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Vendicari: i segni dell’uomo

Foto di Sebastiano Ramondetta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sebbene fino agli inizi del 1900 la zona di Vendicari, come tutte le aree paludose del Mediterraneo, fosse resa estremamente insalubre dalla presenza della malaria, pure in tutti i tempi l’uomo vi ha svolto attività di cui oggi possiamo scorgere ed ammirare i segni, dall’età ellenistica ai nostri giorni.

Insediamenti dovettero esserci già nella preistoria, come è testimoniato poco più a sud dalle grotte Calafarina e Corruggi, mentre i Fenici vi stabilirono un loro attracco, che successivamente sarebbe diventato un importante porto.

A difesa del caricatore di Vendicari fu eretta, per volontà di Pietro D’Aragona (1416-1458) la Torre detta Sveva per la tipologia della sua struttura di base, mentre il secondo ordine presenta uno stile diverso; rifacimenti si ebbero nel corso del Cinquecento, quando Giovanni De Vega la fortificò anche con l’istallazione di pezzi d’artiglieria e sappiamo che ancora nel 1798 svolgeva la sua funzione.

Vicino alla Torre si trovano i resti della Tonnara, la cui ciminiera ne denuncia la natura industriale: una fabbrica per inscatolare il tonno che abbondante veniva pescato nel mare prospiciente; la sua attività, iniziata già in periodo ellenistico, rinsaldata ed ammodernata durante la dominazione araba, cessò per i tragici eventi dell’ultimo conflitto (1943).

D’epoca classica è la Via Elorina, che collegava Siracusa alla parte più meridionale del territorio e di cui nella riserva sono ancora visibili ampi tratti.

Nella zona di Cittadella dei Macchari sorgeva un insediamento bizantino del V-VI secolo d.C. di cui è rimasta solo una chiesa, la cosiddetta Trigona, e la necropoli costituita da quattro grandi catacombe, da fosse di forma trapezoidale e sepolcri a edicola di stile e fattura del tutto originali.

Nelle ampie superfici di depressione, i cosiddetti Pantani, si sviluppò un’intensa e antica attività, quella delle saline, abbandonata a seguito dei danni riportati dall’alluvione del 1951. Nei Pantani si praticava anche la pesca, soprattutto delle anguille.

In tempi recenti, nella zona interna, si ebbe l’instaurarsi di una florida agricoltura agricola con l’impianto di vigneti, mandorleti, uliveti. In questo periodo sorsero abitazioni rurali di vario tipo, fra cui le cosiddette masserie, con palmenti e tappeti (case della Banca, masseria Loreto-Messina, case di Cittadella), che rappresentano un importante patrimonio della cultura contadina.