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di
Andrea Benvenuti
Tagliati migliaia di posti. Chiusi centinaia di istituti. Riforme
che non partono. Insegnanti in piazza. E un ministro sempre più
solo
SpLetizia Moratti non sopporta l'idea di passare alla storia come
il ministro dell'Istruzione più contestato della Repubblica.
Ma ormai è sulla buona strada. Nessuno era mai riuscito a
coalizzare contro di sé - come accadrà negli scioperi
previsti tra il 14 e il 18 ottobre - tutti i sindacati, le associazioni
dei genitori, gli studenti, un grande arcipelago come quello dei
girotondini.
Non è solo una questione di tagli e
di riforme. Moratti sembra avere una predisposizione alle gaffe
e alle marce indietro che nessun altro ministro aveva manifestato
prima di lei. Quella del crocifisso è solo l'ultima ma è
illuminante raccontare come è avvenuta.
Il giorno è il 18 settembre che non
è una data qualunque: è l'apertura ufficiale dell'anno
scolastico e la ministra si è preparata con impegno per trasformarla
in un'"operazione riscatto". Al mattino partecipa a una
cerimonia con il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi,
che fa un discorso perfetto per ridarle credibilità: il ruolo
centrale della scuola pubblica, il rilancio della riforma dei cicli
per modernizzare il sistema scolastico... Persino Moratti, nei toni
usati, sembra un ministro laico e riformista. Poi, al pomeriggio,
alla Camera, arriva la catastrofe inattesa.
Rispondendo a un'interrogazione parlamentare
presentata dal collega di maggioranza, Luca Volontè dell'Udc,
sulle norme che regolano l'esposizione dei simboli religiosi, si
lascia scappare che «il crocifisso è il simbolo della
civiltà cristiana e del nostro patrimonio storico e culturale:
è un obbligo assicurare che venga esposto nelle aule scolastiche».
Probabilmente non si rende conto fino in fondo del peso delle frasi
che sta pronunciando. Sono passati pochi minuti dalla fine del question-time
e le agenzie battono la notizia: «Il Governo assicurerà
l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche». Il putiferio
che segue obbliga ancora una volta la presidenza del Consiglio a
smentirla. E lei deve nuovamente fare marcia indietro: l'ennesima
sconfitta. Persino i suoi estimatori dicono ormai che «Letizia
è irriconoscibile». Troppi incidenti di percorso. Troppe
contestazioni.
Nella sua carriera da imprenditrice Letizia
Moratti Brachetto è passata dalla presidenza della Syntek
Capital Group a quella della Rai. E questa carriera le è
valsa, nel 2000, il premio Lions Club di Donna ideale. Ma troppo
spesso, oggi, la Moratti ministro mostra di non capire la differenza
tra il clima delle società private e quello, assai più
complesso, dell'azienda scuola. L'ultima decisione che ha mandato
su tutte le furie i sindacati è stata la rimozione della
maggior parte dei direttori scolastici regionali. Non solo perché
nella rete sono caduti professionisti stimati da tutti, come Emanuele
Barberi dell'Emilia Romagna, gradito alla Cgil come alla Cisl, e
persino a un'associazione professionale come Ds, vicina a Comunione
e liberazione. Ma anche perché il ministro ha azzerato i
vertici della scuola, raddoppiando le spese: il personale sostituito
potrà avvalersi di un anno sabbatico di aggiornamento pagato
con la stessa retribuzione. Una scelta accettabile per una qualsiasi
azienda privata, difficile da immaginare in una scuola devastata
dai tagli.
«Sono errori inspiegabili», sottolinea
Enrico Panini segretario generale della Cgil Scuola: «Come
quando ha voluto far passare a ogni costo la sperimentazione della
riforma pur non avendo né le risorse né i tempi per
rispettare le decisioni dei collegi dei docenti». Attacca
Panini: «Non si può tollerare un ministro della Repubblica
che pensa a costruire una scuola d'élite e si comporta come
un direttore d'azienda».
Il ministro dell'Istruzione è isolato.
