di
Franca Selvatici, La Repubblica
L'occasione: un processo contro due albanesi
Norme irrazionali e "disparità di trattamento"
FIRENZE - La legge Bossi-Fini sull'immigrazione
è in contrasto con gli articoli 2, 3 e 27 della Costituzione.
Lo sostiene il pubblico ministero di Firenze Fernando Prodomo, che
ha proposto una questione di legittimità costituzionale di
alcuni articoli della nuova legge nel corso di un processo contro
due immigrati albanesi che si sta svolgendo a Pontassieve, davanti
alla sezione distaccata del tribunale di Firenze.
Le nuove norme prevedono l'arresto in flagranza del clandestino
che sia stato espulso e sia rientrato in Italia. Arresto facoltativo
in alcuni casi, obbligatorio in altri. In tutti i casi è
previsto il processo con il rito direttissimo. Secondo il pm Prodomo,
queste norme sono irrazionali. Lo si può constatare ogni
giorno quando gli arrestati vengono condotti in aula per la direttissima.
Poiché si tratta di reati contravvenzionali, il codice
non consente al pm di chiedere la misura cautelare della custodia
in carcere. L'arrestato, perciò, può essere giudicato
soltanto a piede libero e il processo per direttissima non può
essere fissato prima di tre giorni. Il che comporta "grande
dispendio di energie e di mezzi" (notifiche, citazioni di
testimoni, fissazione di udienze da parte del giudicante) per
processare dei soggetti che nel frattempo potrebbero già
essere stati espulsi, o spariti nel nulla.
Ma, al di là degli elementi di irrazionalità, il
pm di Firenze rileva una "evidente" violazione dell'articolo
3 della Costituzione (che sancisce l'uguaglianza dei cittadini
davanti alla legge) per disparità di trattamento. Mentre
il codice vieta in numerosi casi l'arresto in flagranza per delitti
puniti con la reclusione e prescrive l'obbligo di arresto solo
"per reali obiettive situazioni di singolare gravità",
la Bossi-Fini prevede l'arresto - facoltativo o obbligatorio -
per reati contravvenzionali puniti nel massimo con un anno di
arresto. Le nuove norme - osserva il pm - "appaiono in realtà
finalizzate all'unico scopo di consentire la nuova ed effettiva
espulsione dello straniero dal territorio italiano e pertanto
appare del tutto incongruo ed irrazionale prevedere il meccanismo
repressivo sopra ricostruito, con tanto di sanzione penale, quando
l'obiettivo della espulsione si sarebbe potuto raggiungere anche
solo con misure di tipo amministrativo efficaci ed effettive".
Proprio perché lo scopo della Bossi-Fini è l'espulsione
dei clandestini, essa appare in contrasto anche con l'articolo
27 della Costituzione, che prevede la rieducazione del condannato:
infatti le nuove norme irrogano sanzioni penali a soggetti che
devono essere immediatamente espulsi, per cui non si arriverà
mai all'esecuzione della pena dell'arresto una volta che la sentenza
sia divenuta esecutiva. Infine, secondo il magistrato, la legge
è in netto contrasto con l'articolo 2 della Costituzione
che riconosce "i diritti inviolabili dell'uomo" e prevede
"il principio di doverosa solidarietà politica, economica
e sociale dettato non solo a favore dei cittadini ma nei confronti
di chiunque, quindi anche degli stranieri privi di documenti e
di identità certa che raggiungano il nostro territorio
a seguito di eventi politici od economici drammatici e sconvolgenti
verificatisi nei loro paesi".
Sarà il giudice di Pontassieve Alessandro Nencini a decidere,
nell'udienza del 18 novembre, se la questione di costituzionalità
sia rilevante e non manifestamente infondata ed a trasmetterla
eventualmente alla Corte Costituzionale.