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di Elisa Manacorda
Il ministro è riuscito a scontentare tutti gli studenti:
da destra a sinistra. Ecco perché
Spenti i riflettori, chiuso il collegamento con la regia, finita
la diretta via satellite con le scuole italiane, scomparso il bravo
presentatore, smantellato lo studio in stile "C'è posta
per te", gli Stati generali di Letizia Moratti lasciano a tutti
il sapore di una beffa. Una ministra così ecumenica, così
materna, così pronta a dar ragione a tutti e a nessuno, non
si vedeva da tempo. Tanto che persino uno studente-contestatore,
alla fine, è sbottato: questo non è un ministro, è
una torta alla panna. E però, materna o no, con la sua riforma
la Moratti ha scontentato tutti. Gli insegnanti, in primis: per
loro niente aumenti in Finanziaria, poca attenzione all'aspetto
formativo e una ventilata riduzione - da cinque a quattro anni -
delle superiori. Scontenti anche i genitori, che non apprezzano
la riforma degli Organi collegiali e la netta diminuzione della
rappresentanza delle famiglie nell'organo di governo della scuola.
Persino i rettori hanno qualche lamentela: non condividono l'eccessiva
separazione tra formazione professionale e universitaria. E gli
studenti? Da destra e da sinistra, sparano a zero. E avanzano delle
proposte sulla scuola che vorrebbero. Eccole.
Giorgia Meloni
Azione studentesca (vicini ad An)
La scuola che vogliamo deve valorizzare il
ruolo della famiglia e degli studenti nella gestione della vita
scolastica. Per questo non ci piace affatto l'idea di un "Consiglio
di amministrazione" nel quale non ci sia spazio per i rappresentanti
dei ragazzi. E non ci piace nemmeno il ritorno del voto in condotta:
la scuola deve essere attenta alla crescita umana dei giovani, ma
senza strumenti repressivi. E dunque chiediamo la riforma dei Centri
di informazione e consulenza, luoghi di prevenzione della devianza
nelle scuole, che lavorino insieme con le comunità terapeutiche.
Di questa riforma apprezziamo la stretta relazione tra scuola e
mondo del lavoro. Ma attenzione a non creare figure professionali
senza basi culturali.
Simone Paini
Alternativa studentesca (vicini a F I)
Libertà e futuro: questo è il
nostro slogan. Ognuno deve poter scegliere la scuola che preferisce,
anche quella non statale, in base ai programmi, che in parte possono
essere diversi da quelli nazionali. Questo deve avvenire attraverso
l'aiuto economico alle famiglie (il cosiddetto "buono scuola"
già introdotto in alcune regioni), oppure con il finanziamento
delle scuole a seconda del numero degli iscritti, perché
la concorrenza non può che migliorare l'offerta educativa.
Ridurre a quattro anni il percorso della secondaria, invece, non
ci convince. Per non essere svantaggiati nei confronti degli altri
paesi europei, si potrebbe valutare l'ipotesi di un ingresso nella
scuola a cinque anni.
Lorenzo Fontolan
Liste per la libertà nella scuola
- Libas (area liberale - cattolica)
La riforma parla di centralità della
persona e non dell'apprendimento, e questo ci sta bene. Ma c'è
poca attenzione alla riqualificazione del lavoro dei docenti: non
vorremmo che la prevista formazione unitaria degli insegnanti, dalla
scuola materna alle superiori, si appiattisse sul livello più
basso. È giusto dare la possibilità di scegliere tra
un canale liceale e uno professionale, ma attenzione a non considerare
quest'ultimo di serie B. L'ingresso delle Regioni nella definizione
dei programmi scolastici ci sembra un rischio, lo Stato in questo
senso deve sempre avere un ruolo centrale. Meglio allora lasciare
autonomia alle singole scuole, più radicate nel territorio
locale.
Giovanni Ricco
Unione degli Studenti (area Ds - Cgil))
Mi sembra una pessima riforma, perché
divide gli studenti in due gruppi: quelli che ce la fanno per nascita
- e che sceglieranno la strada del liceo - e quelli che non ce la
faranno mai, costretti a scegliere la strada professionale. Invece
anche i licei dovrebbero essere contaminati dalla cultura del lavoro,
e viceversa. Non solo: la Moratti vuole trasformare la scuola in
un ente che certifica la preparazione degli studenti, invece di
gestirla. La vera istruzione si farà fuori, nella miriade
di scuole private. Anche il ritorno del voto in condotta non è
accettabile: propone un modello autoritario di scuola contrario
a tutte le lotte del movimento degli studenti di questi ultimi anni.
Diciamo no anche alla riforma degli organi collegiali e all'idea
del "Consiglio di amministrazione" con tecnici scelti
dall'esterno.
Mattia Stella
Consulta degli Studenti di Roma
Vorremmo una scuola libera, pubblica e laica,
solidale e inclusiva, che non divida tra l'élite pensante
e la forza lavoro, tra chi è adatto allo studio e chi alla
manualità. Invece questa è una riforma che ridimensiona
il progetto di scuola statale, che crea gerarchie tra gli studenti,
che non valorizza il lavoro degli insegnanti, che stravolge la funzione
degli organi di autogoverno della scuola e li sostituisce con dei
"Consigli di amministrazione". Vorremmo una scuola che
trasmetta curiosità nei confronti del mondo, invece in questo
progetto c'è solo l'attenzione a sfornare forza-lavoro per
compiacere Confindustria.
03.01.2002
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