Questione
Consip
Fonte:
sito web Andis – 1 marzo 2003
Invidiamo
chi ha già raggiunto la certezza della
obbligatorietà o della facoltatività del ricorso
alle convenzioni Consip per l'acquisto di beni e
servizi. Questo contributo che presentiamo è ben
lungi dalla presunzione di risolvere la questione,
anzi aggiunge forza, data l'autorevolezza dei due
commentatori, alle richieste pressanti che da ogni
parte - soprattutto dai dirigenti scolastici,
unici responsabili delle attività negoziali -
pervengono al MIUR di fornire chiarimenti: se è
confermato il contenuto della nota del 9 gennaio
apparsa sul sito ufficiale del Ministero, e cioè
la facoltatività di fare ricorso alle convenzioni
Consip oppure, se non è più così, di dirlo
chiaramente.
Non
si possono lasciare le scuole in questa incertezza
che vede solo il dirigente scolastico esposto e
unico sanzionabile, sia che ricorra, obbligato,
alle convenzioni Consip, col rischio di danno
erariale se lo stesso bene o servizio è offerto a
un costo inferiore fuori Consip; sia che non vi
ricorra, perché consegue un risparmio di spesa,
ma violando, secondo alcuni, la norma finanziaria.
Questione
CONSIP
È
diventato il tormentone di fine inverno.
Pervengono continuamente pressanti richieste di
chiarimenti.
Sulla
questione ormai è stato detto quasi tutto:
rispetto all’autonomia, alla responsabilità
negoziale del dirigente scolastico, al principio
dell’economicità, del buon andamento ecc.
E’
stato passato in rassegna, per l’ennesima volta,
l’art. 24 della legge 289\2002: nessuna delle
norme in esso richiamate si riferisce in modo
inequivocabile ed esplicito alle istituzioni
scolastiche:
·
il d.lgs 24 luglio 1992, n. 358, art. 1 si
riferisce alle amministrazioni aggiudicatici che
acquisiscono beni e servizi per un importo pari o
superiore ai 200.000 ecu (e le scuole non
c’entrano)
·
l’all. 7 del d.lgs 17 marzo 95, n. 157,
non include le II.SS. tra le amministrazioni
aggiudicatici
· il
comma 1 dell’art. 11 del dpr 4 aprile 2002, n.
101, riporta: "… possono effettuare
acquisti di beni e servizi …": una
possibilità quindi non un obbligo
·
la legge 23 dicembre 199, n. 488, art. 27;
legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 59; legge 18
ottobre 2001, n. 347 e 16 novembre 2001, n. 405,
si riferiscono agli EE.LL.
·
la legge 28 dicembre 2001, n. 488,
quando elenca le PP.AA. nella Tab. C, sembra
riferirsi solo al MIUR
·
la legge 24 dicembre 1977, n. 801, artt. 3,
4 e 6, si riferisce ai servizi di sicurezza.
E
comunque, le norme di cui ai nn. 1, 2, 4
(parzialmente), 6 sono anteriori al 1° febbraio
2001, data di emanazione del DI n. 44 (Regolamento
amm.vo contabile). Le altre, successive, non hanno
abrogato niente dello stesso regolamento.
Per
contrastare la convinzione certa di alcuni
collegi, o almeno di alcuni presidenti di essi,
riportiamo due stralci di altrettanti articoli di
due autorevoli commentatori giuridici.
Il primo è LUIGI OLIVERI che, in Ancora sulle
leggi di principio e coordinamento della finanza
pubblica - I limiti alla potestà legislativa
delle Regioni e regolamentare degli Enti Locali
derivanti dalla legge finanziaria 2003, così
scrive.
"Si è avuto modo di affermare, in un precedente
contributo [1], che la legge finanziaria
per il 2003 appare in chiara controtendenza,
quando non in deciso contrasto, con il supposto
federalismo introdotto dalla legge costituzionale
3/2001.
La formulazione finale della legge, come approvata dal
Parlamento, conferma e rafforza l'opinione
espressa.
La chiave utilizzata dal Parlamento nazionale per incidere
in maniera estremamente pervasiva sulla potestà
normativa degli altri enti territoriali,
teoricamente equiordinati allo Stato a mente
dell'articolo 114 della Costituzione, è
costituita dal combinato disposto degli articoli
117, commi 2 e 3, 119, comma 2, e 120 della
Costituzione stessa.
Per argomentare meglio l'osservazione così proposta, basta
esaminare alcuni passaggi decisivi degli articoli
che influenzano in maniera evidente la capacità
di amministrare. Senza dimenticare di premettere
che amministrare, in gran parte, significa
spendere risorse ed avere capacità di reperirle.
Sicchè se si limita la capacità della spesa e la
possibilità di reperire risorse, di conseguenza
si limita l'autonomia dell'ente soggetto a tali
limitazioni, qualunque siano le enunciazioni
autonomiste o federaliste delle leggi.
