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articolo tratto da "l'Unità" del 30 maggio 2002
 
Non solo impronte digitali. Ora la destra vuole «intascare» i contributi degli immigrati

 

 

 

di Maristella Iervasi

ROMA Dopo lo scandalo delle impronte digitali quello del «furto» sui contribuiti Inps degli extracomunitari. E scoppia una accesa polemica a Montecitorio, dove continua il voto sugli articoli e gli emendamenti al Ddl Bossi-Fini sull’immigrazione. Argomento dello scontro in Aula, la modifica all’articolo 17 (in precedenza accantonato) che cancella, in caso di rimpatrio, la possibilità di ottenere i contribuiti Inps maturati. «Vergona!», «Indecenza!», «Rapina!» «Schiavismo!» si scatena il centrosinistra, che dopo l’approvazione della norma, si appella all’articolo 38 della Costituzione, chiedendo per gli immigrati lo stesso trattamento dei lavoratori italiani. Ma nulla da fare, la maggioranza insiste, con Ignazio La Russa di An che fa gestacci contro i banchi dell’opposizione e che poco prima aveva detto: «Nessun privilegio a vantaggio dei lavoratori stranieri a danno di quelli italiani». E allora ci pensano Fabio Mussi e Massimo D’Alema a smascherare le furbizie della maggioranza per aggirare il sistema previdenziale italiano. Tant’è che dopo un ennesimo infuocato parapiglia tra i due schieramenti, Fini è costretto a dire: «Il governo, proprio perchè è convinto di essere nella ragione e nel giusto, accoglie l'invito all'approfondimento tecnico nel comitato dei nove». Se ne riparlerà lunedì.

L’opposizione ha quindi strappato la «vittoria» di una riflessione più attenta sulle pensioni degli extracomunitari, grazie alla «verve» dei due leader diessini. «Sapete come si chiama far lavorare la gente senza corrispondere salario? - ha detto Mussi in aula - perché i contributi sono salario differenziato...». Il vicepresidente della Camera cerca con gli occhi La Russa e, scandendo sillaba per sillaba, gli urla contro: «Questo rapporto sociale si chiama Schia-vi-smo!». Poi accusa: «La verità è che questo governo e questa maggioranza vogliono far soldi sugli immigrati e prendere voti sulla paura degli immigrati». La parola passa allora a Massimo D’Alema che con puntiglio richiama l'attenzione sul fatto che «la norma introduce disparità» tra lavoratori italiani e lavoratori stranieri. Anzi, dice il presidente dei Ds, bisogna evitare «una rapina». E per dimostrare che questa è la realtà snocciala le cifre dell'Inps sui lavoratori stranieri. Da qui, l’invito: «Penso che non si è riflettuto abbastanza», e perciò il governo «può fare una approfondita riflessione».
Già in mattinata gli animi dell’aula si erano surriscaldati quando durante l’esame dell’articolo 17 del ddl Bossi Fini, i tre emendamenti del centrosinistra avevano trovato un inusuale sostenitore: Teodoro Buontempo di An, si è schierato con la proposta di modifica che prevede per gli stranieri, che hanno lavorato in Italia e che decidono di tornare nel loro paese d’origine, «la liquidazione dei contributi che risultino versati in loro favore presso forme di previdenza obbligatoria maggiorati del 5%». Buontempo tuona a sopresa, gelando la maggioranza: «Non bisogna togliere nulla al lavoratore. Nessuno vuole essere rapinato altrimento non è più una paga differita ma un’appropriazione indebita. Mi dispiace, ma voterò a favore di questi emendamenti, perché così il sommerso si moltiplica». Parole che piacciono all’opposizione che lo applaude a lungo. E gli emendamenti in questione vengono accantonati, per poi ripiombare a sopresa nel pomeriggio, quando l’esame del testo di legge era lì lì a votare il contestatissimo articolo 29, quello della sanatoria Tabacci.

Che la giornata fosse particolare, lo si era capito già dal mattino: a tenere banco in Transatlantico sempre lo scontro Lega-Udc sulla regolarizzazione dei clandestini dipendenti nelle imprese italiane. Mentre l’aula approva a colpi di maggioranza gli articoli di legge uno dietro l’altro (fino al 28), accantonando però le norme che scottano, sui quali il centrosinistra darà battaglia, e anche il biancofiore: come il problema dei ricongiungimenti familiari e la questione dei minori stranieri non accompagnati. Bocciato senz’appello anche lo stralcio sull’asilo. Ed è intorno all’ora di pranzo - mentre è in corso la riunione dei capigruppo per decidere se presegure ad oltranza con l’immigrazione o rispettare il calendario già fissato - che scoppia la prima querelle: dopo ben 159 votazioni in poche ore, parte lo scambio di accuse sui “pianisti”. Il diessino Ruzzante pone la questione del numero legale.
L’opposizione abbandona l’aula per protesta: «Avete voluto la procedura d’urgenza su una legge pessima? ve la votate», tuona Livia Turco. E Mussi: «Ora basta! hanno esagerato: non vogliono modificare nulla, neppure le cose più ignobili che saltano agli occhi di un bambino, e nei nostri confronti hanno un atteggiamento irrisorio... Siamo alla rottura della pazienza!». E la votazione riprende alla 15.30, non prima però dell’ennesima verifica sul numero legale. Fino al finimondo sul contributi Inps.


  tratto da "l'Unità" del 30 maggio 2002
 

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