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articolo tratto da "l'Unità" del 1 febbraio 2002
 
Mare Nostrum: la Marina militare contro le carrette degli immigrati

 

 

 

di e.f.

La «Engin», la nave piena di donne e bambini approdata giovedì sulle coste pugliesi ha spaventato il governo. Siamo all’invasione, ha tuonato la Lega di Bossi & Gentilini, e il governo ha risposto: contro i clandestini da oggi verranno usate le navi militari. Lo ha deciso ieri il Consiglio dei ministri. All’improvviso. Mettendo a tacere i cattolici e il ministro Rocco Buttiglione, che nelle settimane passate aveva inutilmente pensato ad approcci più umani sul tema immigrazione. Ora le acque che dividono il Belpaese dal Mediterraneo o dai Balcani - i fronti più caldi - saranno pattugliate da incrociatori, cannoniere e forse anche portaerei, con Buttiglione costretto a chinare la testa. «Dal governo sono venute decisioni ben calibrate».
Per il momento non è chiaro, né al governo e meno che mai ai ministri della Difesa, Antonio Martino, e dell’Interno, Claudio Scajola, quali saranno i compiti delle navi militari. Nei due emendamenti al disegno di legge sull’immigrazione, che sarà discusso il prossimo 19 febbraio, si parla genericamente di compiti di polizia per la Marina, le cui navi potranno intervenire sulle imbarcazioni sospettate di trasportare clandestini. Come? Anche sparando? Dove? In acque territoriali o extraterritoriali? Interrogativi senza risposta. «Vogliamo dare dei simboli», si è limitato a dire Scajola. Quello che è certo, per il ministro dell’Interno, è che «le navi potranno anche svolgere compiti di investigazione».
Ancora più fumoso il ministro della Difesa. Martino si è affrettato a chiarire che no, la Marina non si sta trasformando in una forza di polizia. Ma i marinai useranno anche le armi? «Le regole di ingaggio per l’utilizzo eventuale di armi saranno specificate nel dettaglio, ma la Marina militare è già una forza armata. Questo, però, non significa che prenderemo a cannonate le carrette di immigrati clandestini». Insomma, per il momento i cannoni sono fermi, ma la musica cambia rispetto a prima, a quando c’era un governo di centrosinistra che «per troppo tempo ha avuto un atteggiamento troppo permissivo nei confronti dei clandestini».
«Siamo alla barzelletta» è il commento netto del senatore Massimo Brutti, dei ds. Perché «l'impiego di navi della Marina militare contro i natanti che trasportano immigrati clandestini non serve ad impedire che questi, guidati da equipaggi senza scrupoli, si avvicinano alla costa». «Le navi militari - spiega Brutti - possono segnalare gli arrivi, ma non possono fare molto di più. Il ministro dell'interno dichiara che le navi svolgeranno compiti di investigazione e non si accorge dell'involontario umorismo di questa formula».
Ci vuole cautela, dice ancora Brutti, «Le carrette dei clandestini sono instabili e pilotate da mascalzoni irresponsabili. Ogni volta che una nave si avvicina c'è pericolo di infortuni tragici, come quello del 28 marzo del 1997, quando una nave albanese affondò con ottanta persone a bordo. E allora non ha senso chiedere alle forze armate di svolgere funzioni non appropriate ai loro compiti, al loro addestramento e alla loro missione». Ed è questo il punto che non piace né ai sindacati della polizia (Giovanni Aliquò che dirige il sindacato dei funzionari di Ps, parla di «sudamericanizzazione dell’Italia») né ai militari. In ambienti della Marina militare ieri in molti erano perplessi. Quali saranno i compiti della Marina, gli ufficiali avranno una sorta di licenza di abbordaggio o dovranno solo identificare le navi sospettate di trasportare clandestini? Temi cruciali perché è evidente che la Marina non può fare le stesse cose della Guardia costiera e della Guardia di Finanza, per un motivo molto semplice, dicevano alcuni alti ufficiali: le nostre navi non sono adatte all'inseguimento di altura essendo state concepite per affrontare un eventuale conflitto con unità da guerra. Ma se una nave non dovesse fermarsi all’alt, si chiedono soprattutto gli ufficiali impegnati in compiti operativi, che facciamo, spariamo la classica cannonata di avvertimento a prua? Oppure tagliamo la strada al natante sospetto col rischio di collisioni e di altre tragedie? I comandanti delle navi ricordando quello che accadde nel ‘97 con lo speronamento della carretta albanese Kater I Rades e il conseguente processo al comandante della nave Sibilla, e pretendono regole d’ingaggio (come comportarsi) specificate fin nel dettaglio. Diversamente, dicono, e con regole imprecise, in caso di incidente a rimetterci le penne saranno i comandanti delle unità militari coinvolte. E loro non ci stanno.
Perplessità giuste che però non piaceranno al senatore della lega Francescop Tirelli, che ha paragonato la Marina alla Croce Rossa e i suoi ufficiali a suffragette, e al sindaco di Treviso Gentilini che invita ad usare il bazooka contro gli immigrati. Perché l’Italia ormai è invasa. Dai vecchi, dalle donne e dai bambini della nave turca «Engin».

  tratto da "l'Unità" del 1 febbraio 2002
 

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