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L'Europa di Berlusconi: ellenistica e romana,
dunque cristiana.
di Gianni Marsilli
Eppure un paio di cose le ha dette, Silvio
Berlusconi, nel suo slalom europeo tutto teso ad evitare di spiegare
perché diamine Renato Ruggiero se ne sìa tornato a
casa. Non ha detto se alla moneta unica vuole affiancare un governo
europeo delleconomia, questo no. Non ha detto neanche se avverte
o meno la necessità di una politica comune estera e di sicurezza.
Non ha detto se il prossimo allargamento gli vada o meno a genio,
né ha detto alcunché sui suoi tempi e sui suoi modi.
Ma un paio di cose le ha dette, ed è bene esserne consapevoli.
E cosa nota che il premier italiano tiene moltissimo a che
il processo costituzionale europeo, che inizierà in marzo
con i lavori della Convenzione presieduta da Giscard dEstaing,
si concluda nel secondo semestre del 2003, quando la presidenza
sarà italiana. Berlusconi sa che lavvenimento sarà
di storica portata, e intende esserne la madrina trionfale e sorridente.
Ieri ci ha fatto ufficialmente sapere che intende anche imprimere
il marchio italiano alla futura Costituzione europea. Più
che un segno politico, sarà un sigillo papale. La Costituzione
dovrà disegnare unEuropa «naturalmente laica,
ma la vera laicità, come insegna il meglio della nostra storia
nazionale, sta nel riconoscere...la tradizione cristiana nella vita
della società e quindi il posto eminente delle chiese...la
religione insomma non è e non può essere soltanto
un eccetera». Esattamente come ha recentemente suggerito il
Papa e prima di lui Francesco Cossiga: che la Costituzione europea
ricordi esplicitamente le radici cristiane dellEuropa. A Cossiga
aveva già risposto il premier francese Jospin ricordando
il carattere laico dello Stato francese, e quindi la difficoltà
di far sua una Costituzione che parli di religione oltreché
di regole. La diatriba era poi degenerata. Cossiga aveva dato dell«ignorante»
e del «fazioso» al premier francese, il quale aveva
definito «oltraggiose» le sue precedenti dichiarazioni.
Adesso sappiamo che Berlusconi la pensa esattamente come Cossiga.
Il presidente del Consiglio italiano non ha preso per buono neanche
il ragionato avvertimento che dalle colonne del Corriere della Sera
(11/1/02) gli aveva inviato Sergio Romano: «...sarei amareggiato
ma non sorpreso se i candidati cominciassero a invocare fra qualche
anno, nei loro discorsi elettorali, le radici giudeo-cristiane-islamiche
dellEuropa...le Costituzioni non dovrebbero essere documenti
filosofici». Il problema ovviamente non sta nel disconoscere
le radici cristiane dellEuropa. Ma nellopportunità
di imprimere un simile timbro di esclusività, per quanto
incontestabile, ad un sistema di regole di convivenza futura. Berlusconi
lo vuole, da ieri è chiaro. E per volerlo ha scomodato parole
forti: «Esiste per noi, come italiani, una certa religione
dellEuropa: la convinzione che il suo fondamento ultimo non
nasce dalla politica ma dal cristianesimo, che fuse ellenismo e
romanità». Capperi, erano settantanni che non
si sentivano simili involate. O meglio da tre mesi. Da quando a
Berlino parlò di «civiltà superiore»,
e mise in crisi la coalizione antiterrorista. Cè da
giurare che ieri sera gli omologhi europei di Berlusconi avevano
il sopracciglio più inarcato del solito.
Ma dovevano avere laria preoccupata anche i capi dei governi
polacco, ungherese, sloveno e così via andando verso est.
Lentrata di questi paesi nellUnione europea ha una premessa:
che si cambi la regola dellunanimità nelle decisioni
del Consiglio. In altre parole che si limiti al massimo il diritto
di veto. Che si possano compiere scelte a maggioranza qualificata,
pena la paralisi in unUnione a 25 o 30. Su questo punto «tecnico»
ma delicatissimo Berlusconi è stato di eloquente prudenza,
come prima di lui era stato Giulio Tremonti. Per lui tutto è
prematuro. Non si può «mettere il carro davanti ai
buoi». Non si può dire «se debba scomparire o
modificarsi la regola dellunanimità». Malgrado
fior di documenti del Partito popolare europeo auspichino luso
più ampio possibile della maggioranza qualificata. Glielha
ricordato Piero Fassino: con questo atteggiamento le sessantamila
imprese italiane che già operano nellest europeo avranno
vita dura. Così come avrà vita dura quellidea
«degasperiana» dellEuropa, così politica,
alla quale Berlusconi si è continuamente richiamato. Smentendosi
rigo dopo rigo.
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