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TRA PARENTESI
di Sebastiano Messina

Forse ha ragione Berlusconi, quando spiega ai suoi candidati che conviene ripetere sempre le stesse cose (scritte da lui) visto che saranno ascoltati da italiani che "hanno fatto la seconda media, e non erano neanche seduti al primo banco". Forse. Lui, bisogna ammetterlo, dà l'esempio: è la terza volta che ripete gli stessi trucchetti da venditore di aspirapolvere. E alla fine consegna a tutti lo stesso discorso da imparare a memoria, un discorso che dovrà essere identico da Courmayeur a Canicattì. Incipit: "ho deciso di accettare la candidatura a sindaco della mia città perchè voglio vedere una (Vicenza) più bella, più ordinata, più pulita, più sicura".

Ora, speriamo che i candidati di Berlusconi, ammaestrati a ripetere il Verbo con divieto assoluto di pensare, riaccendano il cervello davanti a quelle parentesi, e non promettano "una Vicenza più bella", per dire, a Perdasdefogu o a Petralia Sottana. Speriamo che non prendano a Gioia del Colle il solenne impegno di "mandare tutti i vigili di Vicenza nelle strade della nostra città". No, se lo ricorderanno di sicuro. Sostituire quel nome è la sola cosa che toccherà ai candidati, l'unica modifica autorizzata, tutto lo spazio lasciato alla loro creatività.

Tra quelle parentesi c'è la loro libertà (se non sono di Vicenza, si capisce).

 
tanti piccoli automi: il kit del candidato

 

 

 

di Luana Benini

Regole di base: stabilite un clima di simpatia con gli elettori, sorridete molto, pronunciate spesso nome e cognome dell’interlocutore, perché «per ciascuno il nome e cognome è la musica preferita», e poi fate complimenti, «che bella cravatta, che begli occhi, condivido quello che dici...». A questo punto gli organizzatori spengono audio e video in sala stampa. Scatta la censura. E i cronisti restano appesi alla curiosità di quello che Silvio Berlusconi può avere detto dopo scendendo sul terreno più minuto della sua lezione ai candidati del Polo. Ma si può sempre consultare il ponderoso kit e il vademecum consegnato ieri a tutti gli aspiranti sindaci del centrodestra.

E’ salito in cattedra ieri Silvio Berlusconi per una vera e propria lezione sul tema: come si vende il prodotto Cdl e come si conquistano gli elettori alla causa. Forma, contenuti, linguaggio. Trucchi del mestiere di imbonitore che il nostro ha già sperimentato con successo e che ora dispensa al suo esercito, numeroso in sala ad ascoltarlo. Una specie di «dietro le quinte» del teatro elettorale. Ma c’è anche qualcosa di più sotto la valanga di aneddoti , battute sul calcio, il sorriso buonista da attore che vuole piacere. C’è un quadro a toni foschi dell’opposizione, una sua delegittimazione politica, accuse pesantissime al centrosinistra di voler «dare una spallata», di voler usare «sistemi che niente hanno a che vedere con la democrazia», fino a paventare rischi di brogli elettorali: «Dovrete prestare molta attenzione, basta la distrazione di un minuto e si mette un 1 davanti al 94».
«Sarò pedagogico», è l’esordio di Berlusconi. «Alzino la mano i sindaci», «Alzino la mano quelli alla prima prova»... E giù in pillole i cardini del berlusconismo. Ricordare: «La forza della Cdl è l’unità e voi siete parte di una squadra, di un sogno, di una missione», noi mettiamo «l’esercito del bene tra il male e i cittadini», «noi siamo i guardiani, le sentinelle della libertà». Parla per quasi due ore. «Ricordate che coloro che vi ascoltano in Tv hanno fatto per lo più la seconda media. E’ già tanto se di un discorso trattengono tre argomenti». Tira fuori lo schema di «orazione» da tenere, lo schema di contratto da stipulare con i cittadini. I punti sono prescrittivi: dal vigile di quartiere ai parcheggi, all’abbellimento delle città anche attraverso i concorsi per i balconi più belli, basta che il candidato li adatti alla sua città. Tutti gli aspiranti cloni berlusconiani (ma in prima fila ci sono anche Fini e Follini)ascoltano lo show senza interloquire. Berlusconi afferma che non farà campagna elettorale («come D’alema», che quando era premier «fece 113 comizi»), ma all’ultimo consiglio dei ministri è stato perentorio: dovete propagandare il nostro buon governo. Lui tiene la regia di insieme. Tutto controlla e guida. E’ lui il maestro d’orchestra. Quello che detta le argomentazioni per tutti. Gli altri eseguono lo spartito e fanno il coro.