Ebbene, l'articolo 24 della legge finanziaria, che
introduce forti vincoli procedurali alla potestà
di acquisire beni e servizi esordisce al comma 1
con l'enunciazione che la disciplina in esso
contenuta è stabilita "per ragioni di
trasparenza e concorrenza".
Appare assolutamente evidente che la legge dello Stato
ricava la sua potestà ad intervenire sulla
materia degli approvvigionamenti di beni e servizi
dall'articolo 117, comma 2, lettera e), della
Costituzione, che assegna alla potestà
legislativa statale la "materia" della
tutela della concorrenza.
Si è virgolettata la parola "materia", perchè
in realtà, secondo non pochi autori, questa
fattispecie più che una materia, ovvero un
ordinamento complesso ed omogeneo, è una
"competenza" normativa, di per sé
trasversale, capace, ovvero, di influenzare ogni
vera e propria materia di normazione.
Sta di fatto che la disciplina delle acquisizione di beni e
servizi non rientra tra le "materie"
nelle quali lo Stato possa esercitare la propria
potestà legislativa. Ma il ricorso alla
competenza sulla tutela della concorrenza viene,
in effetti, utilizzato per incidere su una materia
per la verità estranea alla potestà legislativa
statale. E, probabilmente, andando anche oltre gli
stessi confini della materia trasversale della
tutela della concorrenza.
In effetti, per dare vita ad un sistema maggiormente
concorrenziale appare possibile ed opportuno che
la legge dello Stato imponga modalità di
espletamento delle gare pubbliche anche degli
altri enti territoriali basate su sistemi di
maggiore apertura e conoscibilità. Non è un
mistero che le gare sotto la soglia comunitaria
siano gestite, soprattutto dagli enti locali, non
solo con le modalità più disparate (questa
potrebbe essere una conseguenza dell'autonomia
regolamentare), ma soprattutto con sistemi di
gara, appunto di dubbia trasparenza. La pubblicità
dei bandi è più formale che efficace, poiché
spesso si limita al solo albo pretorio; i termini
per la presentazione delle offerte si rivelano
spesso irrisori; l'utilizzo ad albi di fornitori
è molto frequente, anche se la normativa non lo
consente.
Dunque, una regolamentazione generale, valevole per tutte
le amministrazioni pubbliche che imponga maggiore
trasparenza e concorrenza attiene, a ben vedere,
ad una funzione di armonizzazione
dell'ordinamento.
Detto questo, nell'articolo 24 della legge vi sono alcune
disposizioni il cui fondamento costituzionale
appare quanto meno dubbio. In base a quale
competenza la legge dello Stato può prevedere,
infatti, la nullità dei contratti stipulati in
violazione del comma 1? Si potrebbe ritenere che
tale potestà derivi allo Stato dalla competenza
in materia di "ordinamento civile". Ma
è altrettanto possibile argomentare che la
disciplina delle acquisizioni di prestazioni
contrattuali da parte delle amministrazioni
pubbliche non appartiene certo all'ordinamento
civile, che nella disciplina contrattuale subentra
solo nella fase esecutiva ed in quanto non
derogato dall'ordinamento speciale amministrativo.
Ora, la nullità dei contratti di acquisizione di forniture
e servizi non è, con ogni evidenza, causata da
categorie proprie dell'ordinamento civile, ma
dalla violazione di regole pubblicistiche: il non
aver proceduto secondo le discipline dei decreti
legislativi 358/1992 o 157/1995, o il non aver
effettuato l'acquisizione presso la Consip.
Non pare di riscontrare, però, nella Costituzione un
fondamento alla potestà della legge dello Stato
di prevedere una sanzione che, oltre tutto, incide
certamente sull'autonomia contrattuale degli enti
e sulla sfera giuridica dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche.
V'è anche, infatti, la previsione della responsabilità
amministrativa nei riguardi del dipendente che
sottoscrive il contratto, cui si accompagna la
responsabilità civile nei confronti del terzo
contraente, che può rivalersi sul dipendente per
l'adempimento alle obbligazioni contratte, a
questo punto, non in nome e per conto dell'ente,
ma a titolo personale. Anche in questo caso,
l'enunciazione delle materie di competenza della
potestà legislativa dello Stato contenuta nella
Costituzione non contiene in via espressa una
potestà chiara in tema di previsioni di sanzioni
di responsabilità amministrativa, mentre per la
responsabilità civile possono valere i
ragionamenti fatti prima sulla nullità dei
contratti. Né si potrebbe fare riferimento alla
competenza sull'ordinamento ed organizzazione
amministrativa, che l'articolo 117, comma 2,
lettera g), della carta costituzionale riferisce
solo all'amministrazione statale ed agli enti
pubblici nazionali.
Certo, l'articolo 28 della Costituzione dispone
espressamente che i dipendenti dello Stato e degli
enti pubblici sono direttamente responsabili,
secondo le leggi penali, civili e amministrative.
