di
Luana Benini
Alla Lega l’Europa dei trattati non è mai piaciuta.
Gabbie, vincoli, li ha sempre considerati. L’Europa? Era «Forcolandia»
quando si trattava di opporsi al mandato di cattura europeo. «Noi
siamo per dare all’Europa il meno possibile» è
sempre stato l’imperativo bossiano. Che la Lega avrebbe cercato
di seminare macigni sulla strada della costruzione europea era scontato.
Il ministro leghista alla
Giustizia, Castelli, lo aveva promesso qualche tempo fa: «Su
razzismo e xenofobia ci sarà una grande battaglia in Europa».
Parlando al suo elettorato «padano» aveva già
agitato il tema: «Vedo benissimo il piano che sta venendo
avanti in Europa. Il mandato d’arresto sui reati di razzismo
e xenofobia. Nei prossimi mesi tenterò di smontare questo
piano». Detto, fatto. L’Italia, grazie a Castelli è
stato l’unico paese a mettere il veto e bloccare il pacchetto
di misure destinate ad armonizzare in Europa le norme e le sanzioni
in materia di lotta al razzismo e alla xenofobia.
E ieri Castelli ha rispolverato
accenti da giuramento di Pontida, lancia in resta: «In Europa
tira una brutta aria, i nazisti rossi cercano in tutti i modi di
negare ai cittadini la libertà di esprimere le proprie opinioni.
Ma la Lega si oppone e si opporrà sempre a questi tentativi.
Non vogliamo più rivedere i roghi dei libri in piazza».
Ma i roghi dei libri e la
libertà di espressione qui ci entrano poco o niente, così
come le nuove invettive del ministro contro la «sinistra liberticida».
Il più sferzante è Giuseppe Fioroni, Margherita: «Blocco
delle leggi antirazziste come nel 1938 con i Savoia? Tutti sanno
come andò a finire: l’Italia non solo bloccò
le leggi antirazziste ma ne promulgò di razziali. il ministro
castelli potrebbe anche farsi spiegare da qualcuno che differenza
c’è fra libertà di espressione e offese razziste.
basta che non se lo faccia spiegare da Bossi...». Le norme
europee in questione puntano a «tutelare valori fondativi
unificanti» dice il diessino Pietro Folena. La realtà
è che lo stop della Lega a un testo che riscuote il consenso
unanime di tutti gli altri Stati membri «la dice lunga sulla
deriva illiberale di chi pensa che l’Italia possa andare per
conto suo».
Castelli a Bruxelles ha spiegato
dunque agli allibiti partner la sua opposizione ad un testo che,
secondo lui «minaccia la libertà di opinione».
Minaccia la libertà della Lega, ribattono nel centro sinistra,
di poter scorrazzare su un crinale pericoloso in continuità
con le sue radici, laddove ciò che per gli altri è
un valore fondativo, per la Lega diventa un antivalore. Come dice
Giovanni Russo Spena (Prc) «teme che potrebbero essere incriminate
le porcherie che quotidianamente i leghisti dicono e fanno contro
gli immigrati, costruendo odio, pulsioni di paura collettiva».
L’anno scorso Berlusconi giurava soddisfatto a Valencia che
ormai non doveva più rassicurare i partner internazionali
sulla Lega. Ora il premier tace. In compenso spunta, a difesa di
Castelli, il presidente forzista della Commissione Giustizia della
Camera, Gaetano Pecorella.
A riprova che l’asse
Fi-Lega nella coalizione di centro destra non sono bruscolini. «Ormai
- commenta Enrico Buemi, Sdi - è sempre più chiaro
che la Lega detta la linea al governo. Il suo è un ricatto
strisciante che alcune volte esce fuori come in questo caso, altre
volte resta più nascosto...». Pecorella ha giustificato
completamente la decisione di bloccare la normativa di Bruxelles:
«Prima bisogna definire quali reati d’opinione resteranno
nel nostro ordinamento e poi si deciderà a cosa dobbiamo
aderire in Europa». Ha spiegato: «Se si dovesse eliminare
oggi il reato di opinione sia in materia politica, sia in materia
religiosa e razzista, sarebbe incompatibile aderire in Europa a
certi trattati».
Questo lascia intendere che
Fi spalleggerà Castelli in barba alla solitudine europea
dell’Italia. «È una vergogna assoluta - dice
la responsabile giustizia della Quercia Anna Finocchiaro - La politica
di questo governo ci sta portando all’emarginazione in Europa.
Ci sono argomenti come quello del razzismo e della xenofobia sui
quali non si può giocare. Farlo significa oltraggiare non
solo l’Italia, la sua cultura e la sua storia, ma anche l’Europa.
Perché è chiaro che la scelta di introdurre queste
norme anti-razziste nasce dalla storia comune di tutti noi, di questo
continente, del secolo che è appena trascorso». Per
il verde Pecoraro Scanio «Castelli è un irresponsabile
e deve dimettersi»: «Sono particolarmente scandalizzato
da questa vicenda. Una volta bloccate le norme anticorruzione, poi
le norme antirazzismo, si sta offrendo una immagine del nostro paese
che è francamente offensiva».
Il suo compagno di partito,
Paolo Cento, chiede al ministro di «riferire in Parlamento
e di verificare qual è la volontà di tutte le forze
politiche sul tema». Anche Russo Spena annuncia: «Chiederemo
conto del comportamento del governo giovedì in Parlamento,
nel corso del dibattito già fissato sulla Convenzione europea».
Per ora il ministro Castelli risponde picche. Dice di aver già
affrontato il tema durante una audizione alla Commissione della
Camera che si occupa delle Politiche dell’Unione europea.
Resta da vedere se centristi e An sono disposti a buttare giù
questo ulteriore rospo.
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