto economico; non può selezionare solo gli investimenti produttivi, in quanto deve farsi carico anche delle persone meno favorite; non può obbedire solo a criteri di efficienza; non può programmare un ciclo predeterminato di ritorno per i propri investimenti formativi; non può chiedere ai propri dipendenti il vincolo di fedeltà esclusiva alle scelte aziendali.

1.3.– L'interazione con il territorio
Autonomia non vuol dire isolamento, che è la premessa per la debolezza delle scuole e per la loro sottomissione a poteri esterni ben altrimenti strutturati. L'autonomia trae invece la sua legittimità da un fecondo ed attivo rapporto di collaborazione e scambio con il territorio. Ai nostri occhi, tale rapporto deve essere sostenuto e rafforzato da due strumenti operativi.

1.3.1.– L'associazione delle scuole
E' una nostra intuizione, che risale ormai al nostro precedente congresso, ma che abbiamo offerto alla libera disponibilità di tutte le scuole, convinti come siamo che essa rappresenti lo strumento necessario per l'acquisizione della maggiorità relazionale. Solo associandosi fra loro – ed acquisendo così un peso significativo come portatrici di interessi numericamente rilevanti - le scuole possono diventare interlocutori credibili ed efficaci per tutti i loro interlocutori istituzionali. Il mandato alla presidenza nazionale per i prossimi anni è quindi quello di fornire al sistema delle associazioni delle scuole ogni sostegno politico ed organizzativo, pur rispettandone l'autonomia rispetto all'associazione dei dirigenti, che ha fini distinti seppur non in contrasto.

1.3.2.– La collaborazione con gli Enti locali
Gli Enti locali sono stati fin qui visti dalle scuole solo come soggetti fornitori di servizi logistici, mentre la nuova normativa affida loro estesi poteri di regolazione del sistema di istruzione: ed altri ancora ne affiderà in un futuro verosimilmente prossimo. Non è utile per nessuno che il nuovo rapporto si instauri intorno ad una immotivata concorrenza per il presidio di sfere di azione che sono invece sinergiche. Gli enti locali devono rinunciare alla tentazione di considerare le scuole come un'estensione del proprio ambito amministrativo: mentre le scuole, per parte loro, devono prenderli in considerazione come soggetti portatori di interessi collettivi – e come tali abilitati a formulare richieste in materia formativa. Il rapporto che noi auspichiamo è un rapporto adulto, senza complessi e senza rivalità, che non giovano a nessuno (e soprattutto non ai cittadini, cui sia le autonomie locali che quelle funzionali debbono rendere conto). L'Associazione è impegnata a svolgere in questa materia un ruolo di mediazione, attraverso la stipula di protocolli di intesa con l'ANCI e con l'UPI, che prevedano fra l'altro l'accreditamento delle associazioni di scuole come soggetti riconosciuti del dialogo fra le istituzioni.

1.3.3.– Il centralismo vecchio e quelli nuovi
Abbiamo fermamente voluto il decentramento amministrativo e l'autonomia delle scuole, perché vi abbiamo visto le condizioni per un miglioramento del servizio. Assistiamo oggi ad una parodia dell'uno e dell'altra. Ai due livelli gerarchici tradizionali cui le scuole erano soggette in passato (provveditorato e direzione generale) se ne sono aggiunti altri due (direzione regionale e dipartimento del ministero), con appena qualche travisamento nominalistico. Analogamente, la semplificazione amministrativa votata con legge di delega si è tradotta in una ipertrofica produzione di decreti legislativi secondari, che ascende ormai a diverse centinaia.
E' ora di dire con chiarezza che ciò cui assistiamo non è il dispiegarsi del decentramento né dell'autonomia, ma il tradimento di entrambi per via amministrativa.
Si profilano inoltre, con gli imminenti sviluppi della devoluzione, ulteriori livelli di decisione ed ulteriori spazi per il sorgere di un neo-dirigismo locale. Vogliamo dire fin d'ora che noi non siamo disponibili ad appoggiare operazioni gattopardesche, che contrabbandano come novità la riproposizione su scala locale dei vecchi vizi del centro. Venti burocrazie regionali non sono un passo avanti rispetto ad un'unica burocrazia ministeriale: sono solo la moltiplicazione e la disseminazione di un anacronismo e di un errore, al quale noi ci opporremo con forza.

