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articolo tratto da "l'Unità" del 15.02.2002


 

 

 








 
Prevenire i furti e lasciar stare la mafia?

 

 

 

di Mario Centorrino

Berlusconi lancia un'offensiva contro una serie di reati: spaccio di droga, furti nelle abitazioni, prostituzione, immigrazione clandestina. Cogliendo bene un «comune sentire». La sensazione intanto che su questi reati ci sia stato un eccesso di tolleranza. Ma soprattutto che questa tolleranza sia derivata da un'impostazione perversa di politica giudiziaria. Tesa quest'ultima a concentrarsi su materie, casi e personaggi, che assicuravano notiziabilità e notorietà alle relative indagini e ai loro autori. Il terzo «sentimento» intercettato riguarda la consapevolezza che in tema di reato è la stessa opinione pubblica che ne deve determinare il grado di disagio sociale. Sicchè oggi il «furto in abitazione» è inteso solo come una pratica burocratica per le forze di polizia che ne registrano la denunzia, destinata a restare incompiuta con riferimento al colpevole. O, nel caso rarissimo di una sua individuazione, il processo al riguardo rientra nella tipologia degli adempimenti «bagattellari», da regolare quindi senza preoccuparsi tanto di entità ed efficacia di sanzioni, la vittima del furto subisce un trauma la cui sofferenza privata va ben al di là dell'apparente costo sociale del reato stesso.

Parlavamo di un «comune sentire» ben sapendo che occorre prendere atto, senza eccessive sofisticherie intellettuali, di quanto forme di insicurezza possano svilupparsi anche senza correlazione al crescere dei reati. Dovendo però smentire illazioni distorte sulle politiche giudiziarie di questo decennio e preoccupandosi di fronte a certi fenomeni di devianza perchè, all'aumento della pena prevista per i colpevoli, non corrisponda una loro diminuzione significativa dal punto di vista statistico.

C'è un pericolo, nell'impostazione del governo, e occorre evidenziarlo a chiare lettere richiamandosi a un più generale dibattito sulla progressiva perdita di funzioni dello Stato nella evoluzione transnazionale del crimine. Il pericolo è costituito dal messaggio implicito che a questo punto debba effettuarsi una «selezione di risorse», da concentrare sulle tipologie di reati prima evidenziati, anche a rischio di doverle sottrarre alla lotta contro la criminalità organizzata, il rimodellamento delle pratiche di corruzione nelle scelte di spesa da parte dei decisori pubblici, il riciclaggio dei capitali accumulati illegalmente. E questo pericolo appare ancora più probabile se si tien conto della «visibilità»: cronache che parlano di arresti per il possesso di uno spinello, che esaltano squadre di falchi all'inseguimento di spacciatori o retate a caccia di passeggiatrici o infine di navi che pattugliano le coste a cannoni spianati, danno l'idea percepibile e percepita di uno Stato forte. In grado ora di tutelare i suoi cittadini, di imporre le sue norme sfidando il paradosso della «tolleranza zero» (come cioè se nel passato potesse mai essere stato legittimato un grado di tolleranza diverso).

Se poi, ignorata dai circuiti dell'informazione, la mafia invisibile continua a tessere la sue trame di prelievo forzato sull'economia del territorio (magari con infiltrazioni in aree insospettabili) o le pratiche corruttive assurgono a sistema nell'agricoltura, nella sanità, nella distribuzione di incentivi, o, infine, il riciclaggio trova forme di generosa quanto gratuita sanatoria, tutto questo finisce con lo sfuggire al «sentire comune». E il silenzio può sempre essere giustificato dalla «selezione delle risorse» cui prima accennavamo e dalla globalizzazione della criminalità che attenua e ridimensiona competenze e responsabilità dello Stato.

Il tassista che ci trasportava nelle strade di Roma elogiava Berlusconi per avere eliminato le «donnacce» dai marciapiedi dei quartieri bene. I tassisti di Palermo, dal canto loro, come è noto, hanno sempre costituito una solida scuola di pensiero sull'inesistenza in assoluto della mafia e sull'inutile spreco costituito dall'antimafia. Generalizziamo, s'intende.

Berlusconi, con i suoi proclami, conquisterà non solo il consenso dei tassisti se qualcuno non proverà a spiegare che la «selezione delle risorse» non è necessariamente alternativa ad un loro aumento e potenziamento. Semmai finisce con l'essere sospetto trascurare il riciclaggio solo al fine di prevenire i furti nelle abitazioni. Che ci sia un blocco sociale da privilegiare anche nelle politiche giudiziarie?

   

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