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Un uomo d'onore parla a un colonnello dei
rapporti di Cosa nostra e politica. E viene ucciso prima di pentirsi
di Marco Travaglio
Ecco il programma politico
di Cosa Nostra. Semplice, elementare, addirittura banale: «amnistia
di cinque anni. Indulto di tre. Erano commissione giustizia. Ora
dovrebbe farla il nuovo governo.». Nel febbraio 1994 un boss
di primissimo piano lo confida punto per punto a un colonnello della
Dia, che al termine di ogni colloquio lo annota via via sul suo
taccuino di appunti. L'amnistia e l'indulto . gli stessi obiettivi
di cui si torna a discutere oggi, con la proposta Biondi-Taormina,
già sottoscritta da diversi parlamentari del centrodestra
e del centrosinistra per placare la rivolta nelle carceri . sono
alla pagina 47 di quel taccuino. Poco prima, a pagina 32, si legge:
«Quelli i Forza Italia hanno promesso che in caso di vittoria
entro 6 mesi regoleranno ogni cosa a loro favore. Palermitani dietro
le strag. siciliani dietro gli attentati in Italia». Pagina
36: «La Fininvest ha pagato un miliardo do tangenti a Santa
Paola (boss della mafia catanese, ndr) dopo l'attentato incendiario
che ha subito lo stabilimento Standa a Catania. Rapisarda-Marcello
Dell'Utri». Pagina 42: "Prov. (Provenzano, ndr) molto
cambiato, parla di pace sintomo di debolezza. Spera in Forza Italia
fra sette/5 anni tutto dovrebbe ritornare un po' come prima».
Pagina 49: «Andranno contro il partito o i partiti dei magistrati,
la gente non ne può più, mancano i lavori delle grandi
aziende c'è solo repressione lotta alla mafia e nient'altro
in alternativa protesta operaia e manifestazioni destinate a crescere,
aspettano nuovo partito o schieramento».
Il boss "gola profonda" si chiama
Luigi Ilardo, è nato a Catania nel 1951 ed è il cugino
nonché il braccio destro di Giuseppe "Piddu" Madonia,
il capomafia di Caltanissetta vicinissimo a Bernardo Provenzano.
Lui stesso, Ilardo, si vede e comunica spesso con Provenzano. L'ufficiale
che raccoglie le sue rivelazioni è il colonnello dei carabinieri
Michele Riccio (in seguito coinvolto in un processo a Genova su
presunti blitz antidroga "pilotati" nel Savonese). Le
prime confidenze sono dell'ottobre 1993. Pochi mesi dopo le ultime
stragi, quelle dell'estate, a Milano, Firenze e Roma. E pochi mesi
prima della "discesa in campo" di Silvio Berlusconi. Soprattutto
di questo parla Ilardo: della presunta "regia superiore"
delle stragi e dei presunti accordi fra Cosa Nostra e uomini di
Forza Italia.
Gli appunti del colonnello Riccio (388 pagine),
travasati in un raspporto firmato dall'ex numero due del Ros Mauro
Obinu, non riceveranno smentite. Ma solo riscontri e condanne per
gli uomini di Provenzano (la sentenza del tribunale conferma il
"giudizio di affidabilità sull'operato del Riccio e
sulla correttezza dello stesso" nella gestione di Ilardo).
Ora quelle carte sono state depositate dalla Procura di Palermo
nel processo contro Dell'Utri.
Riccio contatta Ilardo nel settembre 1993,
nel carcere di Lecce. Il boss ne esce nel gennaio 1994, per motivi
di salute, e torna in Sicilia. Ormai fa il doppio gioco. Mancano
due mesi alle elezioni del 27 marzo, poi vinte da Berlusconi. E
il boss s'incontra segretamente con Riccio, svelandogli in presa
diretta la campagna elettorale di Cosa Nostra. Dopo le stragi e
la cattura di Riina rivela: «Provenzano, Pietro Aglieri e
le altre famiglie palermitane di erano schierati contro Bagarella,
colpevole di seguire ciecamente la politica sanguinaria di Riina.
che aveva inasprito la reazione dello Stato e condotto allo sbando
Cosa nostra e al fenomeno del pentitismo. Bagarella era isolato.
Provenzano, nascosto a Bagheria, aveva fatto sapere alle 'famiglie'
siciliane di stare tranquille e di non esporsi ad attività
criminali avventurose, ma di aspettare tempi migliori, forieri di
un contesto politico stabile e più garantista nei confronti
della criminalità organizzata».
Ilardo racconta al colonnello anche come Cosa
Nostra decise di votare nel 1994. «In Caltanissetta, i 'palermitani'
avevano indetto una riunione», in cui si era deciso che «tutti
gli appartenenti alle varie organizzazioni mafiose del territorio
nazionale avrebbero dovuto votare Forza Italia». Come mai?
