Motivazioni storiche

Equazioni di Maxwell e teoria dell'Etere



Nella seconda metà dell'ottocento, con le leggi di Maxwell e le esperienze di Hertz, la natura della luce sembrava stabilita: è un particolare caso di onda elettromagnetica che si propaga con la velocità . Si pensava però che tali onde si dovessero propagare in un mezzo che, non essendo rilevabile in alcun modo, fu chiamato etere. Era inoltre logico supporre che il valore della velocità della luce nel vuoto, , fosse relativo ad un sistema di riferimento solidale con l'etere, sistema che quindi veniva ad assumere uno status privilegiato rispetto agli altri. Infatti, rispetto a questi ultimi la luce avrebbe dovuto propagarsi con velocità maggiore o minore di c, secondo le regole della composizione galileiana, esattamente come avviene per il suono e le altre onde di tipo meccanico.

Con un esperimento raffinato Michelson e Morley trovarono che la velocità della luce non si componeva con la velocità della Terra attorno al Sole (circa 30 km/s), ma risultava sempre uguale a c. Il risultato dell'esperimento fu così un verdetto di morte per la teoria di un oceano d'etere immobile, attraverso il quale tutta la materia si muoverebbe. La costruzione di un'immagine meccanica semplice dell'etere si rivelò impossibile. Inoltre si dovette abbandonare la speranza che, mercè l'esistenza dell'etere, si disponesse di un sistema di riferimento privilegiato. Era giunto così il momento di dimenticare l'etere. Diremo dunque che il nostro spazio possiede la proprietà fisica di trasmettere talune onde. Comunque, anche eliminato l'etere, restava il problema di conciliare l'elettromagnetismo con il principio di relatività (due cose a cui non si poteva certamente rinunciare!)



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