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articolo tratto da "l'Unità" del 9/1/02
 
"Berlusconi? Europeista solo per i suoi interessi"

 

 

 

di Marc Lazar

«L’immagine che l’Italia ha dato di sé con la vicenda Ruggiero-Berlusconi, è quella di un Paese difficilmente affidabile». A cominciare dal suo presidente del Consiglio: «Berlusconi non ha un’idea della politica europea, non ha un progetto. Navigherà a vista e si dirà “europeista” quando gli converrà personalmente». Ed ancora: «In Italia esiste davvero un’emergenza democratica ma non nel senso del rischio di un nuovo fascismo». E sulla possibile investitura di Gianfranco Fini a ministro degli Esteri, la risposta è secca: «Per le maggiori cancellerie europee, e per le loro opinioni pubbliche nazionali, si ratterebbe di una provocazione. Fini alla Farnesina accrescerebbe la diffidenza verso l’Italia e porterebbe ad un ulteriore isolamento». A sostenerlo è uno dei più autorevoli scienziati della politica francese: il professor Marc Lazar, docente all’Istituto di Studi politici di Parigi.

Professor Lazar, quale impatto hanno avuto in Francia le dimissioni da ministro degli Esteri Renato Ruggiero e, soprattutto, quale immagine ha dato di sé la politica italiana?
«L’impatto, sui media, è stato ampio e preoccupato. Così come nel mondo politico che, a destra come a sinistra, ha interpretato le dimissioni di Ruggiero come il segnale di una crisi profonda della politica italiana. Più in generale, l’immagine che l’Italia ha dato di sé, vista da Parigi, è quella di un Paese difficilmente affidabile».

Lo scontro che ha portato alle dimissioni di Ruggiero è solo un fatto di politica interna italiana o può avere pesanti ricadute in chiave europea?
«Non è solo un affare, un brutto affare, interno alla maggioranza che governa l’Italia. Le sue conseguenze investiranno anche la politica europea, per una ragione semplice quanto grave: Berlusconi non ha un’idea della politica europea e neanche internazionale. Non ha un progetto europeista. In un primo tempo, tenterà un’opera di “seduzione”, giurando sul suo convinto ancoraggio europeista, ma in realtà Berlusconi si cimenterà in una navigazione a vista...».

Fuori di metafora marinaresca?
«Un giorno, se al premier converrà sul piano personale, sarà europeista e un altro giorno, qualora gli orientamenti definiti in sede Ue confliggeranno con i suoi interessi, tornerà a calzare l’elmetto, come ha già fatto con il mandato di cattura europeo, del fiero antieuropeismo».

L’attenzione torna a concentrarsi sulla figura di Silvio Berlusconi. Come ne esce da questa vicenda?
«La vicenda-Ruggiero è solo l’ultima, certo più eclatante in chiave europea, testimonianza dell’”anomalia Berlusconi”. L’interrogativo da porsi è se l’Italia uscirà da questa “anomalia”...».

E qual è la sua di risposta, professor Lazar?
«Ne uscirà solo quando ci sarà una vera presa di coscienza da parte degli italiani, o almeno della loro maggioranza, del vero perosonaggio che è Silvio Berlusconi. Vale a dire un pericolo per la politica italiana».

Affermazione alquanto pesante.
«Ma che non è dettata, mi creda, da pregiudizi ideologici. Qui non si tratta di uno scontro classico destra-sinistra, perché Berlusconi non è Aznar, tanto per fare un paragone di moda. Berlusconi ha capitalizzato al massimo la crisi della politica in Italia, la sfiducia diffusa verso il vecchio personale politico e le istituzioni. Belusconi ha fondato il suo appeal politico sul fatto che molti italiani ritengono che con lui al potere è possibile avere maggiori opportunità di arricchimento e di consumo, senza essere “ingabbiati” da regole o vincoli sociali».

La sinistra italiana è attrezzata, a suo parere, a far fronte al «berlusconismo»?
«C’è un grande ritardo della sinistra italiana nel comprendere le ragioni vere, profonde, della sua sconfitta elettorale, e nel fare i conti con le ragioni che sono alla base del successo di Berlusconi. La sinistra italiana deve passare al più presto dall’”elaborazione del lutto” alla ridefinizione della sua strategia e della sua identità, non giocando di rimessa».

Anche alla luce dello scontro politico che ha portato alle dimissioni del ministro Ruggiero, si può affermare che in Italia esista una emergenza democratica?
«Sì, ma non nel senso del fascismo. Non si deve fare l’errore di pensare che ci si trovi di fronte a un “nuovo fascismo”. Il che non vuol dire, si badi bene, dare una lettura meno preoccupata e preoccupante del fenomeno-Berlusconi. Con Berlusconi si è manifestato un nuovo fenomeno della politica che è l’antipolitica. Il rischio non è l’affermarsi di un autoritarismo classico ma la disgregazione dei valori politici e civili».

C’è chi sostiene che con l’assunzione, sia pure ad interim, della politica estera da parte di Berlusconi, l’Italia prefiguri un asse Roma-Madrid in contrapposizione all’asse Parigi-Barlino.
«Non ci credo. Può forse auspicarlo Berlusconi, ma la Spagna di Aznar non può permettersi di entrare in questo gioco. E questo perché la Spagna sa bene che Berlusconi a livello europeo è molto isolato e quindi il semplice rapporto di forze fa che Madrid sarà piuttosto dalla parte francese e tedesca o anche di quella inglese».

Chi ha esultato per la cacciata del «corpo estraneo» Renato Ruggiero, è stato Umberto Bossi. La Lega è tornata alla ribalta?
«Quello di Bossi mi sembra un’esultanza fuori posto. Perché la Lega resta un partito in declino, ostaggio di Berlusconi, già in parte fagocitato da Forza Italia. Bossi è molto contento ma non potrà sfruttare questa vittoria politica».

Il rischio di isolamento dell’Italia è accresciuto dall’uscita di scena di Renato Ruggiero?
«Direi proprio di sì. Quando Berlusconi è arrivato al potere, l’inquietudine europea era stata attenuata dalla presenza alla guida della politica estera di una personalità stimata e profondamente europeista come Renato Ruggiero. Ora, la preoccupazione torna in primo piano e assisteremo, con ogni probabilità, ad una pressione costante sull’Italia. Un esame continuo».

Ma l’Europa unita, forte politicamente, può permettersi un’Italia defilata?
«No, questo è impossibile. L’Europa non farà con l’Italia ciò che ha tentato di fare con l’Austria e dunque giocherà sulle contraddizioni interne alla maggioranza di centrodestra, sostenendo Ciampi e puntando sulle forze sociali e imprenditoriali più proiettate in Europa».

Uno dei papabili alla successione di Renato Ruggiero è il vice premier e leader di An Gianfranco Fini. Come reagirebbe l’Europa?
«Come una provocazione. Sarebbe mettere altro olio sul fuoco. E questo per un passato che pesa ancora. L’Europa diffida ancora dei post fascisti».


  articolo tratto da l'Unità
   

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