La legge di bilancio, che prevede un taglio di 242 milioni di euro
in tre anni, è troppo impopolare per pensare a un rilancio
d'immagine. E la sua decisione di tornare al maestro unico, cancellando
i moduli con tre insegnanti per due classi, sta scatenando malumori
anche nei sindacati meno prevenuti, come la Cisl. Anche perché,
contemporaneamente, la scure della Moratti si è abbattuta
senza pietà sui più deboli, cancellando centinaia
di insegnanti di sostegno per i bambini portatori di handicap e
scatenando, così, rivolte in tutta Italia.
A Chioggia, in Veneto, i bambini disabili del
primo Circolo didattico, insieme alle loro famiglie, sono mancati
al primo giorno di scuola per protestare contro la pesante riduzione
di insegnanti di sostegno. A Pordenone le scuole elementari hanno
ottenuto 77 insegnanti di sostegno su 118 per 208 alunni che ne
avevano bisogno; le medie 53 su 86 per 159 alunni; le superiori
29 su 75 per 111 alunni. Ovunque si assiste a un fenomeno sconcertante:
crescono gli studenti disabili, crollano gli insegnanti e in molte
scuole di tutta Italia gli studenti con handicap non possono più
partecipare ad attività sportive per mancanza di docenti
o di pulmini.
I sindacati, dopo gli incontri al ministero,
rimpiangono le riunioni con gli ex ministri Luigi Berlinguer e Tullio
De Mauro che dopo qualche ora si trasformavano in chiacchierate
informali. «Moratti, invece, prepara ogni riunione nel minimo
dettaglio, con un ordine del giorno rigido, da cui non c'è
modo di uscire. Lo stile è manageriale e qualunque concessione
alla confidenza viene evitata. Le domande fuori programma vengono
girate dal ministro ai suoi più stretti collaboratori: Pasquale
Capo e Michele Di Pace», racconta Massimo Di Menna della Uil.
Distanza da tutto. Controllata capacità
di coinvolgimento. I sindacalisti pensano che non sia solo una questione
di personalità. Ma anche di suggeritori: «La trattano
come la Madonna di Civitavecchia. La tengono dentro una teca e la
portano in giro». Pochi, in realtà, gli appuntamenti
pubblici e tutti rigidamente selezionati. Rare anche le interviste.
I contraddittori sono sempre preparati nel dettaglio. Le domande
concordate. Moratti ha annunciato il giro delle scuole italiane
proprio per entrare in contatto con docenti e studenti. Ma non è
andata oltre due regioni: è partita dalla Sardegna e si è
fermata in Lombardia.
«Ben diverso era Luigi Berlinguer, profondo
conoscitore dell'apparato scolastico: l'ex ministro girava l'Italia,
andava nelle scuole, era capace, ai tempi del famoso "concorsone",
che pure segnò la fine della sua carriera, di accettare l'invito
della Cisl a partecipare a un'assemblea e a strappare gli applausi
perfino degli insegnanti che lo contestavano», ricorda Daniela
Colturani, responsabile della Cisl scuola.
Spiega Panini: «Ci furono due momenti
chiave che ci hanno chiarito la sua concezione della scuola. Il
primo fu uno scambio di lettere con Tremonti, nel 2001, in cui il
ministro dell'Istruzione già prospettava i tagli agli organici
contenuti nella Finanziaria 2003. Il secondo fu un articolo pubblicato
sul "Corriere della Sera" in cui Moratti annunciava un
piano per ridurre la spesa scolastica del 15 per cento in cinque
anni e risparmiare così tredicimila miliardi di vecchie lire».
I dettagli dell'operazione sono stati chiariti
nei mesi successivi, quando il ministro ha messo sotto accusa le
2 mila scuole che hanno un rapporto alunni-docenti al di sotto della
media nazionale (9,5); ha annunciato il ritorno al maestro unico
nelle elementari. E ha deciso tagli agli organici, alle attività
di formazione e all'aggiornamento degli insegnanti.
Ma questa politica scatena resistenze in tutta
Italia. Anche perché negli elenchi delle scuole a rischio
compaiono nomi prestigiosi. Come l'Istituto Serafico di Assisi,
scuola elementare per ciechi pluriminorati, unico centro in Italia
specializzato nella riabilitazione, educazione e inserimento sociale
di minorati della vista con gravi disabilità fisiche e mentali.
