CONVERTIRSI ALLA REGOLAGesù Cristo cominciò la sua missione annunciando: "Il Regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1, 15). E, nel suo discorso-testamento, aggiunge: "Questa è la vita eterna: conoscere te (Padre) il solo vero Dio, e colui che hai mandato Gesù Cristo" (Gv 17, 3). Credere al Vangelo è credere in Gesù Cristo, unica via al Padre (Gv 14, 6-7). Credere e seguire Gesù Cristo è l'unica cosa necessaria per salvarsi. Essere francescani, perciò, non è necessario per la salvezza. Questo però non esonera dal dovere di cercare di capire il disegno di Dio sopra di noi. E, quando è addirittura Dio a prendere l'iniziativa facendoci un dono particolare, allora il discorso cambia. Nasce, cioè, il dovere di accogliere e valorizzare al meglio il dono ricevuto, pena di incorrere nella condanna come colui che non si curò di far fruttare il talento ricevuto (cfr. Mt 25, 14-30). La vocazione francescana è il "talento" affidatoci da Dio. Credo che si possa applicare al nostro caso l'esortazione di san Paolo: "Vi esorto a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto" (Ef 4, 1); e l'ammonimento di san Pietro: "Fratelli, cercate di rendere più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione. Se farete questo non inciamperete mai" (2Pt 1, 10). Memori che ci sarà anche per noi il "rendiconto della tua gestione" (Lc 16,2). La vocazione particolare non è necessaria alla salvezza, ma la corrispondenza ad essa ne assicura il raggiungimento e ne agevola il cammino. La Regola, Norma di vitaTutti i cristiani, per essere tali, devono credere e vivere il Vangelo. I francescani sono "chiamati" a viverlo alla maniera di san Francesco, cioè con radicalità, immediatezza, generosità e gioia, passando con prontezza dallascolto alla pratica (cfr. FF 356-357). Come lui, saper convogliare nellesperienza evangelica le proprie esperienze positive della vita familiare, di relazione, dimpegno negli studi, nel lavoro, nella professione sociale, politica, culturale, religiosa; inserendole nel progetto di Dio su di loro e valorizzarle in quella prospettiva. Perché i francescani secolari possano vivere la loro vocazione in verità e sicurezza, la Chiesa ha dato loro, come "NORMA DI VITA", la Regola, frutto di una vasta e profonda consultazione nel mondo francescano alla luce della storia, della teologia, della spiritualità francescane e del Magistero della Chiesa. Regola che Giovanni Paolo II ha definito "un autentico tesoro nelle vostre mani, sintonizzata allo spirito del Concilio Vaticano II e rispondente a quanto la Chiesa attende da voi... I valori in essa contenuti sono eminentemente evangelici... Viveteli in Fraternità, nel mondo, nelle vostre famiglie". Accanto a questi valori, continua il Papa, "emergono con caratteri incisivi, i valori umani per i quali i francescani secolari, come cittadini e cristiani, assumano impegni temporali e sociali intendendo di essere fermento nelle realtà umane in quanto chiamati a dare unanima cristiana e umana a tutte le cose". Ed esortava: "Studiate, amate, vivete la Regola per voi approvata dal mio predecessore Paolo VI" (27/9/1982). La Regola, perciò, non può essere declassata ad una specie di compendio di pratiche di pietà adatte a soddisfare la devozione personale e alcune esigenze di vita comunitaria. Essa è "NORMA DI VITA", con il chiaro intendimento di creare in coloro che la professano una mentalità "francescanamente" evangelica e proporre dei principi di comportamento rispondenti alla specifica vocazione. Valori evidenziatiAd uno studioso attento della nuova Regola non sfugge il risalto che essa dà a due valori fondamentali della spiritualità francescana: lEVANGELICITÀ e la FRATERNITÀ. EVANGELICITÀ - Il francescanesimo è una particolare interpretazione-risposta del messaggio evangelico, che, a sua volta, si fa proposta e offerta agli uomini. E il Vangelo non "ridimensionato" secondo le circostanze, non "accomodato" a determinati gusti; ma che, invece, conserva loriginale carica rinnovatrice e che si fa "lievito" all'interno di tutte le situazioni umane. Perchè, come afferma Paolo VI, "il Vangelo dona agli uomini le più alte ragioni di vita, affina le coscienze, sviluppa la loro responsabilità in tema di giustizia, di pace, di amore e le orienta, in una parola, verso un umanesimo plenario aperto allAssoluto, che permette di giudicare tutti i beni temporali secondo unautentica gerarchia di valori" (11/11/1977; alla regina di