Giugno 1509: continua la ritirata
Sebbene in un primo momento Venezia si fosse illusa di poter mantenere sotto il proprio controllo i principali territori del Veneto, non appena anche Massimiliano I riuscì ad organizzare al meglio le proprie forze, il Senato della Serenissima decise di lasciare al proprio destino anche Verona (1 giugno) e una dopo l'altra Rovereto, Riva, Legnago, Schio, e Vicenza (3 giugno). Il 5 giugno le truppe imperiali, favorite da appoggi interni di una parte non trascurabile della nobiltà
Subito dopo Padova, caddero in potere della parte imperiale Piove di Sacco, Castelbaldo, Camposampiero, Montagnana, Bassano, Feltre e Cittadella. Contemporaneamente, dal fronte "meridionale", il duca di Ferrara occupò Este e Monselice, non curante delle proteste dei nobili padovani che, per evitare altre spiacevoli sorprese, estesero la loro giurisdizione a tutti gli altri paesi della "bassa" provincia padovana.
In sostanza, in questo frangente, le uniche città di un certo rilievo, che si mantennero fedeli alla Repubblica, furono Castelfranco e Treviso.
Il "breve" Governo Imperiale di Padova
Caduta in mano agli imperiali, il governo della città fu, solo formalmente, esercitato da quella parte della nobiltà che ne aveva favorito il successo militare. Impegnata infatti più ad impossessarsi dei beni che i veneziani avevano nel territorio che a mantenere l'ordine pubblico nei propri domini, la nobiltà padovana non riuscì mai veramente a tenere sotto controllo la situazione. Molto frequenti erano così le dimostrazioni di affetto verso Venezia da parte di una vasta fascia di contadini che mai vollero riconoscere l'autorità del nuovo governo, ritenuto privo di legittimità oltre che povero di beni e quindi risibile. L'unico vantaggio che la cittadinanza padovana ricavò dall'arrivo degli imperiali fu una notevole abbondanza di viveri grazie alla iniziale abolizione dei dazi. Ecco che, favorita da questa sostanziale instabilità, Venezia riuscì rapidamente a riprendere i propri contatti nel padovano e già il 28 giugno riuscì ad organizzare delle truppe, capeggiate dal Gritti, che si avvicinarono rapidamente a Padova arrivando sino a Porta San Giovanni. Da parte imperiale la reazione fu lenta e scarsa: la milizia imperiale, mal pagata e di conseguenza poco motivata, non riuscì a reggere di fronte alle truppe veneziane nonostante il supporto forse tardivo di altre truppe giunte da Vicenza e da bande cittadine filo-imperiali organizzate dalla nobiltà. Fu così che tra il 9 e il 10 luglio buona parte delle milizie imperiali, che stavano a presidio di Padova, si ritirarono verso Bassano dove si trovava l'imperatore Massimiliano, lasciando gravemente sguarnita la difesa della città.
Padova rioccupata dai Veneziani
Nella notte tra il 16 e il 17 luglio gli uomini della Serenissima riuscirono a domare le ultime sacche di resistenza imperiale: presso porta Codalunga costrinsero alcuni nobili filo-imperiali alla ritirata e ad una strenua quanto vana opposizione all'interno del Castello (fino alla resa del 18 Luglio); presso il Portello furono invece spenti gli ultimi focolai di difesa imperiale anche grazie al sostegno di numerose barche di rinforzo che nel frattempo erano giunte da Venezia lungo la Riviera del Brenta. Rioccupata la città, il Gritti e i suoi dovettero, in prima battuta, frenare i non pochi episodi di saccheggio che si andavano via via verificando in questa fase di "passaggio di consegne" tra lo sconfitto governo degli imperiali e quello nuovamente ristabilito dei veneziani. Ripristinato a fatica l'ordine in città, fu dunque dato inizio agli arresti della nobiltà sostenitrice di Massimiliano, che aveva retto le sorti della città dopo l'iniziale caduta di Venezia; le ricerche continuarono per diversi giorni e coloro che non riuscirono in qualche modo a fuggire furono fatti prigionieri e portati a Venezia.
L'assedio: le fasi preparatorie
Già a partire dalla fine di Agosto, il governo della repubblica, compreso una volta ancora il ruolo strategico di Padova nella lotta contro la Lega di Cambrai, decise di trasferire presso di essa un'importante fetta dell'esercito della Serenissima andando a sguarnire, laddove possibile, altri importanti presidi militari. Furono inoltre aumentate, con grande alacrità, le fortificazioni a protezione delle città, in particolare nei pressi di Porta Codalunga, anche (e soprattutto) in considerazione del fatto che le truppe imperiali si erano nuovamente attestate nelle vicinanze di quel versante (nei pressi di Vigodarzere) dopo aver riconquistato il 13 Agosto l'avamposto di Limena. Da quest'ultima posizione gli uomini di Massimiliano poterono anche facilmente deviare le acque del canale della Brentella, al fine di ostacolare la macina del grano in città. Un altro potenziale fronte d'assedio fu poi aperto dagli imperiali tra la zona di Tencarola e il Bassanello, consentendo loro anche la facile riconquista di diversi paesi del circostante territorio padovano.

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