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di e.f.
La «Engin», la nave piena di donne
e bambini approdata giovedì sulle coste pugliesi ha spaventato
il governo. Siamo allinvasione, ha tuonato la Lega di Bossi
& Gentilini, e il governo ha risposto: contro i clandestini
da oggi verranno usate le navi militari. Lo ha deciso ieri il Consiglio
dei ministri. Allimprovviso. Mettendo a tacere i cattolici
e il ministro Rocco Buttiglione, che nelle settimane passate aveva
inutilmente pensato ad approcci più umani sul tema immigrazione.
Ora le acque che dividono il Belpaese dal Mediterraneo o dai Balcani
- i fronti più caldi - saranno pattugliate da incrociatori,
cannoniere e forse anche portaerei, con Buttiglione costretto a
chinare la testa. «Dal governo sono venute decisioni ben calibrate».
Per il momento non è chiaro, né al governo e meno
che mai ai ministri della Difesa, Antonio Martino, e dellInterno,
Claudio Scajola, quali saranno i compiti delle navi militari. Nei
due emendamenti al disegno di legge sullimmigrazione, che
sarà discusso il prossimo 19 febbraio, si parla genericamente
di compiti di polizia per la Marina, le cui navi potranno intervenire
sulle imbarcazioni sospettate di trasportare clandestini. Come?
Anche sparando? Dove? In acque territoriali o extraterritoriali?
Interrogativi senza risposta. «Vogliamo dare dei simboli»,
si è limitato a dire Scajola. Quello che è certo,
per il ministro dellInterno, è che «le navi potranno
anche svolgere compiti di investigazione».
Ancora più fumoso il ministro della Difesa. Martino si è
affrettato a chiarire che no, la Marina non si sta trasformando
in una forza di polizia. Ma i marinai useranno anche le armi? «Le
regole di ingaggio per lutilizzo eventuale di armi saranno
specificate nel dettaglio, ma la Marina militare è già
una forza armata. Questo, però, non significa che prenderemo
a cannonate le carrette di immigrati clandestini». Insomma,
per il momento i cannoni sono fermi, ma la musica cambia rispetto
a prima, a quando cera un governo di centrosinistra che «per
troppo tempo ha avuto un atteggiamento troppo permissivo nei confronti
dei clandestini».
«Siamo alla barzelletta» è il commento netto
del senatore Massimo Brutti, dei ds. Perché «l'impiego
di navi della Marina militare contro i natanti che trasportano immigrati
clandestini non serve ad impedire che questi, guidati da equipaggi
senza scrupoli, si avvicinano alla costa». «Le navi
militari - spiega Brutti - possono segnalare gli arrivi, ma non
possono fare molto di più. Il ministro dell'interno dichiara
che le navi svolgeranno compiti di investigazione e non si accorge
dell'involontario umorismo di questa formula».
Ci vuole cautela, dice ancora Brutti, «Le carrette dei clandestini
sono instabili e pilotate da mascalzoni irresponsabili. Ogni volta
che una nave si avvicina c'è pericolo di infortuni tragici,
come quello del 28 marzo del 1997, quando una nave albanese affondò
con ottanta persone a bordo. E allora non ha senso chiedere alle
forze armate di svolgere funzioni non appropriate ai loro compiti,
al loro addestramento e alla loro missione». Ed è questo
il punto che non piace né ai sindacati della polizia (Giovanni
Aliquò che dirige il sindacato dei funzionari di Ps, parla
di «sudamericanizzazione dellItalia») né
ai militari. In ambienti della Marina militare ieri in molti erano
perplessi. Quali saranno i compiti della Marina, gli ufficiali avranno
una sorta di licenza di abbordaggio o dovranno solo identificare
le navi sospettate di trasportare clandestini? Temi cruciali perché
è evidente che la Marina non può fare le stesse cose
della Guardia costiera e della Guardia di Finanza, per un motivo
molto semplice, dicevano alcuni alti ufficiali: le nostre navi non
sono adatte all'inseguimento di altura essendo state concepite per
affrontare un eventuale conflitto con unità da guerra. Ma
se una nave non dovesse fermarsi allalt, si chiedono soprattutto
gli ufficiali impegnati in compiti operativi, che facciamo, spariamo
la classica cannonata di avvertimento a prua? Oppure tagliamo la
strada al natante sospetto col rischio di collisioni e di altre
tragedie? I comandanti delle navi ricordando quello che accadde
nel 97 con lo speronamento della carretta albanese Kater I
Rades e il conseguente processo al comandante della nave Sibilla,
e pretendono regole dingaggio (come comportarsi) specificate
fin nel dettaglio. Diversamente, dicono, e con regole imprecise,
in caso di incidente a rimetterci le penne saranno i comandanti
delle unità militari coinvolte. E loro non ci stanno.
Perplessità giuste che però non piaceranno al senatore
della lega Francescop Tirelli, che ha paragonato la Marina alla
Croce Rossa e i suoi ufficiali a suffragette, e al sindaco di Treviso
Gentilini che invita ad usare il bazooka contro gli immigrati. Perché
lItalia ormai è invasa. Dai vecchi, dalle donne e dai
bambini della nave turca «Engin».
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