Danimarca). Il Vangelo è Gesù Cristo e la Regola, proponendolo come Norma di Vita ai francescani secolari, presenta ad essi gli atteggiamenti di Gesù Cristo verso il Padre celeste e gli uomini; e li esorta a cercare la sua "persona vivente e operante, nei fratelli, nella Sacra Scrittura, nella Chiesa e nelle azioni liturgiche". Così che diventi, come lo fu per il serafico Padre, lispiratore e il centro della loro vita con Dio e con gli uomini (art. 5). Tutto questo vuol dire che se i francescani secolari vogliono, come è loro impegno, vivere il Vangelo alla maniera di san Francesco, essi devono obbedire alla Regola perché la Chiesa ha "codificato" quella maniera nella Regola per essi approvata e da essi professata. Nello spirito della Regola che li invita a "passaredal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo" (art. 4), essi incarneranno "l'uomo francescano, che ha un senso nuovo della vita e una nuova spiritualità, colui che ha il coraggio di mettere in pratica i testi più radicali del Vangelo e di mettersi accanto al fratello che soffre, che nel duplice precetto dellamore, abbraccia contemporaneamente Dio e la creatura umana" (Van Doornik, Francesco d'Assisi, pag. 56). In virtù dello specifico carisma che lo caratterizza, il francescano secolare - "luomo francescano" di van Doornik -:
E la "VISIONE FRANCESCANA DELLA VITA", che in Dio vede principalmente l'amore, negli uomini dei fratelli, nelle cose dei doni di Dio a tutti gli uomini e "scala" per salire a Lui. Le idee-forza principali che la sorreggono, lanimano e la guidano sono tra di loro talmente concatenate da formare una "unità" inscindibile e vitale. Lamore, che si dona e unisce, crea la fraternità, che poggia ed è alimentata dalla povertà in spirito e dal servizio vicendevole. Povertà in spirito che libera dalla ricchezza povera del nostro io con tutte le sue aderenze disordinate e inserisce nel circuito della povertà ricca di Gesù Cristo che potenzia la nostra persona (cfr. 2Cor 8, 9). Perché essa è pienezza e ricchezza di un possesso partecipato e condiviso con altri. E lespressione concreta dell'amore perché realizza il donare generoso e il ricevere gioioso (cfr. 2Cor 8, 1-6). Infatti, un amore incapace di donare è egoismo e un amore non aperto a ricevere è orgoglio. Servizio reciproco che nel rispetto della dignità e delle qualità dellaltro cerca e crea il bene di tutti (cfr. Lc 22, 24-27). Esso, infatti, determina un cambiamento di qualità nei rapporti umani trasformandoli da rapporti basati sul dominio "degli uni sugli altri" in rapporti basati sulla fraternità "degli uni con gli altri" e di servizio "degli uni per gli altri". Servizio è esercizio di libertà perché è esercizio di amore che in Cristo trova l'origine e la misura, il motivo e il modello. In questa visione Francesco ha voluto che chi esercita l'autorità nella Fraternità si chiamasse "ministro", cioè colui che "serve" i fratelli (cfr FF 102,152,197). In questa prospettiva, essi potranno recuperare al Regno di Dio i valori intramondani, quali i beni terreni, la sessualità, la libertà, donati da Dio all'uomo perché siano vissuti e goduti come mezzi per completarsi nella vita presente in vista della futura. LA FRATERNITÀ E il valore basico qualificante. San Francesco l'attinse direttamente dal Vangelo nel profondo convincimento, tradotto in forza operante, che ogni uomo è immagine di Dio ed è redento dal sangue di Gesù Cristo (FF 1168). Questa verità-convincimento assicura alla Fraternità la solidità, lo spirito che la vivifica, la forza che la fa crescere armoniosa, nonostante la molteplicità e la diversità dei componenti. Francesco insegna a vedere in ognuno di essi un "dono del Signore", insieme al quale cercare la volontà di Dio (FF 116). Egli ha trasmesso ai suoi figli, il senso della fraternità come esigenza e componente della loro vocazione, e diceva che il vincolo che li unisce è più forte di quello che unisce la madre al figlio carnale. La ragione é chiara: questo nasce dal sangue, quello dallo Spirito (FF 91). Nella Fraternità, il francescano secolare acquisisce il convincimento e si fa la mentalità di camminare insieme nella preghiera, nell'ascolto della parola di Dio, nella celebrazione eucaristica, nell'approfondimento della dottrina della Chiesa e della spiritualità francescana, per raggiungere il fine della sua vocazione e compiere la missione, ad essa legata, nella Chiesa e nel mondo. E' fortemente stimolato a