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articolo tratto da l'Unità
 
Da pessimista sono deluso: è peggio

 

 

 

di Gianni Vattimo

Anche noi che non da oggi - anzi, in verità fin dal 14 maggio - abbiamo sempre pensato e detto che il governo Berlusconi è una iattura, una vergogna, un grave rischio per l'Italia, in fondo ci illudevamo di esagerare; speravamo per carità di patria che le nostre preoccupazioni fossero eccessivamente pessimistiche, desideravamo che avessero ragione coloro per i quali non è vero che stiamo entrando in un regime, certo meno duro ed esplicito, ma forse persino più pericoloso di quello che l'Italia ha conosciuto nel Ventennio nero. Ebbene, l'uscita di Ruggiero dal governo dà un grave colpo alle nostre illusioni, ci conferma che purtroppo avevamo ragione.
Drammatizzazione partigiana, enfasi paranoica, sfacciata strumentalizzazione di una opposizione a corto di argomenti? La fretta con cui gli organi di stampa del governo e i giornali di proprietà Berlusconi hanno cercato di archiviare la questione come un normale problema di dissenso tra il "tecnico" e il suo premier ci conferma che si tratta proprio di una faccenda grave e drammatica. Riflettiamo. Perché Ruggiero era entrato nel governo Berlusconi, dopo un lungo tira e molla? Solo, come dice con il consueto senso dell'understatement il ministro Bossi, per garantire gli interessi dei poteri forti e della Fiat? O invece perché le sue competenze in fatto di politica internazionale lo disponevano a condividere il programma governativo del Polo delle Libertà, con il quale non aveva avuto fino ad allora politicamente a che fare? Possibile che tra tutti gli amici, alleati, avvocati, dipendenti vari e famigli di Berlusconi - non tutti pregiudicati e inquisiti, vivaddio - non ci fosse una persona capace di reggere il ministero degli Esteri? Ruggiero non aveva neanche la funzione di soddisfare una fazione, un partito o sottopartito, una corrente politica, di quelli presenti nella coalizione berlusconiana.
Quanto a dare un contentino all'Avvocato per il suo appoggio nella campagna elettorale sarebbe bastata una piccola rottamazione, certo non occorreva andare ad imbarcare un personaggio così ingombrante come l'ambasciatore. Checché ne pensino e dicano i forzitalioti, Ruggiero era stato convinto ad entrare nel governo Berlusconi solo per imprestargli una faccia che non facesse inorridire i nostri alleati, di qua e di là dall'Atlantico. Punto e basta.
È questa faccia se non pulita - come avrebbe potuto assicurarla lui solo, in una combriccola dove spadroneggiano pur sempre i padani alla Bossi e i romani alla Previti? - almeno minimamente presentabile quella che il governo perde con le dimissioni, o licenziamento, o divorzio consensuale, di Ruggiero.
L'ipocrisia, diceva qualche moralista classico, è l'omaggio che il vizio rende alla virtù. Era stato finora un governo senza programma, solo costruito per proteggere Berlusconi dalla galera e le sue aziende dalla concorrenza, ma con una apparenza decente, il cui peso gravava tutto sulle spalle di Ruggiero, oltre che su quelle di qualche raro liberale ancora volonterosamente deciso a turarsi il naso e le orecchie in attesa di tempi migliori. Ma adesso?
Che faranno i liberali "puliti" che si trovano ancora a condividere le sorti di questa banda Bassotti? Fingeranno, a cominciare da Antonio Martino, che si sia finalmente chiarito un equivoco circa la politica europea del governo? Ma di quale politica stiamo parlando? Berlusconi ha ragione a dire che il governo ha fatto tutto il suo dovere per partecipare alla retorica celebrazione dell'euro, ha persino mandato milioni di euroconvertitori anche ad anziani pensionati che non hanno mai visto da vicino un calcolatore. Vogliamo pensare che Ruggiero se n'è andato perché non ci sono stati abbastanza fuochi d'artificio intorno ai bancomat che sputavano le nuove banconote? Qualcuno ha capito, al di là di queste dispute sui fuochi d'artificio, quale sia il contrasto politico di fondo che ha opposto il ministro degli Esteri ai suoi colleghi e persino al capo del governo?
L'unica cosa che si è capita, e fin troppo bene, è che Ruggiero non appartiene, per sua fortuna, allo stesso mondo di cui fanno parte Bossi, gran parte dei ministri, e Berlusconi stesso.
Siamo sempre meno convinti che questo mondo sia legittimato a governare il paese e a rappresentarlo nel mondo. Possiamo solo augurarci che questa consapevolezza si faccia finalmente strada - superando le cortine fumogene dei media addomesticati - anche presso la maggioranza degli italiani.

  articolo tratto da l'Unità del 07/01/2002
   

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