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Berlusconi
disse agli italiani che avrebbe modernizzato lo Stato. Basta intendersi
sul significato delle parole: se modernizzare significa riportare
l'Italia indietro di cinquant'anni, ci siamo
di Giorgio Bocca
Silvio Berlusconi anticipò e riassunse il suo programma di
governo dicendo agli italiani che era sua intenzione «rovesciare
questo stato come un calzino». E anche oggi i suoi fedeli
seguaci lo definiscono "il modernizzatore". In fondo basta
intendersi sul significato delle parole: se modernizzare significa
riportare l'Italia indietro di cinquant'anni, ci siamo. A tutto
ciò che è stato faticosamente messo assieme nell'Italia
democratica come rapporti di civiltà si menano quotidianamente
picconate.
Nel campo della giustizia siamo al rifiuto
dei giudici. L'avvocato Previti, nel silenzio assenso del capo del
governo, chiede l'elenco di giudici di Magistratura democratica
sospetti di faziosità ideologica. Il falso in bilancio viene
in pratica derubricato come reato. I processi più importanti
sono avviati alla morta gora della decadenza termini. E per finire
la classe politica, diciamo l'organigramma del nuovo potere, ha
tentato di sottrarsi a ogni giudizio fin che dura il suo mandato
parlamentare vale a dire natural durante per i capi bastone.
Lasciamo stare, per non occuparci di una beffa,
del conflitto di interessi, cioè del fatto che per Berlusconi,
il governo, lo Stato, l'informazione pubblica e i suoi interessi
privati siano la stessa cosa al punto che come "mero"
proprietario di Mediaset e come capo del governo può far
togliere alla concorrente Rai i due programmi forti di Biagi e di
Santoro, alla vigilia della presentazione dei palinsesti, cioè
alla vigilia del nuovo anno televisivo.
Alla pubblica morale ci pensa il ministro dell'Economia
Tremonti. Per lui chi paga le tasse in Italia è un babbeo
il quale ignora che l'attuale governo è dominato dal bisogno
di fare cassa anche a costo di mandare alla malora ogni giustizia
fiscale. Si passa da uno scudo fiscale all'altro, da un progetto
di condono all'altro: i soldi mandati all'estero, i conti in nero,
persino le imposte non pagate sulle slot machine, gli abusi edilizi
dilaganti in tutto il Mezzogiorno. Il rapporto base di ogni democrazia
fra i contribuenti e il governo, fra chi è governato e chi
deve pensare al bene comune, ridotto a una serie di trucchi contabili:
i tagli delle tasse compensati dai nuovi tributi locali, l'inflazione
manipolata, negata, l'indifferenza per i ceti bassi e i continui
favori a quelli alti. La politica propaganda delle opere pubbliche:
mentre si assiste al disastro pubblico della crisi idrica, il capo
del governo e il ministro Lunardi vanno all'inaugurazione del nuovo
viadotto sul Po e si scambiano rassicurazioni sul ponte dei ponti,
quello dello Stretto di Messina destinato a unire i due vuoti del
Mezzogiorno sottosviluppato.
Ma a tutto si ripara con la demagogia: il ministro
Marzano e il presidente della Confindustria D'Amato da un grande
albergo di Capri annunciano che il nuovo miracolo italiano avverrà
al sud. Il mafioso Bagarella ha appena rivolto al governo un suo
minaccioso proclama ricordando ai politici i debiti che hanno con
la Mafia, l'agricoltura meridionale è in crisi gravissima,
sta per aprirsi la lotta fra malavita e clientele per la spartizione
degli aiuti europei e i due brindano al sud terra promessa.
Di fronte a questa bancarotta dello Stato c'è
da chiedersi: ma il presidente Berlusconi che nei suoi affari ha
dimostrato di essere uomo abile e dalla vista lunga crede davvero
che il rilancio dello Stato, la ricostruzione dello Stato possa
partire dalla sua distruzione? Che la giustizia possa funzionare
se ogni giorno si dimostra che ci si può far beffa delle
leggi, che l'ordine amministrativo possa ricomporsi aprendo le porte
delle amministrazioni ai ladri?
O che ciò che conta veramente sia partecipare
all'ultimo banchetto, all'ultima spartizione della torta?
07.08.2002
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