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di Mario Centorrino
Berlusconi lancia un'offensiva contro una serie
di reati: spaccio di droga, furti nelle abitazioni, prostituzione,
immigrazione clandestina. Cogliendo bene un «comune sentire».
La sensazione intanto che su questi reati ci sia stato un eccesso
di tolleranza. Ma soprattutto che questa tolleranza sia derivata
da un'impostazione perversa di politica giudiziaria. Tesa quest'ultima
a concentrarsi su materie, casi e personaggi, che assicuravano notiziabilità
e notorietà alle relative indagini e ai loro autori. Il terzo
«sentimento» intercettato riguarda la consapevolezza
che in tema di reato è la stessa opinione pubblica che ne
deve determinare il grado di disagio sociale. Sicchè oggi
il «furto in abitazione» è inteso solo come una
pratica burocratica per le forze di polizia che ne registrano la
denunzia, destinata a restare incompiuta con riferimento al colpevole.
O, nel caso rarissimo di una sua individuazione, il processo al
riguardo rientra nella tipologia degli adempimenti «bagattellari»,
da regolare quindi senza preoccuparsi tanto di entità ed
efficacia di sanzioni, la vittima del furto subisce un trauma la
cui sofferenza privata va ben al di là dell'apparente costo
sociale del reato stesso.
Parlavamo di un «comune sentire»
ben sapendo che occorre prendere atto, senza eccessive sofisticherie
intellettuali, di quanto forme di insicurezza possano svilupparsi
anche senza correlazione al crescere dei reati. Dovendo però
smentire illazioni distorte sulle politiche giudiziarie di questo
decennio e preoccupandosi di fronte a certi fenomeni di devianza
perchè, all'aumento della pena prevista per i colpevoli,
non corrisponda una loro diminuzione significativa dal punto di
vista statistico.
C'è un pericolo, nell'impostazione del
governo, e occorre evidenziarlo a chiare lettere richiamandosi a
un più generale dibattito sulla progressiva perdita di funzioni
dello Stato nella evoluzione transnazionale del crimine. Il pericolo
è costituito dal messaggio implicito che a questo punto debba
effettuarsi una «selezione di risorse», da concentrare
sulle tipologie di reati prima evidenziati, anche a rischio di doverle
sottrarre alla lotta contro la criminalità organizzata, il
rimodellamento delle pratiche di corruzione nelle scelte di spesa
da parte dei decisori pubblici, il riciclaggio dei capitali accumulati
illegalmente. E questo pericolo appare ancora più probabile
se si tien conto della «visibilità»: cronache
che parlano di arresti per il possesso di uno spinello, che esaltano
squadre di falchi all'inseguimento di spacciatori o retate a caccia
di passeggiatrici o infine di navi che pattugliano le coste a cannoni
spianati, danno l'idea percepibile e percepita di uno Stato forte.
In grado ora di tutelare i suoi cittadini, di imporre le sue norme
sfidando il paradosso della «tolleranza zero» (come
cioè se nel passato potesse mai essere stato legittimato
un grado di tolleranza diverso).
Se poi, ignorata dai circuiti dell'informazione,
la mafia invisibile continua a tessere la sue trame di prelievo
forzato sull'economia del territorio (magari con infiltrazioni in
aree insospettabili) o le pratiche corruttive assurgono a sistema
nell'agricoltura, nella sanità, nella distribuzione di incentivi,
o, infine, il riciclaggio trova forme di generosa quanto gratuita
sanatoria, tutto questo finisce con lo sfuggire al «sentire
comune». E il silenzio può sempre essere giustificato
dalla «selezione delle risorse» cui prima accennavamo
e dalla globalizzazione della criminalità che attenua e ridimensiona
competenze e responsabilità dello Stato.
Il tassista che ci trasportava nelle strade
di Roma elogiava Berlusconi per avere eliminato le «donnacce»
dai marciapiedi dei quartieri bene. I tassisti di Palermo, dal canto
loro, come è noto, hanno sempre costituito una solida scuola
di pensiero sull'inesistenza in assoluto della mafia e sull'inutile
spreco costituito dall'antimafia. Generalizziamo, s'intende.
Berlusconi, con i suoi proclami, conquisterà
non solo il consenso dei tassisti se qualcuno non proverà
a spiegare che la «selezione delle risorse» non è
necessariamente alternativa ad un loro aumento e potenziamento.
Semmai finisce con l'essere sospetto trascurare il riciclaggio solo
al fine di prevenire i furti nelle abitazioni. Che ci sia un blocco
sociale da privilegiare anche nelle politiche giudiziarie?
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