1.4.– Gli strumenti per l'autonomia
L'autonomia delle scuole ha bisogno di buone norme e di un positivo sistema di relazioni: ma necessita anche di strumenti per vivere e svilupparsi. Fra questi, alcuni assumono ai nostri occhi una speciale rilevanza:

·         risorse finanziarie. Negli ultimi due anni, quelli dell'autonomia a regime, il finanziamento alle scuole si è ridotto di oltre un terzo. Esso è stato inoltre erogato senza alcuna certezza preventiva degli importi, in ritardo e per lo più in forma vincolata: l'esatto contrario dell'autonomia ed anche delle norme iscritte nel regolamento di contabilità;

·         autonomia finanziaria. Le scuole devono vedersi riconoscere un potere di autofinanziamento aggiuntivo attraverso la determinazione di contributi per il proprio funzionamento, da porre a carico delle famiglie, sia pure con le opportune misure di equità e solidarietà. Chi vive unicamente di erogazioni esterne non può essere realmente autonomo, non foss'altro che perché la misura ed i tempi delle sue attività dipendono dalle decisioni di terzi;

·         riforma degli OO.CC. E' una riforma ormai da tempo matura e per la quale esiste anche un testo predisposto dalla competente commissione parlamentare. Non è più ammissibile che si continui a mantenere in vita organismi nati in un contesto e per fini del tutto diversi. Il potere di rappresentanza – che va mantenuto – non ha nulla a che vedere con la responsabilità di gestione, che appartiene al dirigente. Come pure, la competenza professionale del collegio dei docenti deve essere posta al riparo dalla tentazione di trasformarsi in autotutela sindacale, per la quale esistono ormai altre sedi specializzate all'interno dei singoli istituti;

·         assunzione diretta del personale. Il personale docente, ma anche quello ATA, rappresenta la principale risorsa delle scuole. Vale per esso quel che si è detto per le risorse finanziarie: se la scuola vuol essere autonoma non può dipendere da altri per l'acquisizione delle proprie risorse. I docenti assegnati dall'amministrazione arrivano quasi sempre in ritardo, sono esposti all'alea di graduatorie provinciali permanentemente travolte da un incessante contenzioso, e sono comunque irrimediabilmente esterni ed indifferenti a qualunque piano dell'offerta formativa predisposto dalle singole scuole e sul quale essi si trovano paracadutati in maniera casuale. Non bisogna confondere le garanzie di trasparenza e di tutela – che sono dovute ai lavoratori – con l'azzeramento della funzione per la quale sono assunti e con l'indifferenza per i diritti degli utenti. Le soluzioni tecniche si possono trovare, senza sacrificio dei diritti degli aspiranti, se esiste la volontà di risolvere il problema;

·         l'organico funzionale. In attesa, e non in alternativa, con il reclutamento diretto del personale, è necessario riprendere ed estendere il modello organizzativo dell'organico funzionale, senza il quale non vi sono reali spazi di autonomia didattica ed organizzativa. Una risorsa è tale se è allocabile funzionalmente ad un progetto: se il suo utilizzo è rigidamente subordinato a norme predefinite ed indifferenti all'obiettivo, diventa un vincolo.

