Ingegnera con piercing

Dalla rubrica  info/psiche lui, Io Donna, allegato al Corriere della Sera, 9/08/03. E’ possibile scrivere a Claudio Risé, rubrica Psiche lui, Io donna, RCS Periodici, via Rizzoli 4, 20132, Milano; oppure collegandosi al sito www.claudio-rise.it  

 

Ritorna il tema del piercing, oggetto del desiderio di molti teen ager. Che non è solo un segno di trasgressione, come pensano i genitori. Ma un modo per rafforzare un'identità ancora debole.

«Ho 20 anni e ho concluso brillantemente il primo anno di ingegneria. Diversamente dal ragazzo al cui padre ha risposto su Io Donna, 19.7.03, quando frequentavo il liceo non ho mai avuto problemi a scuola, né dato preoccupazioni ai miei genitori. Come “premio” della mia diligenza chiedo solo di poter fare un piercing. Mia madre in questi anni ha cercato di dissuadermi in tutti i modi, pensando che avrei desistito, ma non è così. Dopo aver letto la sua risposta la mia mamma ha concluso che mi darà il permesso solo se riceverà da lei una giusta causa alla mia richiesta.  Lei é convinta che chi ha piercing o tatuaggi é un disadattato con problemi familiari, e non riesce a capire come mai una ragazza di carattere, intelligente e con personalità (cito testualmente) possa volerlo. Penso voglia il suo parere perché é un uomo della sua stessa generazione, che può comprendere a fondo le sue remore di mamma adulta, ma che tuttavia sembra favorevole alla pratica del piercing (anche mio papà é contrario ed é molto difficile trovare un adulto con senno e tenuto in considerazione che sia di parere favorevole)». 

S.E.

Cara amica, le rispondo volentieri, sperando di aiutare a ricondurre il dialogo tra figli e genitori, e il connesso uso del divieto, a questioni più sostanziali e importanti della pratica del piercing. Di fronte a generazioni che attraversano la scuola con enorme fatica senza apprendere quasi nulla, mi pare distruttivo punire dei figli che invece vengono promossi e imparano, come lei, vietando loro un segno distintivo personale e privato, seppur discutibile, come quello realizzato col piercing. A proposito del quale   raccomando soprattutto di non farne una questione di principio, con rischio di non poter più invocare i princìpi per questioni più importanti. I discorsi generici generano solo confusione, e sofferenza. E’ sbagliato, per esempio, accomunare il piercing al tatuaggio. Il secondo ha un’antica tradizione nel mondo maschile: a parte certi corpi dell’esercito, come la marina, dove era di prammatica, rappresenta una di quelle “ferite iniziatiche” che una volta gli uomini si facevano incidere, con le motivazioni più diverse. Io, per esempio, ho un elefante tatuato sul braccio, il mio amico Carlo Ripa di Meana una pantera,   ma ho conosciuto uomini che avevano tatuata la Vergine, oppure il volto di Gesù sul cuore. Il tatuaggio é un modo, certo primitivo, ma a volte più sentito di un’immagine sul comodino, di segnarsi sul corpo qualcosa che piace, o a cui si tiene.  Il piercing applica invece al corpo un’oggetto esterno, in genere di ferro, attraversandone parti più o meno importanti. E non è più una ferita solo maschile, ma anche, e forse più spesso, femminile. Attraverso di esso la donna, aggiungendo componenti di ferro al proprio volto o corpo, si “marzializza”, aggiunge un elemento naturale “duro” a quella morbida tenerezza che è sempre stata una sua attrattiva.  In genere, l’uso occidentale del piercing, frequente tra i cosidetti “primitivi”, sembra corrispondere alla ricerca di segni esteriori rafforzativi di un’identità che il modello culturale vigente vuole invece “debole”, ed in continuo mutamento. Anche perché questa debolezza e mutevolezza identitaria rende più dipendenti dal consumo e delle mode.  Naturalmente, il piercing è lontano da realizzare quel rafforzamento di identità e quella “distinzione” dagli altri che il soggetto vorrebbe. Alla fine, non è un marcatore di identità più efficace di un capo firmato, dal quale si differenzia soprattutto perché è più difficile toglierselo. Sua madre ci pensi: se lei, che è tutt’altro che emarginata o disadattata, vuole farsi un piercing, vuol dire che non si tratta di una pratica esclusiva di queste categorie. Sarebbe forse più importante riflettere, e magari discutere insieme, sul perché lei non ritenga la sua identità sufficientemente definita dai sostanziosi connotati che già possiede, e preferisca coprirla con altri. Di ferro.

Claudio Risé

   

Torna all'Archivio Psiche Lui Anno 2003

Vai al sito www.claudio-rise.it