vivere in tensione spirituale e pronto ad accogliere le ispirazioni dello Spirito a lasciarsi illuminare, guidare, e giudicare dalla Parola di Dio; ad aprirsi all'esperienza degli altri e a farne tesoro superando diversità di opinione, di giudizio, di situazioni, in nome delladesione personale e comunitaria a Cristo, che conduce ad una profonda comunione interiore, fa crescere in Cristo ed edifica la Fraternità nella carità (cfr Ef 4,15-16). La Fraternità nella RegolaLa Regola parla della Fraternità sia come valore personale che come struttura. In quanto valore personale, indica l'amore fraterno che deve circolare tra i membri della comunità, che condividono la medesima vocazione, partecipano dello stesso carisma e in unità di intenti si impegnano a viverli e a farli fruttificare a gloria di Dio, a beneficio della Chiesa oltre che a proprio vantaggio spirituale. Sarà il senso di fraternità, che consustanzia la loro vita, a renderli lieti di mettersi alla pari di tutti gli uomini, specialmente dei più piccoli (art 13). In quanto struttura, la Fraternità deve attirare la nostra attenzione per l'importanza che essa riveste per la vita dei suoi membri. La Regola la definisce: cellula prima dellordine; segno visibile della Chiesa comunità di amore; ambiente privilegiato per sviluppare il senso ecclesiale e la vocazione francescana, nonché per animare la vita apostolica dei suoi membri (art 22). Articolo denso, impegnativo e risolutivo per la vita dell'OFS. Cerchiamo di penetrarne il significato e condivideremo lesigenza di "Convertirsi alla Regola". E importante, per evitare eventuali dissidi, saper coniugare armoniosamente le due "appartenenze" che comportano precise "esigenze" di partecipazione che vanno soddisfatte. Quella della chiesa locale (Parrocchia), madre della nascita al Cristianesimo del francescano secolare; quella della Fraternità nella quale egli è nato al francescanesimo. La prima è lo spazio naturale ordinario dove, nella realtà quotidiana, esprime la sua vocazione particolare ed effettua il suo impegno apostolico. La seconda è l "ambiente privilegiato" nel quale deve impegnarsi ad "assimilare fedelmente la particolare impronta di spiritualità che gli è propria" (AA 4), perché la Chiesa possa usufruire e godere degli speciali doni che lo Spirito Santo le offre. In una parola, ad essere nella chiesa locale un parrocchianofrancescano; nella Fraternità un francescanoparrocchiano. In questo modo, la Fraternità diventa autentica "scuola di spiritualità cristiana integrale e di genuino spirito francescano"; e il francescano secolare è messo in grado di assolvere con efficacia al mandato della Regola di rendere presente e operante il carisma francescano nella vita e nella missione della Chiesa. Cellula prima dellOrdineE la realtà costitutiva fondamentale essenziale dellOFS. E' la prima in ordine esistenziale e di importanza: da essa la vita o la morte dell'OFS. E levento concreto dellOFS; il "dove" inizia e si sviluppa la sua vita reale; il "luogo" nel quale la vocazione trova l'alimento appropriato per crescere, lideale lhumus naturale per irrobustirsi e portare frutto. E' il luogo dove "abitano" i francescani secolari. I due discepoli di Giovanni Battista nel vedere Gesù che passava lo seguirono e gli domandarono: "Rabbi, dove abiti? Rispose loro: Venite e vedrete. Andarono e videro dove dimorava. Rimasero con lui quel giorno... Abbiamo trovato il Messia" (Gv 1, 35-41). Che cosa i due discepoli abbiano visto e di che cosa abbiano parlato con Gesù il Vangelo non lo dice. Dice che rimasero con lui, diventarono suoi discepoli e lo annunciarono ad altri. L'importanza della sua abitazione per conoscere una persona! Nellabitazione ci sono i suoi sentimenti, i suoi interessi, il suo cuore: costituisce il suo tesoro. E Gesù avverte: "Dov'e il vostro tesoro, lì sarà il vostro cuore" (Lc 12, 34). Giovanni Paolo II ai francescani secolari ha detto: "La Regola è un tesoro nelle vostre mani". Bisogna, allora, fare che il cuore dei francescani secolari sia nella Regola e la Regola nel loro cuore. E se questo avverrà essi riscopriranno che il luogo naturale dove "abitare" è la Fraternità perché l "abitare" vero è quello che mette in gioco la dimensione più autentica della persona nella sua vita personale e di relazione. Poter dire con profonda convinzione a coloro che si frequentano e cercano di informarsi circa le abitudini ecclesiali: Venite e vedrete. E condurli in