 

2. La dirigenza

2.1.– La dirigenza e la politica
La legge 145/02 è – come abbiamo dichiarato fin dall'inizio – una pessima legge, indipendentemente dalle sue dichiarate finalità di riequilibrio di precedenti analoghe forzature. Essa calpesta un principio, quello della separazione fra potere politico di indirizzo e potere tecnico di gestione, che è posto a garanzia dei cittadini e non dell'uno o dell'altro soggetto in causa. In quanto tale, esso avrebbe dovuto costituire materia indisponibile per le incursioni di parte.
Così non è stato: e noi ci troviamo oggi con una dirigenza pubblica umiliata e costantemente esposta alle pressioni ed agli impliciti ricatti dell'esecutivo. Poco importa stabilire se tale ipoteca gravi sugli alti dirigenti piuttosto che su quelli di seconda fascia: è il concetto stesso di indipendenza tecnica – e quindi di imparzialità – dell'amministrazione che è stato violato. Come dirigenti pubblici abbiamo su questo punto un dovere di solidarietà con tutti gli altri dirigenti, a prescindere dai ruoli che ciascuno di noi riveste. Solidarietà in nome della comune difesa della nostra dignità ingiustamente offesa; ma solidarietà, anche, in nome della comune etica della professione, che ci vuole al servizio dei cittadini e non solo di interessi di parte. Solidarietà fra coloro che hanno comunque il dovere di assicurare il funzionamento delle amministrazioni loro affidate, perché rappresentano lo stato e lo stato non può abdicare e non può rinunciare ai propri doveri ed alle proprie funzioni.

2.2.– Il reclutamento dei dirigenti
E' un segno dei tempi – e non un segno lieto – che un congresso debba prendere in esame questo argomento, che dovrebbe costituire materia di ordinaria ed ordinata amministrazione.
Non vogliamo qui soffermarci sull'esigenza di bandire ed espletare in tempi brevissimi il concorso riservato tante volte rinviato: la consideriamo un atto dovuto che sarà solo tardivo quando finalmente reso. Vogliamo invece avanzare con forza tre richieste:

·         la sollecita emanazione del bando anche per il concorso ordinario, come atto di giustizia nei confronti dei tanti giovani e valorosi docenti in attesa ed anche come servizio reso alla scuola, che ha urgente bisogno di energie professionali nuove;

·         l'integrale copertura di tutti i posti dirigenziali vacanti, senza artificiose ed immotivate riduzioni del loro numero;

·         il ripristino di un ritmo fisiologico nel reclutamento, attraverso concorsi frequenti e per un numero limitato di posti. I concorsi per centinaia o migliaia di posti sono sempre condizionati dalle attese consolidate per anni, dai diritti acquisiti, dalle aspettative personali degli aspiranti: e finiscono con il far passare in secondo piano le esigenze funzionali per le quali vengono banditi. La professione di dirigente – come tutte le professionalità elevate – richiede una progressiva assimilazione dei nuovi entranti da parte di coloro che sono ormai consolidati: ciò che non è possibile in presenza di ingressi massicci e troppo distanziati fra loro.

2.3.– La qualificazione del ruolo

Un buon reclutamento può far molto per la qualificazione del ruolo: ma non può sostituirsi ad una formazione in servizio, che per le alte professionalità deve essere prima di tutto autoformazione.
Dobbiamo esigere dall'Amministrazione la chiara e tempestiva indicazione delle aree che essa ritiene strategiche per la qualità del servizio: ma dobbiamo rivendicare con forza il diritto di adeguare ed aggiornare la nostra professionalità in autonomia e libertà, sostenuta da una adeguata politica delle risorse.
Un dirigente che non si aggiorna – o che non sa scegliere la strada per farlo – è, per ciò stesso, inidoneo al suo compito. Nell'interesse dei cittadini, non meno che in quello dell'Amministrazione, va allontanato. Ma detto ciò, dobbiamo respingere con forza ogni velleità di dettarci tempi, modi e contenuti della nostra formazione: che sarebbe, in caso contrario, una forma di assoggettamento culturale cui un dirigente degno di questo nome non deve prestarsi. E' solo sulla valutazione – a sua volta basata sui risultati – che dobbiamo chiedere che siano giudicate le scelte da noi responsabilmente effettuate in merito.

