Motivazioni storiche

Einstein e la legge di induzione di Faraday



Nel 1920 Einstein ricordò che il fenomeno dell'induzione elettromagnetica di per sé lo spinse ad adottare il principio di relatività. Il problema del moto relativo di un magnete e di una spira veniva interpretato, in base alla teoria dell'etere, nei due modi seguenti:

  1. se la spira è ferma nell'etere mentre il magnete si muove con una data velocità, una certa corrente elettrica è indotta nella spira; ciò significa che un campo elettrico è creato nell'etere dal moto del magnete ad esso relativo (legge di induzione di Faraday);

  2. se il magnete è fermo e la spira si muove con la stessa velocità relativa, la stessa corrente (in intensità e direzione) è indotta nella spira; in tal caso non si suppone la presenza di un campo elettrico poiché il magnete è fermo nell'etere, ma la stessa corrente ora risulta dal moto della spira attraverso il campo magnetico (forza di Lorentz).

Questa asimmetria di spiegazione, non riflessa in qualche fenomeno osservato, fu per Einstein particolarmente inquietante. I fenomeni elettromagnetici osservabili dipendono soltanto dai moti relativi della materia; le spiegazioni dei fenomeni tuttavia differiscono a seconda del presunto stato di moto di quella materia relativo all'ipotetico etere.

Ma tutti i tentativi di rilevare tale moto della materia rispetto all'etere falliscono!

Le asimmetrie ("che non sembrano essere inerenti ai fenomeni") possono essere demolite se si ammette che, in generale, i fenomeni dell'elettrodinamica e quelli della meccanica non possiedono alcuna proprietà corrispondente alla nozione di quiete assoluta.



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