La vicenda Sme inizia il 30 aprile 1985. In quel giorno l’allora
presidente dell’Iri Romano Prodi e Carlo De Benedetti, che pochi
mesi prima aveva rilevato la Buitoni, si accordano per la cessione
della Sme, la società che riuniva le attività agro-alimetari
Iri.
Ma l’accordo
fissato al prezzo di acquisto di 497 miliardi di lire non riesce
ad arrivare in porto. E la somma che il gruppo Cir di De Benedetti
si impegna a pagare con l’aiuto di soci finanziatori come
Mediobanca e l’Imi è al centro da quel momento in poi
di una serie di polemiche non ancora risolte.
A sole 48 ore dall’annuncio
del contratto Bettino Craxi, allora a Palazzo Chigi, esprime dubbi
sulla congruità dell’operazione. Per il capo del governo
vi sarebbero da rilevare «forti perplessità sia in
ordine alle modalità procedurali, siaq in ordine al merito».
È quanto Bettino Craxi afferma in una lettera al ministro
delle Partecipazioni statali, il dc Clelio Darida facendo chiaramente
capire che il prezzo pattuito per la cessione della Sme sarebbe
troppo basso.
Prodi però non cede.
La questione arriva al consiglio d’amministrazione dell’Iri.
Per il presidente quel denaro serviva ad alleggerirte il peso dei
debiti che gravava sull’Iri che nel settore dolciario del
gruppo Sme andava perdendo sempre più denaro. Nel 1984 aveva
perso ben 47 miliardi. Fino a quando il 28 maggio arriva all’Iri
una proposta d’aquisto Sme da parte di una cordata nata ad
hoc che mette sul piatto delle trattative 600 miliardi. Cento miliardi
in più rispetto a De Benedetti. Si tratta della Iar, una
società costituita dalla Fininvest di Silvio Berlusconi,
dai due gruppi alimentari Barilla e Ferrero e dalla Conserve Italia
delle cooperative bianche.
Il 15 guigno salta tutto.
Darida annuncia che la holding pubblica dell’allimentare dovrà
essere messa all’asta. Si fanno avanti altre coordate tra
cui una delle Coop rosse. Da questo momento in poi l’intera
vicenda si trasferisce dentro le aule di giudtizia. La Buitoni di
De Benedetti infatti fa ricorso per ottenere che il contratto originario,
quello del 30 aprile, venga onorato dall’Iri. Ma il tribunale
di Roma presieduto da Filippo Verde respinge l’istanza dichiarando
annullato il contratto. Sarebbe proprio questo il verdetto secondo
l’accusa comprato al centro del processo in corso a Milano.
De Benedetti perde il ricorso
sia in corte d’appello (marzo 1987) sia in Cassazione (marzo
1988). L’ingegnere decide allora di cedere le attività
nel settore alimentare vendendo la Buitoni alla Nestlè.
Tra il 1993 e il 1994 l’Iri
cede la Sme divisa in tronconi. Complessivamente ottiene 2000 miliardi
di lire. L’ Italgel con Motta e Alemagna finisce alla Nestlè,
l’olio Bertolli alla Unilever, la Pavesi alla Barilla, Gs
e autogrill a una cordata guidata dai Benetton e da Leonardo Del
Vecchio. La Cirio è prima venduta all’imprenditore
Lamiranda poi passa a Sergio Cragnotti.
Per De Benedetti la cifra più alta è dovuta all’ingresso
delle multinazionali nel mercato. Ma la questione sul prezzo resta
aperta.
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