2.4.– Gli strumenti per dirigere
Un dirigente reclutato con rigore, che si aggiorna costantemente, tutelato dalla legge nella sua autonomia professionale costituisce premessa indispensabile per un buon funzionamento dell'amministrazione. Ma la premessa resterebbe inefficace se non accompagnata dalle condizioni di contesto, cioè dagli strumenti per dirigere.
Da questo punto di vista, la situazione lascia molto a desiderare in tutte le dirigenze pubbliche; ma in misura particolare in quella delle scuole, approdata di recente alla funzione e tuttora frenata dall'esistenza di una normativa inadeguata e vincolistica. Alcune misure sono da indicare come necessarie per superare nei prossimi anni l'attuale condizione di inadeguatezza:

·         risorse. Senza una responsabile gestione a budget, correttamente e tempestivamente allocata, il dirigente non dispone di uno strumento fondamentale di governo del sistema;

·         gestione del personale. Se il reclutamento del personale è condizione essenziale per l'autonomia delle scuole, la sua efficace gestione da parte del dirigente ne costituisce il naturale e necessario complemento. Il che comporta la possibilità di premi e sanzioni che non siano solo simbolici, o irretiti in un sistema di procedure che ne renda aleatoria la disponibilità: ma anche la possibilità di un utilizzo flessibile attraverso l'organico funzionale;

·         riforma degli organi collegiali. Valgono le considerazioni già esposte, cui si deve aggiungere l'esigenza che le responsabilità rispettive del dirigente e dell'organo di governo della scuola siano chiaramente distinte e definite;

·         presenza di dirigenti nella delegazione di parte datoriale in sede di contrattazione del rimanente personale. E' una curiosa anomalia quella che vede l'Amministrazione rappresentata, in sede di CCNL e di CCNI, solo da dirigenti che non dovranno poi gestire le norme contrattuali che sottoscrivono e che non sono quindi pienamente al corrente di tutte le implicazioni, né interessati a fondo nelle conseguenze di certe scelte. La controparte sindacale è, invece, coerentemente rappresentata a tutti i livelli dalle stesse organizzazioni: e quindi può perseguire con altra coerenza ed efficacia i propri obiettivi;

·         libertà di scelta del numero e delle persone dei collaboratori. E' una delle prerogative fondamentali di tutti i dirigenti, che nella scuola non trova spazio per infelici scelte contrattuali pregresse. Occorre una netta inversione di tendenza, accompagnata dall'assegnazione al dirigente di un budget – proporzionato alla consistenza complessiva del fondo dell'istituzione scolastica – da destinare al proprio staff. Date le risorse, sarà lui a decidere di quante persone ha necessità di circondarsi: e sull'uso della duplice risorsa, umana e finanziaria, sarà poi legittimo fondare una parte importante della sua valutarione;

·         possibilità di costituire – attraverso l'organico funzionale e specifiche previsioni contrattuali – un proprio staff, in collaborazione con il quale impostare un modello di gestione allargata della istituzione scolastica attraverso l'esercizio responsabile della delega. In questo ambito, va affrontata e risolta anche la questione della posizione del vicario;

·         rimozione delle incongruenze della normativa che si traducono in disfunzioni del servizio e che appesantiscono inutilmente l'attività quotidiana del dirigente scolastico

 

2.5.– La politica contrattuale L'inserimento contrattuale della dirigenza delle scuole nell'attuale area V rappresenta un temporaneo compromesso, che va superato. L'Anp sostiene fermamente l'esigenza della formazione di una apposita area contrattuale dei dirigenti della formazione, che veda riuniti i dirigenti delle scuole, i dirigenti del MIUR, quelli dell'Università ed i dirigenti tecnici (ex ispettori), la cui comune vocazione è quella di pilotare i sistemi educativi e formativi in un sistema di coerenza generale.

