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di
Tony Barber [Financial Times, 27/6/2003]
Ecco un ampio stralcio
del lungo articolo di Tony Barber su Berlusconi apparso sul Financial
Times di sabato. Il testo originale si può leggere sul sito
del quotidiano (oppure in questo
sito, con un click qui).
Una domenica di primavera:
l’Italia è quanto di più vicino al Paradiso
che questo mondo caduto possa offrire. Gli italiani più dinamici
vanno in bicicletta sulle strade di campagna; le famiglie, poche,
e meno numerose rispetto ai decenni del dopoguerra, portano i bambini
in spiaggia. I credenti, sempre di meno, vanno in chiesa. I buongustai
si attardano a tavola. E quelli che non riescono a raggiungere il
paradiso trascorrono ore e ore nel purgatorio di un ingorgo di auto,
mentre tornano a casa dalla gita del weekend.
E proprio questa domenica,
negli ampi spazi della sua villa fuori Milano, un miliardario di
66 anni, calvo e piccolino, in un completo da manager, sta dicendo
a questi italiani indifferenti che la loro libertà, e la
libertà dell’Italia stessa, è in gioco.
Silvio Berlusconi non è
un oratore appassionato, e la sua retorica non brilla di frasi memorabili.
Ammira sinceramente gli Stati Uniti, e i più importanti presidenti
americani, ma non riprende né il fraseggiare pieno di umanità
e di valori di Abraham Lincoln né i toni confidenziali e
rassicuranti di Franklin Roosevelt. A dire il vero, per un politico
che raffigura se stesso come un modernizzatore e un innovatore implacabile,
la sua retorica, oggi, suona decisamente antiquata, più adatta
al raggelato scenario politico della Guerra Fredda negli anni Cinquanta
o nei primi anni Ottanta che all’imprevedibile panorama mondiale
dell’inizio del Ventunesimo secolo.
“Il nazismo e il comunismo
esercitano ancora un grande fascino”, dice, con voce ferma
e sicura di sé, ma non stridula. “Il primo ha dato
libero sfogo agli istinti più feroci dell’umanità
nei campi di concentramento. Il secondo si è presentato come
un’utopia, una cosa buona, la realizzazione in terra di quella
Gerusalemme celeste in cui tutto è bene”. Tagliando
l’aria con la mano destra, dichiara che il comunismo è
ancora una minaccia diretta, in Italia, perché esercita un
“fascino perverso” su certa gente, anche se “è
stata l’impresa più criminale della storia dell’umanità
perché, ovunque sia arrivato al potere, ha diffuso terrore,
miseria, distruzione e morte”. ...L’accusa relativa
al conflitto di interessi è seria, non ha eguali in nessun
altro Stato democratico, ed è motivo di acuto disagio per
i rappresentanti stranieri della destra europea che vorrebbero vedere
in Berlusconi un alleato. Ma l’Italia non è, comunque,
neanche lontanamente, in una situazione prossima a quella di un
regime totalitario.
...La politicizzazione della
Rai non è un’innovazione di Berlusconi. Succedeva già
durante la cosiddetta Prima Repubblica italiana, il periodo che
va dalla fine della guerra fino al 1992-94, quando l’edificio
politico post-1945 crollò in un torrente di rivelazioni sulla
corruzione della politica, dell’industria e della pubblica
amministrazione. Spartirsi i canali Rai faceva parte di uno spoil
system onnipresente, che mirava a suddividere l’impatto televisivo
tra i partiti politici della Prima Repubblica. RaiUno era stata
assegnata ai democristiani, RaiDue ai socialisti e Raitre al Partito
Comunista. Le cose non sono più così chiare: i democristiani
non esistono più come partito, e i socialisti sono praticamente
scomparsi. Ma l’eredità della diversità resiste:
i tg della Rai non sono i tg di Berlusconi.