Ma se appare chiaro che le leggi penali e civili
sono statali, si può certo dubitare che le leggi
"amministrative" siano competenza
esclusiva dello Stato, proprio perchè la già
citata lettera g) dell'articolo 117, comma 2,
della Costituzione delimita la potestà normativa
statale all'organizzazione amministrativa dello
Stato. Comunque, la materia appare avvolta da un
cono d'ombra. …"
Il secondo, DANILO SCERBO (Dirigente del
Ministero Infrastrutture e dei Trasporti) in L'acquisizione
di beni e servizi secondo la disciplina prevista
dall'art. 24 della legge finanziaria 2003, così
scrive.
"… In altri termini, mentre prima dell’entrata in
vigore della legge 289/2002 l’operatore poteva
ragionevolmente scegliere tra il ricorso alla
procedure in economia o il ricorso alla procedura
aperta o ristretta, sia pure con modalità
diverse e meno rigide rispetto alla normativa
comunitaria, disciplinate dai rispettivi
ordinamenti (in relazione agli importi e alle
caratteristiche dei beni e servizi ed ovviamente
sempre per importi al di sotto della soglia
comunitaria), la nuova soglia introdotta
dall’art. 24 renderebbe di fatto obbligatorio il
ricorso alla procedura in economia, allo scopo di
aggirare i rigidi meccanismi previsti dalla
disciplina comunitaria in materia di gare.
Poiché è difficile pensare che il legislatore abbia
introdotto una norma di fatto destinata ad essere
disattesa, resta l’impressione di una scarsa
ponderazione degli effetti della misura proposta,
soprattutto in merito al coordinamento della
stessa con gli strumenti previgenti ed in
particolare con il D.P.R. 384/2001.
E’ auspicabile un rapido chiarimento da parte del
Governo, anche al fine di non lasciare gli
operatori in una situazione di incertezza che
potrebbe portare a ripercussioni negative
sull’azione amministrativa.
2. Un altro aspetto che suscita perplessità è
quello relativo all’obbligo di aderire alle
convenzioni-quadro stipulate dalla Consip S.p.a.,
pena la sanzione della nullità dei contratti
stipulati in violazione di tale obbligo e il
configurarsi di una responsabilità
amministrativa a carico dell’operatore che ha
stipulato (art. 24, commi 3 e 4 , legge 289/2002).
Ci si chiede: di fronte a tale disposizione, è comunque
consentito all’operatore effettuare ricerche di
mercato al fine di accertare la disponibilità di
prodotti identici o comunque con caratteristiche
del tutto similari a quelli delle
convenzioni-quadro, ad un prezzo però inferiore,
o con modalità di fornitura complessivamente più
vantaggiose? Ed in caso di esito positivo, è
possibile ricorrere a procedure in economia
(quindi negoziate) per acquistare tali prodotti?
Buon senso vorrebbe di sì, perché in fondo la ratio della
norma è quella di garantire un risparmio per la
P.A. acquirente.
Tuttavia la lettera dell’art. 24, comma 2, questa volta
appare più restrittiva rispetto a tale
interpretazione, prevedendo che è possibile
ricorrere autonomamente agli acquisti a
condizione che il prezzo fissato nelle
convenzioni–quadro rappresenti la base d’asta
su cui poi effettuare le offerte in ribasso.
Ciò sembra precludere alcuna procedura negoziata,
prevedendo invece il ricorso a forme di gara vere
e proprie con tanto di procedure rigide con
pubblicazioni di bandi, indicazioni di ribassi,
ecc. e con evidenti ripercussioni sulla speditezza
ed efficacia dei procedimenti di spesa.
Non si vede in che modo l’operatore possa essere disposto
a seguire una tale strada, e non invece a rifarsi
semplicemente a ai prezzi e alle condizioni
indicate nelle convenzioni-quadro, attenendosi così
in modo rigoroso alla lettera della disposizione
normativa in questione. Paradossalmente, quindi,
anche in presenza sul mercato di beni identici o
similari a quelli delle convenzioni-quadro ma ad
un prezzo inferiore o con modalità di fornitura
complessivamente più vantaggiose, risulterebbe di
fatto preclusa la possibilità di ricorrere a
forme di acquisto più rapide ed efficaci quali
quelle previste dalle procedure in economia.
Anche in proposito un chiarimento si rende
necessario."
E
poi interviene l’Antitrust che insiste
soprattutto nel rispetto del principio della
concorrenza che, col ricorso obbligatorio alla
convenzione Consip, sarebbe violato.
Inoltre,
la nota comparsa sul sito ufficiale del MIUR il 9
gennaio scorso non impone l’obbligatorietà;
questa, invece, viene imposta, non sappiamo con
quale legittimità e autorevolezza, da alcuni
presidenti, dipendenti dal MEF, dei collegi dei
revisori.
A
questo punto: o i due ministri, dell’istruzione
e dell’economia, si mettono d’accordo ed
emanano rapidamente una nota previo un serio
accordo (magari una nota MEF … IUR) o si
assumono la responsabilità di lasciare la scuola
allo sbando per una questione che determina la
vita e l’organizzazione delle istituzioni
scolastiche.
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