3. L'Associazione

3.1.– Il nuovo assetto sul territorio
L'Associazione è nata sul territorio, dai coordinamenti locali, e si è successivamente costituita in soggetto nazionale. L'assetto adottato in quel momento era il riflesso di quello dell'Amministrazione, con la quale occorreva confrontarsi: un livello provinciale ed uno centrale. A lungo questo schema è rimasto sostanzialmente valido ed è stato mantenuto, se pure con parziali correttivi in occasione del precedente Congresso.
E' ora venuto il momento di fare un passo in avanti, che adegui l'Anp alla nuova struttura dell'Amministrazione scolastica periferica. Occorre introdurre un livello organizzativo regionale, con adeguati trasferimenti di risorse, che mantenga i rapporti con l'Ufficio Scolastico Regionale e con l'Ente Regione, per le competenze che questo già ha e per tutte quelle che è in via di acquisire o di attribuirsi in forza delle nuove norme costituzionali.
Ciò non comporta la sparizione della preesistente struttura provinciale, ma richiede certo una differenziazione ed una specificazione nei rispettivi compiti.

3.2.– La vocazione sindacale
L'Anp ha ormai pienamente maturato la sua crescita some soggetto sindacale, dopo una fase iniziale di adattamento rispetto alle originarie caratteristiche. Con l'acquisizione della piena agibilità sindacale, essa intrattiene relazioni formali a due livelli principali:
- quello nazionale;
- quello regionale.
La sua struttura nazionale è ormai consolidata nel compito, mentre restano da costruire e porre in condizione di funzionare quelle regionali. E' quindi necessario provvedere a costituire gli organismi relativi, che ricevano direttamente dai soci – attraverso un meccanismo congressuale analogo a quello nazionale – il mandato ad operare.
La creazione della struttura regionale – incaricata di gestire i rapporti con l'USR e con la Regione – deve accompagnarsi con una intensa attività di formazione quadri, di cui dovrà incaricarsi nella fase di avvio lo staff centrale. Successivamente, ma in tempi brevi, i responsabili regionali dovranno provvedere autonomamente, anche con le risorse poste a loro disposizione, ad organizzarsi in funzione dei compiti affidati e del mandato ricevuto dai soci.
Gli obiettivi a breve sono costituiti dalla piena attuazione delle code contrattuali del primo CCNL per quanto riguarda gli istituti di livello locale. In un secondo tempo, dopo la conclusione del secondo CCNL, dovrà essere gestita tutta la successiva fase di contrattazione integrativa, nonché tutte le altre forme di relazioni sindacali.
Con la Regione dovranno essere stabilite intese che riguardino la rete scolastiche, la programmazione dei servizi, i protocolli di collaborazione su specifici progetti: e tutto quanto attiene alla vita dell'Associazione sul territorio.
Un altro aspetto dell'attività regionale sarà costituito dall'assistenza e dalla tutela dei singoli dirigenti in caso di contenzioso che li opponga all'Amministrazione.

3.3.– La vocazione professionale
Costituisce da sempre un'esigenza molto avvertita, ma che ha in parte mutato caratteristiche, ed ancor più dovrà mutarle in futuro per l'evoluzione della professione e del contesto normativo ed organizzativo.
La consulenza professionale può essere resa dall'Associazione a due livelli: nazionale, attraverso la stampa associativa, il sito Internet, la formazione a distanza, le pubblicazioni ed i convegni; provinciale, attraverso specifiche iniziative di formazione in servizio. Il livello regionale, potrà a sua volta gestire eventuali servizi decentrati di consulenza legale.
L'Associazione si fa carico della formazione e della consulenza di carattere generale su problematiche professionali, con il fine primario di sostenere la crescita delle competenze dei singoli e di porli in condizione di far fronte autonomamente alla gestione delle questioni e dei conflitti interni al singolo istituto.
Per aspetti di particolare complessità o specificità, esiste da una parte il servizio di consulenza legale – che è auspicabile venga esteso e decentrato a livello delle singole regioni – e dall'altra il servizio di consulenza professionale esterna assicurato da Italiascuola.it
Il livello provinciale o subregionale dell'Associazione curerà poi l'informazione ai soci, le assemblee, il proselitismo associativo e tutti i servizi di prossimità che verranno individuati come necessari nelle diverse sedi locali.

