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intervista a Domenico Starnone
Ci ha raccontato la scuola nei suoi libri (Ex cattedra,Fuori
registro e Solo se interrogato), dal punto di
vista dei docenti e da quello degli studenti. Ce lha raccontata
in una commedia, Sottobanco, nel 1993. Attraverso due
film «La scuola» di Lucchetti, e «Auguri professore»,
di Milani. Lha vissuta ogni giorno per trentanni, insegnando.
Perciò il suo è un riso amaro quando apprende che
secondo il presidente del Consiglio Berlusconi, dalla Riforma Gentile
ad oggi nulla si è fatto per la scuola. Domenico Starnone,
leclettico scrittore napoletano, passato dallinsegnamento,
alla letteratura, ai testi per il Cinema, è davvero preoccupato
quando parla di scuola, di quella che la destra vorrebbe vedere
realizzata. O del concetto di individuo che la nuova classe politica
al potere sta cercando di materializzare: un uomo senza dubbi, fedele
al leader. Non una scuola per crescere, «quella per cui ci
siamo battuti durante questi anni», ma una scuola dove si
ratificano i buoni e i cattivi e non si «fanno crescere i
cattivi, come i buoni». Insomma, il pensiero, dice lo scrittore,
torna inevitabilmente indietro nel tempo. Molto indietro, «prima
ancora degli anni Sessanta». La tendenza, dice, «è
quella di tornare ad una scuola che seleziona vincenti e che funziona
in rapporto alla selezione».
Professore, il governo Berlusconi ha «riformato»
la scuola. Dice il premier: finalmente abbiamo fatto quello che
in 70 anni non è riuscito a nessuno. Lei, che la scuola la
conosce, che dice?
Sarebbe vero se questa fosse realmente una riforma della scuola.
In realtà resta tutto formalmente come prima, tranne qualche
pericoloso contentino a Bossi. Pur tra molte contraddizioni la scuola
come è emersa dalla fine degli anni Sessanta ha fatto molti
sforzi per cambiare, in qualche modo per autoriformarsi, quando
la politica istituzionale considerava la scuola niente altro che
un serbatoio di voti. Molti nodi non sono stati sciolti, spesso
la burocrazia ha prevalso, ma ci sono state anche esperienze ricche
che hanno provato strade per cambiare. La riforma berlusconiana
rischia di essere un colpo di spugna e un arretramento.
Anche la scuola Berlusconi-Moratti sembra rientrare nel concetto
di Stato-azienda, dove la tentazione del privato è fortissima.
Ma il «pubblico», inteso come servizio, che futuro avrà?
La vera riflessione è sul presente, su quanto di devastante
è gia in atto nelle politiche del centro destra nel pubblico,
e nella scuola in particolare. Loro sono riusciti a cambiare velocemente
nel comune sentire il senso del pubblico. Si rischia che anche la
scuola diventi un coacervo di elementi di vario tipo. La loro tentazione
è quella di trasformare in senso aziendalistico anche la
scuola rendendola un settore di cui lo Stato dovrà interessarsi
sempre meno. Per questo vengono eliminate le «spese varie»,
come le intendono loro, che vanno dal tempo pieno al tempo prolungato,
allaccorpamento di classi ai tagli di cattedre.
Berlusconi identifica la rivoluzione scolastica nelle tre «I»:
internet inglese e impresa. Cosa si dovrebbe contrapporre a queste
tre «I»?
Anche la concezione della scuola di Berlusconi è parte della
sua concezione delluomo in genere. Un approccio molto, molto
lontano, da come si dovrebbe intendere la funzione della scuola,
che dovrebbe puntare alla crescita dellindividuo non solo
come futuro lavoratore, ma come cittadino, come essere umano. E
qui dovremmo capire cosa intendono Berlusconi e la Moratti, quando
parlano di scuola più seria. Credo che nel loro progetto
ci sia il sogno di una scuola che torni al chi è nato
per studiare, chi è nato per zappare. Ma la scuola,
oggi, con tutti i suoi problemi, ha momenti di grande intensità
determinati dal rapporto che si instaura tra gli insegnati e gli
alunni che è fatto di trasmissione di informazioni ma anche
di riflessione e comprensione del mondo che ci circonda. Di scambio
di reciproco arricchimento. Il vero obiettivo che si doveva centrare
con una riforma era quello di dotare docenti e alunni di una struttura
adeguata alla società complessa in cui viviamo.
Se dovesse parlare per immagini, qual è la prima che
le viene in mente pensando a questa riforma?
Mi viene in mente limmagine di una scuola irrigimentata con
insegnanti sempre più concentrati a produrre pagelle, fabbricare
esami e mettere voti, con il terrore di essere a loro volta sottoposti
a tutto ciò. E penso anche ad una scuola che ratifica disuguaglianze,
anziché colmarle. La destra ha occupato anche lultimo
quadratino che era rimasto libero. Forse il centrosinistra avrebbe
dovuto fare di più.
Poiché è improbabile che il progetto di restaurazione
della destra passi realmente nella vita quotidiana della scuola
il rischio è che questa riforma diventi di pura facciata
e assecondi il degrado della scuola pubblica.
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