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articolo tratto da "l'Espresso" del 3 gennaio 2002
 
Cara Moratti, ora parliamo noi

 

 

 

di Elisa Manacorda

Il ministro è riuscito a scontentare tutti gli studenti: da destra a sinistra. Ecco perché



Spenti i riflettori, chiuso il collegamento con la regia, finita la diretta via satellite con le scuole italiane, scomparso il bravo presentatore, smantellato lo studio in stile "C'è posta per te", gli Stati generali di Letizia Moratti lasciano a tutti il sapore di una beffa. Una ministra così ecumenica, così materna, così pronta a dar ragione a tutti e a nessuno, non si vedeva da tempo. Tanto che persino uno studente-contestatore, alla fine, è sbottato: questo non è un ministro, è una torta alla panna. E però, materna o no, con la sua riforma la Moratti ha scontentato tutti. Gli insegnanti, in primis: per loro niente aumenti in Finanziaria, poca attenzione all'aspetto formativo e una ventilata riduzione - da cinque a quattro anni - delle superiori. Scontenti anche i genitori, che non apprezzano la riforma degli Organi collegiali e la netta diminuzione della rappresentanza delle famiglie nell'organo di governo della scuola. Persino i rettori hanno qualche lamentela: non condividono l'eccessiva separazione tra formazione professionale e universitaria. E gli studenti? Da destra e da sinistra, sparano a zero. E avanzano delle proposte sulla scuola che vorrebbero. Eccole.

Giorgia Meloni
Azione studentesca (vicini ad An)

La scuola che vogliamo deve valorizzare il ruolo della famiglia e degli studenti nella gestione della vita scolastica. Per questo non ci piace affatto l'idea di un "Consiglio di amministrazione" nel quale non ci sia spazio per i rappresentanti dei ragazzi. E non ci piace nemmeno il ritorno del voto in condotta: la scuola deve essere attenta alla crescita umana dei giovani, ma senza strumenti repressivi. E dunque chiediamo la riforma dei Centri di informazione e consulenza, luoghi di prevenzione della devianza nelle scuole, che lavorino insieme con le comunità terapeutiche. Di questa riforma apprezziamo la stretta relazione tra scuola e mondo del lavoro. Ma attenzione a non creare figure professionali senza basi culturali.

Simone Paini
Alternativa studentesca (vicini a F I)

Libertà e futuro: questo è il nostro slogan. Ognuno deve poter scegliere la scuola che preferisce, anche quella non statale, in base ai programmi, che in parte possono essere diversi da quelli nazionali. Questo deve avvenire attraverso l'aiuto economico alle famiglie (il cosiddetto "buono scuola" già introdotto in alcune regioni), oppure con il finanziamento delle scuole a seconda del numero degli iscritti, perché la concorrenza non può che migliorare l'offerta educativa. Ridurre a quattro anni il percorso della secondaria, invece, non ci convince. Per non essere svantaggiati nei confronti degli altri paesi europei, si potrebbe valutare l'ipotesi di un ingresso nella scuola a cinque anni.

Lorenzo Fontolan
Liste per la libertà nella scuola - Libas (area liberale - cattolica)

La riforma parla di centralità della persona e non dell'apprendimento, e questo ci sta bene. Ma c'è poca attenzione alla riqualificazione del lavoro dei docenti: non vorremmo che la prevista formazione unitaria degli insegnanti, dalla scuola materna alle superiori, si appiattisse sul livello più basso. È giusto dare la possibilità di scegliere tra un canale liceale e uno professionale, ma attenzione a non considerare quest'ultimo di serie B. L'ingresso delle Regioni nella definizione dei programmi scolastici ci sembra un rischio, lo Stato in questo senso deve sempre avere un ruolo centrale. Meglio allora lasciare autonomia alle singole scuole, più radicate nel territorio locale.

Giovanni Ricco
Unione degli Studenti (area Ds - Cgil))

Mi sembra una pessima riforma, perché divide gli studenti in due gruppi: quelli che ce la fanno per nascita - e che sceglieranno la strada del liceo - e quelli che non ce la faranno mai, costretti a scegliere la strada professionale. Invece anche i licei dovrebbero essere contaminati dalla cultura del lavoro, e viceversa. Non solo: la Moratti vuole trasformare la scuola in un ente che certifica la preparazione degli studenti, invece di gestirla. La vera istruzione si farà fuori, nella miriade di scuole private. Anche il ritorno del voto in condotta non è accettabile: propone un modello autoritario di scuola contrario a tutte le lotte del movimento degli studenti di questi ultimi anni. Diciamo no anche alla riforma degli organi collegiali e all'idea del "Consiglio di amministrazione" con tecnici scelti dall'esterno.

Mattia Stella
Consulta degli Studenti di Roma

Vorremmo una scuola libera, pubblica e laica, solidale e inclusiva, che non divida tra l'élite pensante e la forza lavoro, tra chi è adatto allo studio e chi alla manualità. Invece questa è una riforma che ridimensiona il progetto di scuola statale, che crea gerarchie tra gli studenti, che non valorizza il lavoro degli insegnanti, che stravolge la funzione degli organi di autogoverno della scuola e li sostituisce con dei "Consigli di amministrazione". Vorremmo una scuola che trasmetta curiosità nei confronti del mondo, invece in questo progetto c'è solo l'attenzione a sfornare forza-lavoro per compiacere Confindustria.

03.01.2002

  tratto da "l'Espresso" del 3 gennaio 2002
 

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