E ci sono anche l'Istituto per sordomuti di via Nomentana a Roma
e il Liceo scientifico di Ustica senza il quale i ragazzi dell'isola
dovrebbero prendere l'aliscafo per Palermo come fosse un autobus.
Sembra che, nelle isole minori, nasceranno classi virtuali di scuole
superiori: gli studenti studieranno via Internet. Possibilità
che è già emersa a conclusione del secondo congresso
nazionale delle scuole delle isole minori italiane che si è
svolto in agosto a Favignana. Si tratta di iniziative che vengono
presentate come una vittoria della modernità. Ma quelli che
non avranno più gli insegnanti in aula lo considerano una
discriminazione pesante.
D'altra parte i tagli nell'organico degli insegnanti
si fanno sentire ovunque. Quest'anno ci saranno 8.500 posti in meno,
816 solo in Sicilia. Qui stanno chiudendo i battenti gli Osservatori
provinciali sulla dispersione scolastica, per la soppressione dell'80
per cento dei posti. Si tratta di una scelta che provoca sconcerto,
perché gli Osservatori erano considerati un esperimento riuscito
per combattere l'abbandono e l'evasione scolastica. In particolare
a Palermo, dal 1987 funziona una rete di operatori sociali (nove
in città e otto in provincia) che intervengono su più
scuole e da psicopedagogistiche lavorano nelle scuole e nei quartieri
più difficili, come lo Zen e Marinella. L'esperimento ha
fatto scendere la dispersione scolastica a Palermo dal 6,1 allo
0,7 per cento nelle scuole elementari e dal 23 al 9 per cento alle
medie. Ora sta chiudendo.
«Moratti crede sinceramente a una scuola
d'élite che formi la classe dirigente del paese e che selezioni
chi deve studiare e chi deve andare a lavorare», dice Alba
Sasso, deputata ds. Sembra che alle manifestazioni previste per
il 14 e il 18 luglio saranno molti gli slogan sul "ministro
dei ricchi". Anche perché a essere colpite dalla politica
della Moratti sono soprattutto le scuole delle regioni più
povere, nelle campagne e nelle isole.
Le scuole di Altamura, in Puglia, quest'anno
non riusciranno a garantire a circa 500-600 bambini dai tre ai cinque
anni un banco nella scuola materna pubblica. Le sezioni di classi
materne sono congestionate e gli istituti devono rimandare al mittente
decine di richieste di iscrizione. A Sestu, in Sardegna, già
a luglio è scoppiata la ricerca di un posto in asilo: e a
settembre è stato annunciato che più di cento bambini,
tra i tre e i cinque anni, non potranno frequentare la scuola per
l'infanzia.
Si assiste a uno strano fenomeno: il calo demografico
avrebbe dovuto portare alla definitiva soluzione del problema delle
scuole materne in tutta Italia. Ma i tagli stanno nuovamente aggravando
il problema, a tutto vantaggio degli istituti religiosi e delle
società private che stanno investendo nel settore. Persino
in Toscana si allungano le liste d'attesa per le scuole dell'infanzia:
a fronte di un aumento di iscrizioni di 1.061 bambini, sono previsti
solo 17 posti in più. Per la scuola elementare invece sono
attesi 510 studenti in più mentre ci saranno 143 insegnanti
in meno.
Quando pensa alla scuola del futuro Letizia
Moratti pensa alle tre "i" di Berlusconi (informatica,
inglese e impresa). Prima di tutto: informatica. Secondo i suoi
piani, entro il 2005, Internet entrerà nell'85 per cento
delle scuole, con progetti di e-learning per l'insegnamento dell'inglese
(la seconda "i", appunto) e possibilità di collegamento
anche da casa attraverso la rete. La terza "i", l'impresa,
è al centro della sua strategia. Ma è anche il suo
tallone d'Achille. Perché le centinaia di migliaia di persone
attese nelle piazze, tra il 14 e il 18 ottobre, le rimproverano
proprio questo: non aver capito i problemi socio-culturali della
scuola, ma solo i numeri del suo bilancio.
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