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articolo tratto da l'Unità del 28 febbraio 2002


 

 

 








 
Sequestro dei beni:
l'Italia costretta ad accettarlo, ma con riserva

 

 

 

La "notizia", una delle notizie, è questa: a Bruxelles i ministri della giustizia e degli interni hanno raggiunto oggi un accordo sulla congelamento di beni degli inquisiti da un paese all'altro dell'Unione europea. Una misura analoga a quella del mandato d'arresto europeo. L'altra noitizia ci riguarda direttamente: alla fine, ma solo alla fine, anche l'Italia ha dato il via libera al provvedimento. Almeno ufficialmente, perché in realtà la nostra delegazione, ministro Castelli in testa, ha mantenuto una riserva parlamentare. Il guardasigilli (che si è espresso in modo nettamente contrario al nuovo provvedimento) ha detto cioè che prima si dovrà verificare il consenso del parlamento italiano. E lì, lo ha annunciato sempre Castelli, la Lega voterà contro.
Dopo qualche ora, comunque, la vicenda è stata ricostruita nei dettagli. Dunque, il provvedimento - che consente ai magistrati degli altri paesi di bloccare i beni per gli inquisiti per alcuni particolari reati - era inizialmente osteggiato dai rappresentanti del governo italiano (oltre a Castelli c'era anche Scajola). Tanto che la ministra tedesca Herta Daeubler-Gmelin ha commentato così: "La posizione italiana sulla decisione-quadro in materia di sequestro dei beni degli inquisiti fa sorgere il sospetto di essere condizionata da considerazioni personali del capo del governo".
Insomma, stava nascendo un caso. Così, la delegazione italiana ha chiesto un time-out, una sospensione per potersi consultare con Roma. E qui, da Roma Berlusconi deve aver valutato l'impossibilità di trovarsi solo davanti all'Europa ancora una volta. E tramite Fini, nel frattempo arrivato a Bruxelles per partecipare alla convenzione che dovrà scrivere la Costituzione del vecchio continente, ha chiesto a Castelli di rinunciare alle sue obiezione di accettare il provvedimento. Sia pure con riserva. Fini ha usato queste parole coi giornalisti: "Il ministro di Giustizia ha votato a favore della decisione perchè ha avuto indicazione esplicita in tal senso da Berlusconi". Il vice premier ha anche raccontato d'aver informato il ministro Bossi. "L'ho fatto perchè volevo avere garanzie che la posizione italiana fosse quella che poi è stata espressa nel momento del voto». Fini ha poi rivelato che Castelli, in quanto esponente leghista, "può essere contrario a questa iniziativa europea - e questa è una posizione rispettabile - ma come ministro della Giustizia non è qui in rappresentanza personale orientamento o in nome del suo partito, ma del governo".
Castelli s'è dovuto adattare, insomma. Ma fino ad un certo punto. Tant'è - ed è forse una delle affermazioni più gravi fatte dal Guardasigilli - alla fine di tutto Castelli ha commentato così la mattinata: "In Europa stanno succedendo cose veramente preoccupanti sul fronte della giustizia". Quali? "L'articolo tre della definizione dei reati di razzismo dice che commette reato chi è convinto di essere superiore ad altri in funzione della razza o della religione. Se facciamo il combinato disposto fra questo provvedimento ed il mandato d'arresto Ue, ciò significa che un giudice di un altro paese mi può arrestare se ritiene che io sia convinto di essere superiore ad un'altra persona per razza o religione". Questa è la sua preoccupazione.
   

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