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di
Massimo Giannini
Finalmente Silvio Berlusconi è riuscito a spostare il processo
di Milano, che lo vede imputato per aver corrotto i giudici nella
compravendita della Sme. L'ha trasferito ieri sera sugli schermi del
servizio pubblico televisivo, trasformando gli studi di 'Excalibur'
nell'aula del suo tribunale privato.
Al
termine di un'arringa di quasi un'ora, il presidente del Consiglio
si è naturalmente auto-assolto con formula piena. La 'giuria'
contava poco o nulla, e comunque risultava troppo squilibrata: da
una parte il diessino Guido Calvi, il verde Marco Boato e il direttore
del 'Riformista' Antonio Polito, dall'altra parte il forzista Paolo
Guzzanti, l'ex socialista Massimo Pini e il direttore del 'Foglio'
Giuliano Ferrara.
Se i voti si pesano e non
si contano, come diceva Enrico Cuccia, non c'era proprio partita.
E infatti non c'è stata.
Il Cavaliere ha fatto e ha
detto quello che ha voluto. Il 'pubblico ministero' Antonio Socci,
conduttore della trasmissione e già stipendiato della famiglia
Berlusconi come editorialista del 'Giornale', gli ha dato una grandissima
mano. In una lunga pseudo-intervista registrata, sotto una gragnuola
impressionante di quesiti pre-scritti e verosimilmente pre-stabiliti,
lo ha pressato con le richieste più imbarazzanti. Tipo: 'Che
effetto le fece l'operazione Sme?'. Oppure: 'E allora come reagì?'.
O ancora: 'E oggi cosa farà?'.
In cinquanta minuti esatti
di intervista è riuscito a interromperlo solo cinque volte,
ogni volta con sommessi sussurri di questo mellifluo tenore. L'ha
lasciato declamare qualunque bugia: il suo primo governo del '94
- ha esordito il premier - cadde per colpa del famoso avviso di
garanzia che il Pool Mani Pulite gli recapitò a Napoli. 'Fu
quello che convinse Bossi a lasciare la maggioranza', ci ha informato
Berlusconi, manipolando la storia: com'è noto, il Senatur
ruppe con il Polo del Buongoverno a causa della riforma delle pensioni.
L'ha lasciato sproloquiare per dieci minuti filati dei 'crimini
del comunismo', il suo argomento preferito: peccato che anche stavolta
fosse lievemente fuori tema.
Ma in questi cinquanta minuti
di spot propagandistico, Socci non è riuscito a fargli le
uniche due domande sulle quali il Cavaliere deve rendere conto alla
legge e all'opinione pubblica del suo Paese. 1) Il gruppo Fininvest,
attraverso i suoi fondi neri, versò nel 1985 tangenti ai
magistrati romani perchè bloccassero la vendita del gruppo
Sme alla Buitoni? 2) Perché risultano passaggi occulti di
denaro dai conti cifrati della provvista del gruppo Fininvest a
personaggi come Renato Squillante e Attilio Pacifico? Polito ha
provato a dirlo, a un certo punto.
Il 'pubblico ministero' lo
ha premurosamente rassicurato: 'Sì, Berlusconi ne parlerà
durante l'intervista, ci arriviamo subito...'. Abbiamo aspettato,
come avevano aspettato inutilmente i giudici del tribunale di Milano
all'udienza di lunedì scorso. Ma non ci siamo mai arrivati.
Abbiamo sentito il Cavaliere riparlare di Craxi e delle monetine,
della sinistra forcaiola, delle toghe golpiste e perfino dei consigli
che gli dava la povera mamma.
Ma su quei soldi, su quei
maledetti 200 milioni di presunta tangente dalla quale è
partito il processo Sme, non abbiamo sentito una parola. Alla fine
Boato non ha resistito: 'Socci, hai fatto un'intervista in ginocchio'.
Non ha resistito neanche Polito: 'Questa trasmissione è stata
un comizio'.
È probabile che molti
italiani non sentano alcuna nostalgia per la Rai ulivista di Zaccaria.
È altrettanto probabile, e del tutto legittimo, che molti
italiani non rimpiangano i toni gridati di 'Sciuscià' e le
tirate faziose di Michele Santoro. Ma con l''Excalibur' di ieri
sera siamo al di là del bene e del male: se questo è
lo stile del nuovo servizio pubblico televisivo ('di garanzia',
obiettivo e bipartisan) che aveva promesso Lucia Annunziata, viene
quasi voglia di rimpiangere la coppia Baldassarre-Saccà.
Ma con l''Excalibur' di ieri
sera (come era già successo per il 'Porta a porta' con Cesare
Previti del 30 aprile) siamo anche al di là della legge:
il regolamento della Commissione parlamentare di vigilanza della
Rai, approvato all'unanimità l'11 marzo scorso, vieta la
presenza in video di giudici e imputati, cioè di tutte 'le
parti che sono coinvolte e si confrontano in un processo in corso'.
Com'è evidente, c'è in Italia un'emergenza giustizia,
ma dilaga ormai un'emergenza informazione.
Per il centrodestra il messaggio
di Ciampi alle Camere sul sistema radiotelevisivo è carta
straccia da oltre un anno. Per Berlusconi il principio del pluralismo
fissato dalla nostra 'Costituzione sovietica' è un fastidioso
intralcio.
'Il regime esiste, ma è contro di me...', dice il presidente
del Consiglio, leader della maggioranza, azionista di controllo
della Rai, proprietario di Mediaset, padrone di Publitalia, patron
del Milan. Il vergognoso spot di 'Excalibur' dimostra che ha scelto
il giorno peggiore, per raccontarci una frottola degna di Al Sayaf,
il mitico ministro dell'informazione irachena.
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