|
di Natalia Lombardo
Nuova ondata di promesse
elettorali, clamorose bugie e risvolti trabocchetto, scodellati
da Silvio Berlusconi sulla scrivania di ciliegio rilucidata di fresco
nel salotto di Bruno Vespa. Un inganno per tutti: l’abolizione
dell’Irap sarà «controbilanciata» dal «ritorno
all’antico con la tassa sui contributi sanitari». Insorge
Rosy Bindi, della Margherita: «Torna la tassa sulla salute»
abolita nel ‘97. Ecco la vera novità. Berlusconi abbia
un po’ di pudore», dopo che per due anni il governo
ha «deteriorato il sistema pubblico» in «assenza
totale di una politica sanitaria».
Da padrone incontrastato
a «Porta a Porta», il presidente del Consiglio presenta
il conto di un governo a metà strada che si sarebbe mosso
«in anticipo», pur affogando nell’incolmabile
(quanto falso) «buco» nei conti «che ci costa
in interessi 150mila miliardi di vecchie lire». Eredità
dell’Ulivo, «scomode» come Palazzo Chigi, che
vuole lasciare per una sede più aurea. E, per risollevare
i consumi, come gli ha chiesto la Confcommercio, il premier plaude
agli spot in tv (linfa vitale anche per Mediaset) e tira fuori una
formula dall’antico sapore autarchico per incrementare il
«turismo interno»: un decreto cha da giugno «mobiliterà
l’Alitalia, treni e musei, per invogliare al turismo culturale».
Non solo è caduto lo slancio ai Beni culturali dato dai ministri
Veltroni e Melandri, non solo la Patrimonio Spa svende i beni di
Stato, ma il consumo degli italiani è fermo; nel 2002 è
cresciuto solo dello 0,4%, i prezzi volano e l’inflazione
non si contiene.
Berlusconi promette nuovi
tagli delle tasse «per tutti» (e non solo per Totti...).
In realtà dopo un anno e mezzo, secondo un dossier elaborato
dall’Ulivo, sono state tagliate le tasse per 7,5 miliardi
di euro (nel ‘98 e ‘99 il governo D’Alema tagliò
8,5 miliardi di tasse, nel 2000 con Amato 20mila). La «finanza
creativa» di Tremonti ha portato a un disavanzo sul Pil del
2,3%, il pareggio del bilancio è slittato al 2006. L’Italia
è al 39esimo posto nell’indice di competitività
2002 del World Economic Forum (era 26esima nel 2002). Il mezzogiorno
resta penalizzato: Tremonti ha ridotto gli stanziamenti per il Sud
di circa 2 miliardi di euro nel triennio 2003-2005; bloccato il
bonus alle imprese per la nuova occupazione al Sud. Sono aumentate
le imposte alle imprese con l’eliminazione della Dit, lo sgravio
fiscale sul capitale reivestito, sostituito dall’inutile «Tremonti
bis». Il «sommerso» non è emerso se non
per circa 2.600 imprese sulla promessa di far venire a galla 900mila
lavoratori al nero. Il «condono tombale»? Una «decisione
volontaria» degli italiani, secondo il premier... Altro che
volontario, oltre a legalizzare l’illegalità, anche
chi aveva già pagato le tasse versa allo Stato questa sorta
di «pizzo», per non incappare nei controlli più
severi del fisco, sugli ultimi sette anni.
«Aboliremo l’Irap»,
è la nuova telepromozione dal set di «Porta a Porta».
Certo «è un po’difficile». Ecco il trabocchetto:
se si tolgono alle regioni le tasse sulle attività produttive
(«62mila miliardi di vecchie lire»), la carenza dovrà
essere «controbilanciata». E su chi peserà? sulla
sanità. «Si conferma la linea di Berlusconi»,
continua Rosi Bindi, «toglie ai poveri per dare ai ricchi.
Vara misure che non servono né all’economia né
ai cittadini. Abbia più rispetto per i pensionati al minimo
e tutte le famiglie alle quali è stato tolto anche il reddito
minimo di inserimento». Già le regioni del Polo hanno
reintrodotto il ticket sanitario. Per le famiglie la spesa farmaceutica
nel 2002 è stata di 336 milioni di euro, tutti a carico dei
cittadini, dato che la copertura pubblica scenderà al 62,5%.
La riduzione dell’Irpef nel 2004? «Stiamo ragionando...»,
afferma il premier con cautela. In realtà l’Irpef è
stato finora ridotto di un punto ma a vantaggio di alcuni soggetti
a scapito di altri, che hanno pagato di più. È vago
anche sull’Irpeg, si limita ad annunciare una riduzione del
33% «quest’anno». Aveva promesso il calo di Irpef
e Irpeg nel 2003, ricorda Pinza, della Margherita, «ora ammette
che non può farlo». In compenso si rilancia lo slogan
«dentiere di Stato» (fantasma).
I progetti dei governi ulivisti
erano «obsoleti», secondo Berlusconi. Snocciola scadenze
e pone prime pietre dal Mose in laguna al levante, ma le famigerate
Grandi Opere sono ferme, gli stanziamenti ridotti del 6,1%. Il passante
di Mestre? «I lavori inizieranno entro la primavera 2004»,
impossibile rispettare la scadenza nel 2007. La Variante di Valico?
«Bloccata» anche quella dall’Ulivo e dai Verdi...
il «suo» governo ha trovato 1200 miliardi per far partire
i lavori, ancora fermi. La Salerno-Reggio Calabria? Grande opera
infinita, il termine è slittato al 2008.
Tirate le somme, il presidente
Ds, Massimo D’Alema, vede un Berlusconi all’attacco
per paura «di perdere le elezioni»: «Il presidente
del Consiglio usa i temi dell' anti comunismo per nascondere agli
italiani il fallimento della sua azione di governo». Una destra
«gestita come un' azienda», che «non rappresenta
il Paese e non è in grado di governarlo. Non c’è
stato un esecutivo così ostile al Mezzogiorno come quello
di Berlusconi», conclude D’Alema. La Margherita insorge
soprattutto in difesa di Romano Prodi: «Inqualificabile»
è il commento di Arturo Parisi, parole da «disperato»
per Tiziano Treu; per Francesco Rutelli «Berlusconi non governa
il paese e vive in una quotidiana, ossessiva polemica, aggredendo
i suoi avversari»; invece dei risultati gli italiani, secondo
il presidente della Margherita, si prendono «vittimismo ed
aggressività».
|