Fraternità! Saranno attratti da essa, dal suo modo di essere? Vi rimarranno? La Fraternità, spiritualmente, è l "abitazione" dei francescani secolari, ma essi vi "abitano" senza isolarsi. Essa, infatti, è la prima cellula di un organismo in seno al quale trova il senso autentico e la consistenza francescana come espressione e realizzazione dellunico OFS che non permette ad essi di rimanere asfissiati nellambito ristretto, anche se vivo, della loro Fraternità. La frattura, infatti, tra il vivere in Fraternità e la coscienza di appartenenza allOFS, di cui si è professato la Regola, è dannosissima. Tale frattura priva della consapevolezza di far parte di ununica famiglia, di ununica storia, di possedere e di poter disporre di un patrimonio spirituale comune tanto ricco. Ambiente privilegiatoCioè un insieme di cose, di persone, di occasioni e circostanze, di confronto dottrinale, spirituale, apostolico che, per dirla con Pio XII, ne fanno "una scuola di perfezione cristiana integrale e di genuino spirito francescano" (Discorso al TOF, 1/7/1956). E dovere della Fraternità - animata e guidata dal Consiglio diventare maestra e attrezzarsi a scuola per rendere, "anche con il suo modo di vivere" autentici francescani secolari coloro che ha generato al francescanesimo. Frequentando questo "ambiente privilegiato" essi devono potere appropriarsi del dono della vocazione e valorizzarlo sempre più e meglio percorrendo l'itinerario dottrinale, spirituale, apostolico tracciato nel secondo capitolo della Regola. Itinerario di conversione a Dio, di abbandono alla sua volontà, di conformazione a Gesù Cristo, di vita evangelica nel mondo, di impegno attivo e responsabile, generoso e creativo a servizio del Regno di Dio e per un mondo più umano e fraterno. Nello spirito e nello stile di san Francesco. La Regola, infatti, traduce in indicazioni concrete, aderenti al loro stato, la dottrina e l'esemplarità di Gesù Cristo, il comportamento e le esortazioni di Francesco, con gli occhi e il cuore del quale essi guardano e sentono Dio, vedono e trattano gli uomini, contemplano il creato e fanno uso delle cose. E l'impegno assunto solennemente con la Professione che, vincolandoli più fortemente alla Chiesa, li abilita a rendere presente il carisma, di cui sono portatori, nella sua vita e nella sua missione annunciando Cristo con la vita e con la parola (art 6). Concludendo, nel concetto della Regola, la Fraternità per i francescani secolari è: MADRE: li genera al francescanesimo, e li nutre con il "suo modo di vivere"; MAESTRA: li istruisce, li educa, li forma perché raggiungano il fine della loro specifica vocazione; MANDANTE: una volta preparati, li "manda" alla Chiesa perché siano testimoni e strumenti della sua missione nellumanità; alla società quali portatori di pace, messaggeri di speranza e di gioia, costruttori di un mondo più vivibile. Questa è la Fraternità tratteggiata e voluta dalla Regola e che ogni francescano secolare, in virtù della Professione, ha il dovere di concorrere a costruire, conservare, vitalizzare con la responsabile e attiva presenza, vivendo le indicazioni-sollecitazioni del terzo capitolo della Regola, intitolato proprio "VITA IN FRATERNITÀ". Come il Battesimo incardina il fedele in una chiesa particolare, la Parrocchia, e lo fa vivere della linfa che in essa circola e lo fa partecipare della sua vita; così la Professione incardina il Professo in una Fraternità. Questo comporta in lui il dovere di sentirsi legato ad essa con vincolo vitale, cioè permanente e continuo, non saltuario e occasionale. E insieme agli altri fratelli e sorelle pregare, studiare, riflettere per crescere nella fede e nell'amore; conservare vigoroso e vivace l'ideale, chiaro e inalterato il progetto originario di vita, efficace l'impegno a realizzare la vocazione-missione a gloria di Dio, a propria perfezione, a vantaggio della Chiesa, a beneficio del mondo. Convertirsi alla RegolaSe tutto questo non si proietta nella realtà, ma rimane un puro sentimentalismo, la vita fraterna in Fraternità si dissolve e l'OFS anziché essere "un reparto scelto nel pacifico esercito laico", come si augurava Pio XII (1/7/1956), si riduce a un gruppo generico di devoti simpatizzanti di san Francesco, che hanno poco da dire nella Chiesa e alla società. Necessita perciò un impegno serio da parte di tutti, laici e religiosi, di "convertirsi alla Regola". Conversione che, in coloro che lhanno professata, deve comportare