«I vertici avevano stabilito un contatto con un esponente
insospettabile di alto livello nell'entourage di Berlusconi. Questi,
in cambio del loro appoggio, aveva garantito normative di legge
a favore degli inquisiti appartenenti alle varie 'famiglie' mafiose,
nonché future coperture per lo sviluppo dei loro interessi
economici quali appalti, finanziamenti statali...».
Chi è l' uomo «dell'entourage
di Berlusconi»? La risposta è in un verbale firmato
da Riccio il 21 dicembre 1998 davanti ai pm di Firenze che indagano
sui mandanti occulti delle stragi: «Nel marzo-aprile 1994
ho detto a Ilardo: per caso l'uomo dell'entourage è Dell'Utri?
Lui mi ha fatto la battuta, guardandomi: "Lei le cose le capisce!
Poi ne riparleremo. Vedrà quanti ne passeremo".».
Le stragi dovevano servire «per mettere sotto i politici»,
che «facevano promesse su promesse» a Bagarella.
Il 27 marzo 1994 Berlusconi vince le elezioni
e diventa presidente del Consiglio. Ilardo spiega a Riccio che «molta
della credibilità del Provenzano all'interno di Cosa Nostra
sarebbe dipesa da quanto sarebbe riuscito a ottenere a seguito delle
promesse ricevute . dagli appartenenti al nuovo apparato politico
che aveva vinto le elezioni in cambio dei voti». Dopo il 27
marzo tutto cambia. Racconta Riccio: «Ilardo mi ha detto:
non dobbiamo fare più attentati eclatanti. Gli imprenditori
ci aiuteranno, nel tempo, con l'abolizione di determinati articoli
(del codice, ndr). "Quando noi saremo al potere . ha detto
il referente . entro sei mesi manterremo fede a quelle proposte"».
Il nuovo governo non farà in tempo a fare nulla: durerà
meno di 7 mesi.
Intanto Ilardo svela il nascondiglio di una
decina di superlatitanti e li fa arrestare. Il 31 ottobre 1995 avverte
Riccio che sta per incontrare Bernardo Provenzano in persona, in
un casolare a Mezzojuso. Riccio, appena passato al Ros, chiede ai
superiori i mezzi necessari per il blitz. La risposta è fredda,
interlocutoria: non intervenire, ma limitarsi a "osservare"
anche perché Ilardo non vuole portare addosso microspie e
non è sicuro chi incontrerà. Su questo episodio la
versione di Riccio si differenzia da quella degli uomini del Ros
ed esiste una indagine del pm palermitano Antonino Di Matteo.
Nel marzo 1996, alla vigilia delle elezioni
politiche (quelle poi vinte da Prodi), Ilardo rompe gli indugi e
accetta di diventare un collaboratore di giustizia. Confesserà
tutti i suoi crimini ed entrerà con la famiglia nel programma
di protezione. Il 2 maggio lo conferma in un incontro nella caserma
del Ros a Roma, dove il generale Mori lo presenta ai procuratori
Caselli, Principato e Tinebra. Questi fissano il primo interrogatorio
formale per il 15 maggio. Ilardo torna in Sicilia per mettere a
punto gli ultimi dettagli. Avverte i famigliari. Consegna a Riccio
i "pizzini" (bigliettini) del suo carteggio con Provenzano.
I due si vedono ancora il 10 maggio, all'aeroporto di Catania. Poche
ore dopo, alle 21.30, Ilardo viene assassinato da due killer davanti
a casa sua.
Quello che avrebbe potuto diventare un altro
Buscetta non parlerà più. Una fuga di notizie, quasi
certamente di provenienza "istituzionale", ha avvertito
Cosa Nostra del pericolo incombente. Solo Riccio può ridargli
la voce. Cosa che fa attraverso i suoi appunti tutti scritti con
inchiostro verde e le testimonianze. Senonchè, nel marzo
2001, viene convocato nello studio del suo avvocato, Carlo Taormina,
per una riunione con Dell'Utri e il tenente Carmelo Canale, entrambi
imputati per concorso esterno in mafia. Riccio denuncia subito il
fatto alla Procura di Palermo: «Si è parlato di dare
una mano a Dell'Utri. Io avrei dovuto dire che l'Ilardo non mi ha
mai parlato di Dell'Utri come uomo di mafia, vicino a Cosa Nostra».
In più Riccio deve dimenticarsi la mancata cattura di Provenzano.
In cambio gli viene promesso un aiuto per rientrare nell'Arma e
per ottenere "la rimessione del mio processo". «In
quell'occasione, come in altre, presso lo studio dell'avv. Teormina
era presente anche l'onorevole Previti». Taormina ammette
il colloquio ma nega quelle pressanti richieste al cliente. In ogni
caso, Riccio cambia avvocato.
Riccio e e il suo ex difensore Taormina si
rivedranno presto, a Palermo, per testimoniare al processo Dell'Utri.
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