Sulla sinistra toni da grand guignol. E’ «un’accozzaglia» di «vari portavoce di fazioni l’un contro l’altro armate», «non collabora e pensa di dare una spallata al governo attraverso le piazze e sistemi che niente hanno a che vedere con la democrazia». «A forza di fare girotondi ha perso la bussola». «Disinforma e mistifica» su rogatorie, Ocse, falso in bilancio. Dice che non c’è libertà di stampa, «ma lo sapete tutti che il 90% dei giornalisti ha simpatia per la sinistra». E in Rai «non è cambiato niente: i nostri uomini avrebbero difficoltà se volessero cambiare qualcosa». Registro vittimistico. Mai parlato di «liste di proscrizione in Bulgaria» e a sentire la tv, a leggere i giornali «devo stropicciarmi gli occhi: ascolto cose che non hanno contatto con la realtà». La Rai di ieri, degli «attacchi tremendi» e quella di oggi, pari sono. Registro adirato. Dopo i fatti di Genova D’Alema «parlò di deriva cilena, e accusò la maggioranza di connivenza con la mafia». «Come si può interloquire con questa sinistra?». Non lo fate. «Lasciate che dicano quello che vogliono, non rispondete a nulla».
La rilettura della storia recente come una lotta fra male e bene, infarcita di comunisti, malagiustizia e inediti veri e propri. Berlusconi rivela infatti che alle ultime elezioni politiche «è stata la prima volta che un partito comunista al potere è stato scalzato da libere elezioni». Che la sinistra senza «programma», «era rimasta al governo 10 anni». Ecco dunque la storia.. Siamo scesi in campo «perché avevamo paura di un futuro soffocante e autoritario». Dopo «la vittoria storica del ‘94, la nomenclatura che aveva in mano il potere e la Rai» ci ha rispedito a casa aiutata da «una giustizia politicizzata,una giustizia politica che significa malagiustizia». Noi «abbiamo resistito» e siamo riusciti a mandare a casa i comunisti «che erano rimasti al potere nonostante fosse caduto Prodi». Dopo D’Alema «trovarono Amato che non era stato votato e si arrivò a una democrazia che non si può definire vera democrazia». Applausi scroscianti.

Sul governo toni enfatici: in sintesi, abbiamo mantenuto tutte le promesse e «con la prossima finanziaria cominceremo a ridurre Irpef e Irpeg», quest’anno non abbiamo potuto a causa del «buco» lasciato dalla sinistra di «37mila miliardi». Le riforme non possiamo farle perché «le forze della conservazione» ci boicottano come sull’art.18. A proposito, «l’articolo 18 non tocca i diritti di nessuno. E soprattutto non tocca i diritti di chi ha un lavoro». Il risultato francese. «Il mio caro amico Chirac ha trionfato». E’ stato «un voto contro la destra estrema di Le Pen ma conferma che il pendolo in Europa e nel mondo è ormai orientato verso il centro destra». Insomma, «la sinistra è ormai in ritirata in tutta Europa».
Approfittiamone.

 
  articolo tratto da "l'Unità" del 7 maggio 2002

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