3.4.– L'allargamento alle alte professionalità della scuola
L'Associazione fa parte di una confederazione di dirigenti, aperta di recente anche alle alte professionalità. E' coerente con tale scelta quella di rivolgere un'attenzione particolare all'emergere di professionalità elevate all'interno delle scuole.
Il modello di direzione monocratica, fondato sul ruolo formale e sul rapporto gerarchico, ha fatto il suo tempo. Noi che abbiamo, prima e più lucidamente di altri, antevisto la sua fine per quanto riguarda l'Amministrazione scolastica non possiamo commettere l'errore di adottarlo una volta approdati a nostra volta alla qualifica. Quel modello era funzionale ad un'epoca di centralismo burocratico, in cui la linea di comando discendeva in linea retta dal Ministro ai singoli istituti scolastici.
In un contesto di accentuata demoltiplicazione e dislocazione dei centri decisionali, non è proponibile che il dirigente della scuola pensi di esercitare da solo tutti gli aspetti della funzione e di mantenere operanti tutte le reti di rapporti. Dovrà di necessità – per garantirsi efficacia, ma anche tempo e lucidità per la visione strategica – delegare un buon numero di funzioni strumentali e quindi circondarsi di collaboratori di fiducia.
E' interesse dei singoli alimentare e far crescere il rapporto fiduciario all'interno della propria scuola: e quindi, in prospettiva, sviluppare la professionalità dei collaboratori più diretti.
E' interesse associativo favorire questo stesso processo nei confronti delle associazioni di tali alte professionalità, in primo luogo i vicari. A questi docenti i sindacati tradizionali non sanno offrire che una avara mancia, negando invece ciò che ad essi sta più a cuore, cioè il riconoscimento professionale ed una prospettiva di sviluppo. Spetta a noi farci interpreti delle loro aspirazioni, senza irrigidire nelle proceduralità e nelle garanzie formali un rapporto che deve rimanere vivo e dinamico.
Non si tratta di arrivare a breve termine al “vicario di ruolo”: la prospettiva della vicedirigenza, se maturerà, richiederà contesti normativi ed organizzativi profondamente diversi.
Al vicario, occorrerà garantire non un ruolo formale a vita, che costituirebbe un ghetto, ma prospettive di crescita personale e professionale che lo portino, in un tempo ragionevole, alla dirigenza piena, attraverso la riattivazione fisiologica dei meccanismi di reclutamento ricorrente.
Agli altri collaboratori, se non interessati a loro volta ad un analogo percorso, occorrerà assicurare uno status intermedio, che riconosca il loro ruolo di organizzatori e mediatori della didattica e dei gruppi di lavoro: e lo ricompensi in misura adeguata e con procedure che nascano dal riconoscimento del merito e non dalla gestione del consenso e degli schieramenti all'interno degli organi collegiali.
Questi obiettivi postulano una legittimazione ad agire, anche in campo sindacale, in nome e per conto di questi colleghi: e quindi l'apertura, per chi fra loro lo desidera, della possibilità di iscriversi alla nostra Associazione, pur nella distinzione dei rispettivi ruoli. Sempre, nelle dinamiche sociali, quando una funzione esiste, cerca gli spazi per diventare visibile e per operare a tutela dei propri interessi; anche entrando in concorrenza ed in conflitto con chi cerca di comprimerne gli spazi.
Spetta a noi dimostrare che siamo capaci di antivedere le forze che si muovono intorno a noi nel mondo della scuola e di saperci proporre come interpreti delle loro aspirazioni, che sono poi largamente anche le nostre.
Anche in questo senso avrà avuto un significato affiancare, nel motto di questo VI Congresso, un termine per noi carico di storia, con una parola d'ordine nuova, evocatrice e fascinosa, a patto di non svuotarla per il timore del domani: “Autonomia e oltre”.

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