la convinzione che essa, nel disegno di Dio sopra di loro, costituisce il binario sul quale far camminare la loro vita spirituale e apostolica; punto di riferimento costante per la loro formazione cristiana e francescana. Dio non fa doni inutilmente; vuole che siano valorizzati: tale è la vocazione francescana. "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia durevole" (Gv 15, 16). E riceva sapore e colorito dalla linfa della spiritualità propria della vocazione specifica. Bisogna, perciò, conformare seriamente la propria vita allo spirito della Regola rinunciando ad altri modi di comportamento associativi; fare scelte coerenti alle sue normative non saltuariamente ma permanentemente. Questo esige da parte del Consiglio della Fraternità oculatezza e discernimento nel vagliare le intenzioni di coloro che chiedono di essere ammessi all'OFS. Accertare che non si tratti di pie persone desiderose di aggiungere altre "appartenenze" ad un loro già ben nutrito catalogo; di moltiplicare "ufficialmente" devozioni su devozioni, quale caparra per il Paradiso. Durante il Noviziato, l'incaricato/a alla formazione deve far capire con chiarezza che professare la Regola dell'OFS non vuol dire aumentare pratiche di pietà, compiere gesti virtuosi, bensì assumere una spiritualità specifica che diventa ispiratrice della maniera di seguire il Vangelo; costituisce la "NORMA DI VITA" come è tratteggiata nella Regola, alla quale bisogna obbedire. Appartenere allOFS è un'appartenenza dinamica che lasci spazio allo Spirito perché vivifichi le persone e la Fraternità, spingendola ad un costante rinnovamento come è richiesto dallessere "comunità damore" e "ambiente privilegiato" per la formazione integrale dei fratelli perché insieme cerchino "qualè la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12, 2) per essere pronti ad impegnarsi nell "Oggi di Dio". Convertirsi alla Regola vuol dire riconquistare appieno il significato, il valore, la funzione della Fraternità nello sviluppo di unautentica vocazione francescana e per un equilibrato senso ecclesiale; impegnarsi tutti a renderla viva nella preghiera, nella ricerca di capire ciò che da essa il Signore vuole, la Chiesa chiede, specialmente quella locale nella quale affonda le radici e per la quale deve proporsi come risposta alle sue esigenze; la società attende. In una parola a fare di essa la "città posta sul monte" che con il suo coraggioso ed efficace impegno per il regno di Dio e per il servizio dei fratelli convinca gli uomini a riflettere e a prendere sul serio il Vangelo, nel quale è racchiusa la potenza più sconvolgente capace di far nuove tutte le cose, e prima di tutto, gli uomini. Convertirsi alla Regola è riscoprire l'importanza della Fraternità, perché mediante una vita di fraternità in Fraternità si acquisti la conoscenza della storia gloriosa dellOFS che, come disse Paolo VI, "ebbe un influsso che non esitiamo a dire decisivo nella vita interna della Chiesa come nellanimazione cristiana della società civile". E aggiunse: "Quel programma rimane perché anche oggi cè bisogno di una testimonianza così, franca, aperta, gioiosa, popolare, umile e buona, fattiva e semplice, pronta a pagare di persona e a dispensare intorno a sé serenità e letizia" (23/6/1968). Si rifletta sulla "specifica collocazione" dellOFS nella Famiglia francescana, suscitata dallo Spirito Santo nella Chiesa (art 1) e che Paolo VI, nel Messaggio al Movimento francescano, definì "singolare Famiglia che da secoli accompagna appassionatamente la storia sempre più tumultuosa e mutevole e ne tiene il rapido passo senza stancarsi, senza fermarsi". Ed esortò: "Comprendete la vostra vocazione vivendola e annunciandola" (29/9/1967). E approvando la Regola dellOFS si diceva lieto "che il carisma francescano ancora vigoreggi per il bene della Chiesa e della comunità umana, nonostante il serpeggiare di dottrine accomodanti e la crescita di tendenze che allontanano gli uomini da Dio e dalle cose soprannaturali". E nutriva "fiducia che la forma di vita predicata da quel mirabile Uomo di Assisi riceverà nuovo impulso e fiorirà con vigore". Il modo piu' efficace per rendere viva e operante la fiducia di Paolo VI é di convertirsi alla Regola mettendo in pratica lesortazione di Giovanni Paolo II: "Studiate, amate, vivetela Regola, approvata per voi dal mio predecessore Paolo VI". Padre Cristoforo Piacitelli, OFM
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