...In Rai, è più
chiaro chi siano state le vittime dell’ira di Berlusconi,
anche se persino qui le sue vittorie non sono state totali. Consideriamo
il caso di Michele Santoro. Il suo popolare programma satirico Sciuscià
su RaiDue è stato cancellato dai palinsesti televisivi l’anno
scorso, come pure un programma simile condotto su RaiUno da Enzo
Biagi, dopo che Berlusconi li aveva attaccati entrambi. “che
Santoro (e) Biagi… hanno fatto un uso della televisione pubblica,
pagata con i soldi di tutti, criminoso; credo sia un preciso dovere
della nuova dirigenza Rai di non permettere più che questo
avvenga", ha dichiarato durante una conferenza stampa durante
una visita ufficiale in Bulgaria nell’aprile 2002.
Il maggior “crimine”
di Biagi, 82 anni, il decano dei giornalisti italiani, è
stato di mandare in onda proprio prima delle elezioni del 2001 uno
in cui Roberto Benigni, attore comico e regista (i suoi film più
recenti sono La vita è bella e Pinocchio) prendeva in giro
Berlusconi. Per parte sua, Santoro non ha mai nascosto le sue convinzioni
di sinistra. Ma, se Berlusconi sperava di purgare la televisione
di Stato dalla satira di sinistra, potrebbe non esserci riuscito.
Ai primi di giugno, un giudice del Tribunale del Lavoro di Roma
ha ordinato alla Rai di reinserire Santoro nei palinsesti televisivi
con uno show settimanale di almeno 90 minuti.
...Questi due anni hanno
imposto un prezzo da pagare. Le accuse e le imputazioni contro il
premier, di cui il processo SME a Milano è solo un esempio,
non cessano e causano inquietudine internazionale. L’opposizione,
pur divisa e senza ancora un leader ben definito, sta tornando alla
carica. L’uso che Berlusconi ha fatto della sua maggioranza
per far approvare leggi che beneficiano direttamente la sua persona
mettono chiaramente a disagio alcuni degli alleati della sua coalizione.
Il conflitto di interessi relativo al suo doppio ruolo come proprietario
del maggior numero di tv del Paese e premier incombe più
che mai. Il suo fascino e la sua cordialità a volte sembrano
poco convincenti. Il suo fascino non è servito a far svanire
i cronici problemi dello Stato italiano: un enorme debito pubblico,
le difficoltà a mantenere una certa competitività
a livello internazionale, un’amministrazione pubblica inefficiente,
e uno dei tassi più bassi di crescita economica di tutta
l’UE. Ironicamente, viste le accuse di semidittatura che gli
vengono rivolte, una parte dei suoi problemi viene da una mancanza
di potere. L’Italia ha un sistema politico, economico e legale
in cui il potere esecutivo, invece di essere concentrato nelle mani
del primo ministro, è disperso ai quattro venti: tra i vari
partiti della coalizione dominante, le due Camere, gli uffici del
Presidente della Repubblica, la burocrazia italiana ed europea,
gli imprenditori più potenti, i sindacati e la magistratura.
Berlusconi non è Benito Mussolini. In effetti, questa deliberata
dispersione del potere è stata messa in opera dopo la Guerra
per evitare che un secondo Mussolini potesse arrogarsi i pieni poteri
esecutivi. Berlusconi si è trovato sempre più costretto
da queste formidabili barriere istituzionali, che si sono contrapposte
al potere dei suoi interessi imprenditoriali e mediatici e che sembrano
destinate a sopravvivergli, e a perdurare ben oltre il suo addio
alla politica.
Ora che l’Italia sta
assumendo la presidenza dell’UE, Berlusconi vuole che gli
Stati membri concordino su una nuova costituzione, così che
un nuovo trattato possa prendere il nome di Roma. È un test
terribilmente impegnativo per un uomo che a livello politico è
ancora relativamente un dilettante, e che è abituato a cavarsela
nelle difficoltà grazie al fascino, all’istinto e alla
ricchezza. I suoi avversari credono che metterà l’Italia
intera in imbarazzo. I suoi sostenitori sono convinti che sarà
all’altezza del compito, che lui, e lui solo, può liberare
la Forza dell’Italia.
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